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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Cuba: la vera prigione a cielo aperto 15/01/2013

Cuba: la vera prigione a cielo aperto
Commento di Angelo Pezzana


Yoani Sanchez                 Fidel Castro
 
In tutti questi anni siamo stati sommersi ad opera della disinformazione soi-disant 'pacifista' da una frase, " prigione a cielo aperto", che definiva i territori palestinesi, Gaza inclusa. Che cosa è una prigione ? Un luogo nel quale si entra per avere infranto la legge, e dal quale si esce (o, almeno, si dovrebbe) uscire solo a pena scontata. I 'territori' palestinesi, Gaza compresa, non sono 'prigioni a cielo aperto', perchè le vie di entrata e di uscita sono aperte, Giordania e Egitto, paesi confinanti, per di più musulmani, non dovrebbero porre alcun ostacolo. Chi li pone, a pieno diritto, è Israele, che sottopone tali ingressi a controlli severissimi, non gradendo alcun tipo di 'turismo terrorista' sul proprio territorio. Frontiere super controllate, quindi, a difesa della sicurezza dei propri cittadini. Le chiavi della 'prigione a cielo aperto' non sono nelle mani di Israele, una democrazia, un paese dove chiunque è libero di stare o di andarsene a propria scelta, dove tutti sono benvenuti, ad eccezione di coloro che ne pregiudicano la sicurezza.
Eppure è questa la litania che ha ammorbato l'aria negli ultimi anni, una mistificazione indecente che ha contribuito largamente a diffondere la propaganda di delegittimazione dello Stato ebraico.
C'è un'altra 'prigione a cielo aperto', questa volta per davvero, che così non è mai stata definita da nessuno, anzi, celebrata in politica e in musica da 50 anni: Cuba, dominata da un barbaro dittatore, tutt'ora in sella anche se malconcio in salute, dalla quale per andarsene l'unica via era la fuga via mare su gommoni, per raggiungere la costa americana, spesso a costo della vita. Quella era la vera 'prigione a cielo aperto', come ci racconta spesso Yoani Sanchez, anche oggi in questo articolo che riprendiamo dalla STAMPA (pag. 1-14, titolo " Noi cubani tutta una vita con le valigie "), nel quale demistifica la farsa del passaporto finalmente nella disponibilità dei cubani, perché pochi potranno utilizzarlo, tali e tante sono le difficoltà che il regime impone, nel timore di una fuga in massa dall'isola.
Ieri sera, al Tg1 delle 20, una cubana intervistata, dichiarava che si sentiva prima come una palestinese, mentre adesso nell'isola è arrivata la libertà. Un paragone che Yoani Sanchez non avrebbe mai fatto, che il Tg1 non ha avuto vergogna a propinarci.
Cuba, il vero ritratto di una 'prigione a cielo aperto', chissà se avremo mai il piacere di sentircelo dire in Tv e di leggerlo sui giornali.


Angelo Pezzana

Ecco il pezzo di Yoani Sanchez:

Dormono in quattro nella stessa camera. Sotto il materasso ci sono un paio di valigie e in un angolo della stanza un appendiabiti con pochi vestiti.
«Qui al Municipio Plaza ci sono più di 70 persone che fanno la fila». Attraverso un tweet Yoani Sánchez fa sapere che anche lei ci prova a ottenere un passaporto per l’espatrio, nonostante le autorità cubane gliel’abbiano già rifiutato diverse volte. La blogger dissidente non ha potuto negli ultimi anni andare a ritirare di persona i numerosi premi che le sono stati conferiti in Occidente per la sua attività di denuncia del regime. Che stavolta però sembra non trovare più scuse, visto che il permesso di viaggiare è stato concesso a (quasi) tutti i cubani e Yoani annuncia che i documenti le sono stati promessi entro 15 giorni: «Ancora non ci credo. Appena avrò il passaporto, forse nella prima settimana di febbraio, potrò viaggiare». E gli internauti cubani si chiedono se tornerà indietro.

Ogni giorno comprano pizze o panini, perché non hanno più stoviglie per cucinare, piatti e cucchiai. Hanno venduto tutto, o quasi tutto. La casa, l’auto degli Anni 50 e gli elettrodomestici. Hanno venduto anche la tomba di famiglia al cimitero, le brocche di porcellana e una casella postale - presso l’ufficio di quartiere - usata poche volte. Ai parenti di campagna hanno regalato le cose che nessuno ha voluto comprare: i vestiti usati, i giocattoli stinti e la vecchia macchina per cucire. Dopo hanno affittato il piccolo appartamento dove vivono adesso, in attesa che il prossimo lunedì entri in vigore la riforma migratoria.

Come tanti cubani, questa coppia ha atteso per anni il momento di poter emigrare insieme ai due figli minorenni. Solo quando entreranno in vigore le nuove regole saranno finalmente permessi i viaggi temporanei per chi non ha ancora compiuto i 18 anni. Sembra un dettaglio poco importante, ma conosco molti genitori che hanno deciso di restare a Cuba per non lasciare alle spalle i loro piccoli. Persone che hanno dovuto scegliere tra stabilirsi in un altro luogo del pianeta da soli oppure restare qui in compagnia ma tra mille frustrazioni. Per decenni gli unici bambini autorizzati a viaggiare sono stati quei pochi privilegiati che avevano i genitori in missione ufficiale o chi usciva in maniera definitiva, senza ritorno. Quando si trattava di bambini non erano previste mezze misure.

Quindi, come ansiosi corridori disposti sulla linea di partenza, molti attendono il segnale per scattare verso l’aeroporto stringendo la mano dei loro figli. Nel frattempo, vivono in stanze affittate e cercano di cambiare i loro pesos in una moneta spendibile anche fuori da Cuba. La voglia di fuga ha preso campo dallo scorso ottobre, subito dopo la pubblicazione del Decreto Legge 302. Appena si è diffusa la notizia, nei siti sono aumentati gli annunci con offerte di case e altre proprietà. Parte del capitale necessario per pagare il biglietto e cominciare una nuova vita in un altro luogo si sta ottenendo grazie alla liquidazione del patrimonio sul territorio nazionale. Separarsi da tutto per andarsene, disfarsi dei propri averi per costruire un futuro. Una tendenza nata alla fine del 2011, con la disposizione che autorizzava le operazioni di compravendita immobiliare, ma che adesso sta raggiungendo livelli di guardia.

Molte ambasciate hanno reso più complessa la procedura per ottenere un visto, ma non dobbiamo sottovalutare l’ingegno dei cubani e i molteplici trucchi di cui si vantano da sempre. Sta circolando persino un elenco di nazioni nelle quali, per i passaporti con lo scudo e la palma solitaria, non serve il visto. Anche se, purtroppo, non esistono voli diretti per la maggior parte di quelle destinazioni e quindi serve il permesso del Paese dove l’aereo fa scalo. Ma questo non è un motivo sufficiente per scoraggiare coloro che vogliono emigrare. Hanno atteso con pazienza questo momento e nessun ostacolo distruggerà le loro illusioni. Contano i giorni, vegetano nella speranza. Il 14 gennaio per loro può cominciare una nuova vita. Ce la faranno?
(traduzione di Gordiano Lupi)


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