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Mordechai Kedar
L'Islam dall'interno
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Lo Stato della Fratellanza Ebraica 12/01/2013

Lo Stato della Fratellanza Ebraica
Analisi di Mordechai Kedar

 (Traduzione dall’ebraico di Sally Zahav, versione italiana di Yehudit Weisz)

Mordechai Kedar

In Israele si avvicinano le elezioni, e i sondaggi prevedono quel che i media arabi con grande apprensione definiscono “La fulminea ascesa della destra radicale in Israele” sullo scenario politico israeliano, una tendenza ovvia per chi segue con attenzione i sondaggi. Negli ultimi giorni il telefono di chi scrive ha squillato senza sosta, le chiamate provenivano dai media arabi, tutti oppressi da una grande preoccupazione: il rafforzarsi dello spirito ebraico in Israele. Le stazioni radio dell’Autorità Palestinese, dalle quali sono spesso intervistato, esprimono grande inquietudine.

La domanda è: perché il mondo arabo è così preoccupato e che cosa teme? Una possibile risposta è che la destra radicale prenderà il controllo del paese e Israele dichiarerà guerra ai palestinesi per distruggere l’Anp e annullarne tutti i successi, in particolare il riconoscimento internazionale che due mesi fa aveva conseguito all’Assemblea Generale dell’ONU.

Anche se non posso negare questa possibilità, non mi sembra che sia questa la vera ragione, dal momento che, soprattutto nell’ambito dell’Autorità Palestinese, sono in molti a desiderare lo scioglimento dell’Anp, come abbiamo visto nel mio articolo della scorsa settimana. Le motivazioni di queste paure sono molto più profonde, hanno origine nella mentalità della società arabo-palestinese .

Un Israele dal carattere forte, che ha fiducia in se stesso e nella giustezza della propria causa, potrebbe cessare di comportarsi in modo remissivo, come ha fatto più di una volta in passato, sotto l’irresponsabile disponibilità di quei politici affascinati dagli slogan sulla pace. Potrebbe invece cominciare ad adottare un comportamento più consono alla regione. Numerosi politici israeliani, tra i quali alcuni primi ministri, avevano cercato la soluzione “ pace adesso”, guadagnandosi la fama di “ ricercatori di pace”, mentre in Medio Oriente sono stati interpretati come “ossequiosi mendicanti che supplicano un pezzo di pace”. Invece avviene il contrario, solo il vincitore è degno di ammirazione. Chi supplica perché gli sia risparmiata la vita e mendica la pace, di solito riceve un calcio che lo fa rotolare giù in fondo alle scale. La pace è l’ultima cosa che puoi ottenere quando la supplichi.

 Nella regione in perenne stato di guerra in cui è situato Israele, chi è debole viene aggredito selvaggiamente: gli si spara addosso, i missili gli piovono sulla sua testa, gli autobus saltano per aria, viene delegittimato, messo ai margini dalla diplomazia, processato in Corti di Giustizia internazionali. Altri Stati lo minacciano e ripetutamente gli dichiarano guerra, mentre lui, debole, subisce tutti questi attacchi che gli piovono addosso dicendo “ in fondo sono solo parole”. Qualche volta alza la voce, ma in pochi lo prendono sul serio perché lui è debole e deferente, “cerca la pace”. Al contrario, solo il forte e sicuro di sè, colui che può mettere in atto una minaccia, che non si trattiene dall’usare la forza, che non cederà nulla che gli sia dovuto, avrà pace e tranquillità. Verrà lasciato in pace perché lo temono, questa è d’altronde l’unica pace che viene riconosciuta in Medio Oriente.

 La pace appartiene a chi reagisce con grande forza al primo missile che viene sparato sul suo territorio, persino se cade in campo aperto, e non dichiara alla radio “non ci sono stati danni”, perché la realtà dei fatti è che davvero la sua sovranità ha subito un danno enorme, e nulla è più importante della sua sovranità. Una persona normale accetterebbe che qualcuno gli sparasse in casa, anche se “non ci sono stati danni”?

Il mondo arabo teme un Israele che dopo le elezioni potrebbe, lo volesse il cielo , essere più ebraico, perché allora il mondo potrebbe ricordare che gli ebrei, non gli israeliani, furono espulsi da qui 1942 anni fa, e che ora gli ebrei sono ritornati nella loro terra storica, la Giudea.

Un Israele più ebraico potrebbe essere un “cattivo”esempio per l’Europa, dove il senso dell’identità nazionale si fa sempre più debole e dove si guarda con indifferenza all’invasione islamica che sta minacciandone la natura. Il rafforzamento della destra israeliana potrebbe quindi incoraggiare l’Europa a far cessare l’imponente immigrazione di masse che cercano di trasformare l’Europa in una loro terra.

Un Israele ebraico potrebbe attrarre l’immigrazione degli ebrei del mondo e farlo diventare ai loro occhi il centro della comune esistenza, rendendolo così più forte dal punto di vista demografico, economico, sociale e politico. Questo processo potrebbe essere accelerato dall’antisemitismo in Europa, che cresce man mano che gli ebrei perdono la loro influenza, trasferita a gruppi immigrati che non si adattano alle regole sociali della vecchia e addormentata Europa.

Un Israele ebraico promuoverà la cultura ebraica, imprenditori, inventori, ricercatori e scienziati all’avanguardia che hanno portato il popolo ebraico a vincere un prodigioso numero di Premi Nobel renderanno Israele un baluardo della scienza, della tecnologia e dello sviluppo, dell’innovazione e dell’impresa, mentre nei paesi vicini, soprattutto negli ultimi due anni, tutto è diventato un pantano di sangue, fuoco e lacrime, colonne di fumo, distruzione e devastazione.

 Un Israele ebraico sovrano, che ha fiducia in se stesso, dimostrerà ai suoi vicini per l’ennesima volta che gli ebrei non sono per nulla un altro “popolo protetto” (“ahal dhimmi “ nella loro lingua) che si deve adeguare alle regole decise dagli imam, che “deve pagare la tassa pro-capite in condizioni umilianti” (Corano, Sura 9, Versetto 29) secondo le abitudini della Penisola arabica  del VII secolo e.v.

Un Israele ebraico considererà con più determinazione Gerusalemme, la capitale degli ebrei da 3000 anni, molto tempo prima che i figli del deserto vi penetrassero con la forza, inventando una leggenda con la quale si attribuiscono un diritto sulla città fin dalla creazione del mondo.

Con un Israele più ebraico, si stringeranno tra gli ebrei reciproci legami di responsabilità, e si instaurerà una società più giusta, unita, onesta e umana, una società ebraica più forte e robusta, più determinata e in grado di affrontare le prove della vita che tutti coloro che vogliono sopravvivere in Medio Oriente devono sopportare. Questa società avrà un’immagine di sé più chiara, e non avrà bisogno di fare delle discriminazioni contro qualcuno solo per provare a se stessa che è “diversa”. Di conseguenza, il modo con cui lo Stato si riferirà alle minoranze, in particolare quella araba, sarà più umano e comprensivo, perché alla fine, la maggioranza ebraica e la minoranza araba saranno d’accordo per quel che concerne i veri problemi di una società tradizionale in un ambiente moderno e tollerante, reale e virtuale. Ebrei e arabi allo stesso modo aspirano a promuovere l’educazione delle nuove generazioni, il comportamento dei giovani, lontano da alcol e droga, il rispetto di genitori e insegnanti, e l’attaccamento alla religione e ai valori della tradizione.

Un Israele ebraico offrirà un robusto muro di difesa contro la radicalizzazione islamica e il tribalismo del mondo arabo, e proverà che solo un popolo che si riconosce nella propria identità sarà fedele alle sue origini, e potrà resistere con forza alla marea di radicalismo e violenza che travolge il Medio Oriente.

 Questo è esattamente ciò che spaventa i nostri vicini: chi aveva sperato che con la crescita dei Fratelli Musulmani, gli israeliani sarebbero rimasti paralizzati dalla paura e sarebbero fuggiti dal proprio paese, scopre, al contrario, che Israele è lo Stato della Fratellanza Ebraica, che non fugge davanti al nemico. Uno Stato ebraico come questo dimostrerà agli Stati vicini e a quelli lontani che gli ebrei sono ritornati alla loro patria storica ed eterna e che vi rimarranno per sempre. Solo in questo modo Israele otterrà la pace dai suoi vicini. Non sarà una pace di baci e abbracci, perché questo non esiste in Medio Oriente, ma sarà piuttosto una pace che nascerà dall’accettazione da parte dei nostri vicini della realtà che l’Onnipotente ha loro imposto, con la consapevolezza che non hanno altra scelta se non quella di accettare la realtà per quella che è.

Nella tradizione islamica, la pace viene concessa solo agli infedeli che si dimostrano invincibili, una pace temporanea che può durare finchè il nemico resta invincibile. Questa è la pace che Israele potrebbe ottenere dai suoi vicini, che potrà essere imperitura, finchè Israele continuerà a restare invincibile per sempre.
Un Israele ebraico garantirà a tutti i suoi cittadini la pace  e obbligherà i vicini a lasciarlo in pace; questo è il motivo per cui i suoi vicini temono un Israele più ebraico.

La pace sia con voi, con la grazia di Allah e le sue benedizioni.

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
Link:
http://eightstatesolution.com/
http://mordechaikedar.com/


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