Sul FOGLIO di oggi, 12/01/2013, a pag. 1, con iltitolo "Il 'Piano 2014' di Assad per restare al suo posto e logorare i ribelli siriani ", Daniele Raineri racconta i tentativi di Assad di mantenere il potere in Siria.
Daniele Raineri
Roma. Notizia di ieri pomeriggio, ancora difficile da confermare o smentire al momento in cui questo giornale va in stampa: i ribelli siriani attaccano a Damasco il convoglio dell’ambasciatore iraniano e lo uccidono, assieme a quattro generali russi e a due leader operativi del movimento libanese Hezbollah. I pochi dettagli: la colonna di auto lascia il palazzo presidenziale di Bashar el Assad dopo una riunione strategica e passa per l’area di Yafour, dove i ribelli hanno piazzato bombe in anticipo. L’informazione sul convoglio è stata venduta a loro da generali alawiti presenti all’incontro. “Troppo bello per essere vero – commenta una fonte del Foglio nella capitale – stamattina c’è stata certamente un’esplosione in quella zona e questa voce circola con insistenza ma non so dire altro”. Come per tutte le informazioni in arrivo dalla Siria è possibile che si tratti soltanto di un presagio minaccioso, come un cattivo augurio fatto circolare in anticipo. Ci sono stati altri casi ambigui: a maggio i ribelli hanno annunciato di avere avvelenato gli uomini del circolo ristretto che consiglia il presidente Assad, c’erano il suocero e viceministro della Difesa Assef Shawkat, il ministro dell’Interno Muhammad al Shaar e il generale Hasan Turkmani. Il portavoce del governo, Jihad Makdissi, smentì subito, disse che erano in buona salute e al lavoro come tutti i giorni, le compagnie telefoniche di stato spedirono persino una rassicurazione via sms a tutti i siriani. La notizia era invece vera, i tre furono salvati da una lavanda gastrica quasi fuori tempo massimo. Il corso successivo degli eventi si è poi schierato con i ribelli. Shawkat e Turkmani sono morti due mesi dopo, il 18 luglio, in un altro attentato mai chiarito con una bomba contro il club ristretto del potere dentro uno dei palazzi in teoria più sicuri della capitale. Il ministro dell’Interno, Muhammad al Shaar, è stato ferito a dicembre in un triplo attentato fuori dal ministero. E’ circolata anche una notizia mai confermata sulla sua morte. Il portavoce Makdissi, che spargeva rassicurazioni ufficiali, ora è in America e collabora con la Cia. L’attentato contro l’ambasciatore iraniano Mohammad Rida Shibani è un attacco contro il governo di Teheran, l’alleato più forte di Damasco (la presenza dei russi e di Hezbollah nella notizia serve soltanto a completare il quadro ideale dei nemici dei ribelli). Shibani è stato visto l’ultima volta due giorni fa all’hotel Sheraton della capitale, ad accogliere i 48 iraniani appena liberati dai ribelli in cambio del rilascio dalle carceri di duemila prigionieri. Il fatto che il governo siriano abbia ceduto i suoi detenuti in cambio di ostaggi iraniani – e non di siriani a lui fedeli – sottolinea quanto Assad si senta dipendente dall’aiuto esterno per resistere. Secondo Foreign Policy, il governo siriano ha bisogno di 500 milioni di dollari al mese per tenersi stretto quell’establishment alawita di non più di 3.600 persone di potere che ancora sorregge il presidente Assad dopo 22 mesi di rivolte, e questo dato si combina con un altro fornito dal Times di Londra: Teheran ha dato alla Siria circa dieci miliardi di dollari, abbastanza per i prossimi due anni. Tenere inattivi i nemici esterni Emile Hokayem, dell’International Institute for Strategic Studies, commenta il discorso pronunciato domenica scorsa dal presidente Assad e scrive che il suo tono di sfida e quelle parole identiche al marzo 2011 – “non sono rivoluzionari, sono un branco di criminali” – è motivato dall’esistenza di un piano per resistere. Gliene hanno parlato fonti che hanno contatti in alto e all’interno del regime, che ha incontrato a Beirut. Il “piano 2014” è sopravvivere dal punto di vista militare e conservare il controllo di città chiave, strade e infrastrutture per almeno ancora un anno. Nel frattempo, il presidente proporrà improbabili opzioni di pace disegnate per tenere occupati gli interlocutori esterni e interni e allungare la vita del governo. In un anno Assad fa affidamento sul fatto che l’opposizione si frammenterà e che i ribelli litigheranno su territorio, risorse, tattiche e ideologia. Sa di non potere respingere la loro avanzata ma conta di poterli tenere a bada, per abbastanza tempo da generare divisioni al loro interno. Non è la situazione migliore per lui, ma intanto riceverà assistenza dai suoi alleati esterni e sa come costringere i nemici esterni all’inazione.
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