Sul GIORNALE di oggi, 12/01/2013, a pag.14, con il titolo "Nell'inferno islamico delle donne arriva la farsa delle quote rosa", Rolla Scolari racconta forse con troppo ottimismo una specie di riforma piccola piccola che non cambia nel modo più assoluto l'inferno nel quale vivono le donne dell'Arabia Saudita.
Rolla Scolari
Il re dell’Arabia Saudita ha nominato ieri per la prima volta 30 donne al Consiglio consultivo, il Majlis Al Shura, un Parlamento senza poteri legislativi che finora è stato sempre e soltanto regno degli uomini, come in realtà l’intero Paese.L’anziano re Abdullah Bin Abdul Aziz si è spinto oltre: ha annunciato che d’ora in poi il 20% dei seggi sarà assegnato alle donne.
Le quote rosa arrivano dunque anche nel mondo ultraconservatore dell’Arabia Saudita, retto da un clero islamico wahhabita- una corrente di puritanesimo rigorista dell’islam - che ha un’influenza senza limiti sulla vita politica e sociale del Paese. Da diversi anni, il re cerca di restare in equilibrio tra le tradizioni di un mondo ultraconservatore e le deboli pressioni riformiste di parte della popolazione: la società chiede timorosamente aperture, il clero islamico si oppone. Il primo passo è stato fatto qualche anno fa quando fu annunciato che nel 2015 le donne avrebbero potuto votare e candidarsi alle elezioni municipali. E l’anno scorso per la prima volta, due saudite hanno partecipato alle Olimpiadi: la judoka Wodjan Shaherkani e la mezzofondista Sarah Attar.
In una società così oscurantista per le donne, l’annuncio di ieri è storico. L’introduzione di quote rosa sembra essere però un passo più cosmetico che fattuale in una regione in cui le piazze hanno imposto un’accelerazione dei tempi delle riforme democratiche. Per Thoraya Obaid, ex alto funzionario delle Nazioni Unite, nuovo membro della Shura saudita, si tratta di un enorme passo avanti.La dottoressa Aziza Al Yousef dell’università di Riad, ha detto invece
al Wall Street Journal di trovare le riforme limitate, perché in realtà non toccano la vita quotidiana delle donne. In Arabia Saudita le donne non possono guidare. Senza un «guardiano », un uomo della famiglia marito, fratello, cugino- le donne non possono studiare, lavorare, lasciare il Paese, non possono sposarsi o divorziare senza il consenso maschile, non possono essere ammesse in un ospedale. Secondo l’Associated Press, recentemente è stato ordinato dalle autorità ai funzionari aeroportuali di notificare tramite sms ai «guardiani» gli spostamenti delle passeggere. Soltanto pochi giorni fa, i Comitato per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio ha cancellato una fatwa - o editto religioso- del 2011 che non permetteva alle donne di lavorare nei negozi di intimo e accessori femminili. In Arabia Saudita, 1,7 milioni di donne su una popolazione di 28 milioni di abitanti sono senza lavoro, ma con un diploma universitario in mano. La disoccupazione femminile supera quella maschile del 30%. Le nuove quote rosa volute dal sovrano sono certo una buona notizia per le saudite, ma rischiano di non cambiare granché la realtà. Fra i banchi del Majlis Al Shura ci saranno principesse della famiglia reale e accademiche, che «porteranno energia fresca », ha detto alla BBC la giornalista saudita Maha Akeel. Lo faranno però seguendo comunque le regole della legge coranica e della severa quotidianità saudita: le donne siederanno in una parte dell’aula separata dagli uomini ed entreranno da un’entrata diversa.
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