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La Stampa Rassegna Stampa
12.01.2013 Combattere Al Qaeda in Mali, l'asse Francia-Usa
La cronaca di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 12 gennaio 2013
Pagina: 16
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Asse franco-Usa come in Libia. Il Pentagono aveva i piani pronti»

Sulla STAMPA di oggi, 12/01/2012, a pag.16, con il titolo "Asse franco-Usa come in Libia. Il Pentagono aveva i piani pronti", Maurizio Molinari racconta l'accordo Usa-Francia dietro l'invio di truppe francesi nel Mali per combattere Al Qaeda.


Maurizio Molinari                     Truppe di Al Qaeda

Maurizio Molinari                     Truppe di Al Qaeda

C’ è l’avallo di Washington dietro l’intervento militare di François Hollande in Mali che estende al Sahel il patto strategico franco-americano per la stabilità del Nord Africa a cui nel 2011 si dovette il rovesciamento in Libia del regime di Gheddafi. A rivelare l’impegno del Pentagono in Mali è, a inizio dicembre, Amanda Dory, braccio destro per l’Africa del ministro Leon Panetta, con una deposizione al Senato nella quale spiega che «i nostri militari sono riusciti a raccogliere informazioni capaci di consentire a una forza internazionale di combattere gli estremisti islamici nel Nord Mali». «Sono sufficienti a iniziare la pianificazione» aggiunge, facendo capire che esiste una mappa degli obiettivi jihadisti.

Ecco perché Christopher Coons, senatore democratico del Delaware, dopo averla ascoltata, descrive il Nord Mali come «il più vasto territorio al mondo controllato da gruppi estremisti islamici». Il passo seguente arriva dal Dipartimento di Stato inserendo nella lista dei gruppi terroristi il Movimento per l’Unità e la Jihad in Africa e i suoi co-fondatori Hamad el-Khairy e Ahmed el Tilemsi, accusati di sequestri in Algeria nonché di essere l’anello di congiunzione con Al Qaeda nel Maghreb Islamico, l’organizzazione-ombrello a cui rispondono i gruppi salafiti in Tunisia, Egitto e Libia dove sono sospettati per l’assalto dell’11 settembre al Consolato Usa a Bengasi nel quale viene ucciso l’ambasciatore Chris Stevens.

Il passo complementare sono gli ordini di dispiegamento che Panetta trasmette al generale David Hogg, capo delle forze di terra Usa in Africa, per «realizzare il progetto pilota» dell’invio di circa 3000 soldati. Tolti i 1200 uomini delle truppe speciali di stanza a Gibuti e i circa 200 inviati in Uganda per dare la caccia al sanguinario guerrigliero Joseph Kony, significa avere a disposizione 1500 soldati per altre operazioni. A fine anno è John Carson, assistente segretario di Stato per l’Africa, a spiegare cosa sta maturando: «Abbiamo inviato i pianificatori militari alle forze africane dell’Ecowas per assisterle nel perfezionamento dei piani di intervento per rovesciare Al Qaeda nel Maghreb islamico e in Mali».

Carson prevede «un intervento guidato da africani e dal Mali» e in effetti Hollande manda le truppe per sostenere formalmente Bamako nella riconquista dei territori perduti. La similitudine con l’operazione-Libia sta nel fatto che la legittimità viene da un risoluzione Onu e l’intervento si sviluppa a sostegno di forze locali mentre la differenza riguarda il ruolo degli Stati Uniti, che in Mali si concentra sulla raccolta - anche con l’uso di droni - dell’intelligence capace di guidare francesi e africani sugli obiettivi.

D’altra parte il comando Africa del Pentagono, sin dalla formazione nel 2006, è stato immaginato per sostenere con intelligence, addestratori e truppe speciali interventi altrui contro le emanazioni di Al Qaeda. È una strategia che deve molto a John Brennan, il consigliere della Casa Bianca che Obama ha appena nominato a capo della Cia, e risponde non solo alla volontà di braccare Al Qaeda ma anche a un interesse nazionale concreto, evidenziato dall’arresto recente in Mauritania di Rashid Wilson e Mohammed Abdul Rahman Abulkhdair: due americani che volevano arruolarsi nella Jihad in Mali, considerandolo più «caldo» della Somalia.

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