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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
12.01.2013 Amos Oz contro Netanyahu: ma è una notizia ?
La cronaca di Davide Frattini

Testata: Corriere della Sera
Data: 12 gennaio 2013
Pagina: 15
Autore: Davide Frattini
Titolo: «Amos Oz contro Netanyahu: Distruggerà Israele»

Davide Frattini ritorna a Gerusalemme quale corrispondente del CORRIERE della SERA, sostituendo Francesco Battistini,almeno così leggiamo in quel "DAL NOSTRO CORRISPONDENTE" che precede l'articolo di oggi, 12/01/2013, a pag.15, con il titolo "Amos Oz contro Netanyahu: Distruggerà Israele".
 Mentre gli auguriamo buon lavoro, gli rivolgiamo un invito. In Israele ci sono molti intellettuali e scrittori, non esiste solo la triade Grossman/Oz/Yehoshua, personaggi molto famosi, ma dei quali ormai sono anni che tutti ne conoscono le opinioni politiche. Perchè non aprire il ventaglio delle interviste anche ad altri ?



Davide Frattini                                 Grossman, Oz, Yehoshua

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME — Con il primo ministro concorda solo su un punto: le elezioni fra dieci giorni riguardano la sopravvivenza di Israele. Il premier Benyamin Netanyahu è convinto che la minaccia sia l'Iran, lo scrittore Amos Oz che sia Netanyahu. Profeta spirituale della sinistra israeliana — i critici lo paragonano con sarcasmo al rabbino Ovadia Yosef, leader dell'ultraortodosso Shas — Oz porta la campagna elettorale nei salotti di Tel Aviv dove (durante una serata raccontata dal quotidiano liberal Haaretz) intrattiene gli indecisi, quelli che non vogliono scegliere i partiti di centro ma neppure regalare un voto a perdere.
Perché il romanziere spinge ancora per Meretz, malgrado il crollo del febbraio 2009: tre deputati e un imbarazzante ballo della sedia per decidere chi dovesse entrare in parlamento, un giro di danza che aveva cancellato l'inebriata conga della fondatrice Shulamit Aloni, quando vent'anni fa la formazione aveva vinto dodici seggi all'esordio.
Meretz — ha spiegato Oz ai trenta accademici e intellettuali invitati a casa di amici — sarebbe l'unico partito a cogliere fino in fondo la questione esistenziale: «Ci saremo ancora e come saremo?». La strategia scelta da Netanyahu è la «più antisionista che questo Paese abbia mai subito», ha commentato secondo la ricostruzione di Haaretz: «Il suo governo sta facendo di tutto perché in questa regione non ci siano due Stati ma uno. Abbatte Abu Mazen un colpo dopo l'altro e rafforza Hamas un favore dopo l'altro. Bibi crede che gli ebrei possano comandare su di una maggioranza araba per molti anni. Nessuna nazione basata sull'apartheid ha resistito, sono tutte collassate. Se non nascerà lo Stato palestinese, qui non ci sarà uno Stato per due popoli, solo uno Stato arabo».
I sondaggi dei quotidiani Maariv e Yedioth Ahronoth concedono a Meretz tra i cinque e i sei seggi. Gli elettori indecisi sono ancora tanti, almeno il 25 per cento e in questi ultimi giorni sono corteggiati soprattutto dai tre partiti che affollano il centro (virato a sinistra) e che vorrebbero (per ora senza riuscirci) creare un blocco alternativo alla destra di Netanyahu. La laburista Shelly Yachimovich, Yair Lapid (da presentatore televisivo segue le orme del padre Tommy) e Tzipi Livni (tornata in politica con Hatnua, il Movimento) non sono riusciti a mettersi d'accordo.
Ognuno sospetta l'altro/a di prepararsi a entrare nella coalizione del vincitore quasi sicuro Netanyahu. È quel che teme anche Amos Oz. «Chi vi assicura che Tzipi non diventerà il ministro per gli Affari Sociali del prossimo Bibi? O Yair il ministro dell'Educazione? E che cosa possono modificare dall'interno? Lapid combatte perché gli studenti delle scuole rabbiniche prestino il servizio militare. Sono d'accordo, però non si rende conto che se andiamo avanti così non ci sarà più l'esercito dove arruolarli».
Quattro anni fa a Meretz non era bastata la campagna Internet in stile Barack Obama, importata dagli Stati Uniti. Due strateghi dell'allora neopresidente, David Fenton e Tom Mazzei, erano venuti a spiegare come far fruttare il meccanismo dei blog e dei network sociali come Facebook. Quattro anni fa non era bastato il sostegno pubblico di Amos Oz, David Grossman e Abraham Yehoshua, il sacro trio della letteratura israeliana.
Oz non cede davanti ai numeri del passato e a quelli futuri calcolati dai sondaggi: «Almeno noi saremo capaci di fare opposizione. Negli ultimi quindici anni i laburisti hanno strisciato sotto ai primi ministri del Likud. Hanno strisciato quando li guidava Shimon Peres, hanno strisciato quando il capo era Amir Peretz. Sono riusciti a rallentare le costruzioni negli insediamenti? Hanno fermato la catastrofe dell'abolizione di uno Stato per gli ebrei? No, essere al governo non ha portato nulla di buono».
Il romanziere, nato a Gerusalemme nel 1939, non ha fiducia neppure in Shelly Yachimovich, l'ex giornalista televisiva che dirige il labour da un paio d'anni: «Non capisce il pericolo che stiamo correndo. Ehud Barak ripeteva "non c'è soluzione", Shelly pensa "non c'è il problema"»

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