Copia di e-mail inviata al Corriere della Sera
Ho letto l'articolo di Angelo Pezzana sulla teoria di legittimità della tortura non letale o del costringimento giudiziario alla confessione nell'ambito della politica di prevenzione del terrorismo.
Lo condivido. Costituisce anzitutto l'applicazione della regula iuris romana millenaria "vim vi repellere licet", quindi non è una idea di un sionista reazionario, ma un patrimonio di intelligenza giuridica.
In secondo luogo sintetizza ed elabora magistralmente la stessa identica teoria giudiziaria espressa nel saggio di Alan Dershowitz, il maggior teorico mondiale della intelligence antiterrorista, "Why terrorism works" scritto nel 2002 e divenuto un manuale per tutte le istruttorie giudiziarie internazionali sul terrorismo.
In terzo luogo, l'articolo costituisce l'espressione rigorosa di una logica giuridica pragmatista americana (positive natural law) fra le più potenti e formalizzabili in senso computazionale per il processo e l'indagine giudiziaria: la logica giuridica di Roscoe Pound, il giurista quineano statunitense che ha formulato per primo l'epistemica giuridica in termini costruttivistici di "ingegneria sociale". Diritto, scrive Pound, non è rispettare il terrorista, è rispettare la sua vittima. Il deterrente coattivo delle tecniche di "trial" e di "full confession" è quindi predicato nell'articolo di Pezzana secondo logiche giuridiche utilitaristiche di Pound e Llewelyn che ne razionalizzano l'impiego e la utilizzazione giudiziaria probatoria e quindi la sua legittimità procedurale.
dott. avv. Vitaliano Bacchi