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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
08.01.2013 Commedia in minore, di Hans Alex Keilson
la recensione di Paolo Lepri

Testata: Corriere della Sera
Data: 08 gennaio 2013
Pagina: 41
Autore: Paolo Lepri
Titolo: «Voci dal rifugio senza salvezza»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 08/01/2013, a pag. 41, l'articolo di Paolo Lepri dal titolo "Voci dal rifugio senza salvezza".


Hans Alex Keilson
          la copertina di Commedia in minore (Mondadori)

Hans Alex Keilson (1909 - 2011) è stato uno scrittore ebreo tedesco e uno psicanalista I suoi romanzi sono ambientati nella Seconda guerra mondiale: in quel periodo fu membro attivo della Resistenza olandese. Keilson ha scritto di traumi indotti dalla guerra, durante la quale i suoi genitori furono deportati ad Auschwitz, dove morirono. Oggi esce il libro di Keilson «Commedia in minore» presso Mondadori (pp.144, 10), che ha pubblicato anche il precedente romanzo «La morte dell'avversario».

È stato «riscoperto» quando aveva ormai un secolo sulle spalle. Hans Keilson considerava però «un privilegio speciale» non essere destinato soltanto al rispetto postumo o alla tardiva attenzione che si dedicano spesso a coloro che ci hanno lasciato. «Ci sono molte persone che hanno fatto la mia stessa esperienza, ma dopo la loro morte. Io sono ancora qui per poterla provare direttamente», aveva detto a Heinrich Detering, il curatore del suo volume di ricordi Da steht mein Haus. Era piacevolmente stupito, infatti, di avere iniziato a ricevere così tanti elogi sulle pagine letterarie dei principali giornali del mondo. Anche se va detto che non fu mai né dimenticato né trascurato. Poi, in un giorno di fine maggio del 2011, venne per lui il momento di quella che aveva definito «una cosa disumana» quando lo incontrammo a gennaio nella sua casa di Bussum, nei dintorni di Amsterdam. Ne parlava senza paura, perché quanto accade alla fine della vita non gli era «sconosciuto». Poche settimane dopo sarebbe apparso in italiano La morte dell'avversario. Hans Keilson ha potuto averlo tra le mani, vicino ai suoi dischi, alle fotografie felici degli anni berlinesi. Oggi arriva in libreria anche Commedia in minore (Mondadori, traduzione di Matteo Ghidotti) l'altro romanzo che aveva fatto dire a Francine Prose, sul «New York Times»: «Quest'uomo è un genio. Unitevi a me nell'aggiungerlo alla lista dei più grandi del mondo».
La storia di Keilson scrittore si intreccia con la sua incredibile biografia di uomo che ha affrontato la barbarie e di psicoanalista che ha dedicato la parte centrale del suo lavoro al trauma «sequenziale» dei bambini coinvolti nelle persecuzioni naziste.
Il suo primo romanzo, Das Leben geht weiter, fu proibito nel 1933 perché in Germania gli ebrei non potevano pubblicare libri. Successivamente Keilson fu costretto a interrompere anche la sua professione di medico. Fece il musicista, il maestro di nuoto. Tre anni dopo fuggì in Olanda con la prima moglie Gertrud (una grafologa che aveva «indovinato» gli sviluppi della follia criminale di Hitler), aderì alla Resistenza clandestina e si dedicò a curare i bambini che avevano perduto i genitori o erano costretti a vivere lontano da loro. Un'attività, questa, che non ha poi mai abbandonato. Anche la figlia di Hans e Gertrud fu tenuta per lungo tempo separata dal padre.
Proprio in quegli anni Keilson iniziò scrivere Commedia in minore. La prima parte fu seppellita in giardino e il libro venne concluso a guerra finita. Nella vicenda di Nico, un commesso di profumeria ebreo nascosto per quasi un anno da una giovane coppia, affiorano naturalmente anche i ricordi legati alla sua esperienza personale. Il libro è infatti è dedicato a Leo e Suus Rientsma, i due olandesi che lo ospitarono segretamente e lo salvarono dalla deportazione. A questa sorte terribile, invece, non riuscì a strappare i suoi genitori, uccisi nel campo di sterminio di Auschwitz. «Li ho portati in Olanda. Ma erano troppo vecchi e malati per nascondersi. Mio padre, che era stato decorato con la croce di ferro per aver combattuto nella Prima guerra mondiale, pensava che i tedeschi sarebbero stati più umani nei suoi confronti. Questo è un dolore che non si può dimenticare, da cui non si guarisce», ha raccontato nella stessa intervista al «Corriere della Sera». Lo ricordava sempre con grande angoscia, come se fosse stata anche una sua colpa.
«È una fortuna che i miei genitori siano già morti», dice non a caso Nico in un momento in cui la paura, «che si lega soltanto al nulla», rischia di travolgere la sua strenua resistenza di recluso. Proprio aver visto in faccia la paura, questo «abbandonarsi inermi, strappati a ogni sicurezza, dignità e amore», fa comprendere a Wim, contabile in una fabbrica di macchinari, e alla moglie Marie le vere ragioni del loro gesto. Parole come «amore per il prossimo», «dovere nazionale» o «disobbedienza civile» erano «solo un pallido riflesso del sentimento ben più profondo» che li aveva spinti ad accogliere tra grandi rischi un uomo perseguitato. I due protagonisti di Commedia in minore non sono degli eroi, ma persone piene di dubbi, di contraddizioni, di incertezze. Keilson le descrive utilizzando registri diversi, senza trascurare l'humour e la suspense, sullo sfondo di una tragedia collettiva che non ha nemmeno bisogno di essere pesantemente evocata.
Sono stati fatti per questo libro i nomi di Samuel Beckett o Katherine Mansfield. Oltre naturalmente all'accostamento con il Diario di Anna Frank e Se questo è un uomo, pubblicati nello stesso anno, il 1947. Forse andrebbe chiamato in causa anche Anton Cechov e la sua capacità di sospendere il tempo nell'animo umano. Tutto viene filtrato attraverso la normalità dei sentimenti, sia pure in una situazione anormale, raccontando la vita quotidiana e le sue intermittenze in una «qualsiasi comunità» dove «ciascuno dipende dall'altro e trova il proprio posto e la stella sotto la quale vivere insieme».
La chiave di volta di Commedia in minore — e la ragione di tanti piccoli e grandi colpi di scena — è la morte di Nico, sfibrato da una malattia un po' lenta e un po' improvvisa, annullato dalla permanenza di quasi un anno in una stanza nella quale si era sentito «imprigionato, abbandonato, miserabile». Il suo corpo viene portato via di notte e lasciato su una panchina del parco. Ma niente tornerà come prima. Alla fine di tutto, anche la porta di quella camera sembrerà chiusa «in un modo diverso» nonostante la maniglia nera «ferma nella consueta posizione orizzontale».
Le reazioni a questo addio sono confuse, in apparente contrasto tra loro. In primo luogo il dolore, che poteva fare sentire «tutta la sua violenza» ora che Marie «aveva finalmente smesso di avere paura». Poi la gioia, «perché lo avevano trovato e ormai non poteva succedergli nulla». E infine, quasi una «umana delusione», provocata da questa «morte banale», per piegarsi alla quale il prigioniero non avrebbe avuto in fondo nessun bisogno di nascondersi. «Dentro di sé aveva immaginato che, il giorno della Liberazione, loro tre sarebbero usciti di casa tenendosi a braccetto», e questa sarebbe stata la piccola soddisfazione «di cui sente il bisogno chiunque si imponga un sacrificio». Avrebbero vinto la guerra. Ma la vita e la morte sono anche, appunto, una commedia «dove ci si aspetta che l'eroe che salva la situazione entri in scena da destra, e lui invece arriva dalle quinte a sinistra del palcoscenico».
Gli spettatori, Wim e Marie, tutti coloro che leggono questo straordinario libro tornano così a casa «sorpresi, contenti e un po' smaliziati». Con una dolce, profonda tristezza.

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