Antisemitismo in Tunisia ?
Commento di Zvi Mazel
(Traduzione di Angelo Pezzana)
Zvi Mazel Un libro da non perdere, ed.tascabile
Rachid Ghannouchi, leader di Ennahda
Nelle elezioni parlamentari in Tunisia, il partito Ennahda, una filiazione dei Fratelli Musulmani, ha ottenuto il 41% dei seggi, ed è oggi alla guida del paese, nel quale elementi religiosi stanno diffondendo manifestazioni di antisemitismo.
La Tunisia è stata per lungo tempo conosciuta per la sua impostazione filo occidentale, e per l’ attitudine liberale nei confronti della donna, dell’educazione e tollerante verso le religioni. Nei confronti degli ebrei si comportava, comunque, in modo non differente dagli altri paesi del Magreb. Fin tanto che riconoscevano la supremazia dell’islam, rispettavano i musulmani e si comportavano in generale da cittadini di seconda classe, li lasciava vivere in pace nelle loro comunità, liberi di avere un ruolo attivo nell’economia nazionale e nei settori del commercio. In un passato non lontano gli ebrei erano quindi trattati come Dhimmi, secondo la legge della Shari’a: dovevano pagare una tassa supplementare e vestire abiti che li identificassero come ebrei, le proprietà immobiliari erano proibite e potevano essere assoggettati ogni anno a un lavoro obbligatorio. Quando venivano accusati di colpe del tutto inventate, la folla saccheggiava e bruciava le loro case e i negozi. A partire dalla metà del secolo 19°, il forte interesse occidentale nel paese rese queste regole gradualmente meno pesanti, alla fine vennero annullate anche le misure discriminatorie con la dominazione francese del 1881.
Habib Bourguiba, il primo presidente della Tunisia indipendente nel 1957, non era di certo un antisemita, ma fece ben poco per fermare gli attacchi agli ebrei e alle loro proprietà ogni qual volta c’erano tensioni fra Israele e i suoi vicini arabi. Il famoso scrittore ebreo tunisino Albert Memmi, ricorda nelle sue memorie che la polizia interveniva soltanto dopo che la folla aveva saccheggiato e bruciato. Durante la guerra dei Sei Giorni gli ebrei vennero brutalmente assaliti: la Grande Sinagoga di Tunisi fu attaccata e i libri della Toah bruciati. Come se fosse già scritto, l’esodo, iniziato già nei primi anni ’50, ebbe una accelerazione. Dei più di 100.000 ebrei che vivevano in Tunisia nel 1948, oggi ne sono rimasti circa 2.000, per la maggior parte nell’isola di Jerba.
Negli ultimi mesi ci sono state molte aggressioni verbali contro gli ebrei in quanto tali, provenienti in gran parte da leader estremisti islamici. Durante la visita del Capo del Governo Hamas Ismail Haniye lo scorso novembre, i militanti salafiti hanno urlato slogan che chiedevano la eliminazione degli ebrei. Secondo fonti francesi, il quotidiano Al Quds al Arabi del 12 dicembre ha riportato le parole dell’imam Sheikh Ahmaed Al Suhayli, mentre predicava dal pulpito della moschea di Rades una lunga invettiva contro gli ebrei: “ O Allah, tu sai cosa hanno fatto questi maledetti ebrei, la corruzione che diffondono in tutto il mondo.. colpiscili in modo che spariscano tutti. Allah, rendi uomini e donne sterili, scaglia la tua ira e il tuo odio su di loro”. Questo succedeva venerdì 30 novembre, trasmesso in diretta sul canale Hannibal TV, il più popolare e con una vasta audience, e poi ritrasmesso via internet in moltissimi siti. Va detto per correttezza, che vi fu una immediata protesta, mentre avvocati di una associazione per la difesa delle minoranze presentavano una denuncia contro l’imam per avere incitato illegalmente all’odio razziale, contro le religioni e i popoli. Ma dal governo non arrivò nessuna condanna. Il quotidiano Al Quds al Arabi scrisse che sin dalla caduta del regime di Ben Ali vi erano stati violenti attacchi contro gli ebrei. Nel febbraio 2012, militanti islamisti avevano accolto l’imam Wagdi Ghanaim al grido di “ Morte agli ebrei”.
In marzo, durante alcune dimostrazioni a Tunisi, uno sceicco salafita invitava I giovani tunisini a uccidere gli ebrei. In novembre, la polizia ha arrestato quattro cittadini libanesi e un poliziotto tunisino mentre stavano preparando il rapimento di un ragazzo ebreo per chiedere il riscatto alla famiglia. Ma non tutti gli incidenti di questo genere sono usciti sui giornali. Le organizzazioni salafite, sostenute dal successo dei Fratelli Musulmani nelle elezioni parlamentari stanno manifestando in tutto il paese, scontrandosi con i gruppi liberali per imporre la legge della Shari’a. Purtroppo l’odio contro gli ebrei fa parte della loro dottrina. Rashid Ghannouchi, il leader di Ennahada, ha manifestato il proprio desiderio di arrivare ad un accordo con il loro movimento. In passato si era reso noto per avere invocato la distruzione di Israele, che infatti appare spesso nella loro agenda, sin dalla disposizione della prima bozza della costituzione pubblicata a settembre, che dichiarava offesa criminale normalizzare le relazioni con lo Stato ebraico. Ci furono proteste in Tunisia e all’estero, con la condanna di Human Rights Watch, ma aspettiamo di vedere se quell’articolo verrà mantenuto nella versione definitiva. Sempre secondo fonti attendibili, la nomina a Ministro del Turismo di una ebreo è stata bloccata il mese scorso dai membri estremisti di Ennahda. Membri moderati del partito, come il Primo Ministro Hamadi Jabali, volevano nominare Réné Trabelsi, capo della comunità ebraica di Jerba, per dimostrare al mondo che la Tunisia non era antisemita…
Malgrado il governo tunisino emetta di tanto in tanto comunicati rassicuranti su questo tema, è ovvio che i religiosi musulmani sono sicuri che il regime guidato dalla Fratellanza intensificherà le violenze contro gli ebrei. Hassan el Banna e Sayed Qutub, i padri fondatori del movimento, negli anni ’30 trasformarono l’odio anti-ebraico del Corano in un nuovo antisemitismo, accusando gli ebrei di tutti i mali della terra e chiedendone lo sterminio. Se la primavera araba doveva avviare il mondo arabo sulla via del progresso, ormai è chiaro che la Tunisia sta sprofondando nel fanatismo islamico dalle forme più estreme.
Zvi Mazel è stato ambasciatore in Egitto, Romania e Svezia. Fa parte del Jerusalem Center fo Public Affairs.
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