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La Stampa Rassegna Stampa
03.01.2013 Morte di un uomo coraggioso
Maurizio Molinari ricorda John Sheardown, diplomatico canadese in Iran durante la crisi degli ostaggi

Testata: La Stampa
Data: 03 gennaio 2013
Pagina: 13
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Addio al vero eroe che aiutò gli ostaggi a fuggire da Teheran»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 03/01/2013, a pag. 13, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo "Addio al vero eroe che aiutò gli ostaggi a fuggire da Teheran".


Maurizio Molinari                      John Sheardown

Quando il 28 gennaio 1980 sei diplomatici americani riuscirono a fuggire da Teheran beffando le guardie khomeiniste il merito fu in gran parte di John Sheardown, il funzionario canadese scomparso ieri ad Ottawa all’età di 88 anni. Il ruolo di Sheardown è rimasto a lungo nell’oscurità e anche il recente film di Ben Afflek «Argo», che racconta proprio la rocambolesca fuga dei sei americani, non ne parla, assegnando l’intero merito del salvataggio all’allora ambasciatore canadese a Teheran, Ken Taylor.

In realtà la «burla canadese», come venne rinominata l’operazione top secret, ebbe al centro proprio Sheardown. A confermarlo non è solo lo storico Robert Wright lodando la «sua silenziosa determinazione che ne fece un vero il leader durante quella crisi» ma anche Kathleen Stafford, una dei fuggiaschi, che lo ricorda come «infaticabile un salvatore di vite umane».

Ecco dunque cosa avvenne ovvero la vera storia della «burla canadese» che «Argo» ha portato sul grande schermo solo parzialmente. Tutto inizia il 4 novembre del 1979 quando la folla di manifestanti iraniani invade l’ambasciata Usa a Teheran e i sei diplomatici riescono a uscire perché lavorano all’ufficio consolare, disponendo di un’entrata separata che dà direttamente sulla strada. Nei primi giorni si rifugiano in case di altri diplomatici americani, imprigionati nell’ambasciata Usa dai pasdaran, ma il pericolo di essere scoperti aumenta e per salvarsi telefonano a Sheardown, che all’ambasciata canadese faceva il loro stesso lavoro, essendo il titolare dell’ufficio immigrazione. «Perchè mi chiamate solamente adesso?» fu la reazione a caldo di Sheardown chenelle ore seguenti ne accolse in casa 5 su 6, ovvero tutti tranne Henry Lee Schatz rifugiato all’ambasciata svedese. Sheardown ottenne luce verde da Ottawa e prese in mano l’intera operazione. Per oltre due mesi quattro americani - Robert Anders, Henry Lee Schatz, Mark e Cora Lijek - rimasero a casa sua, nei quartieri Nord di Teheran, mentre gli altri due - Kathleen Stafford e suo marito Joseph - vennero accolti a casa dell’ambasciatore Taylor. La gestione della «burla canadese» fu minuziosa da parte di Sheardown che per evitare di suscitare sospetti nell’intelligence iraniana che sorvegliava le residenze dei diplomatici ricorse a espedienti come fare la spesa in diversi negozi di alimentari - per non dare nell’occhio a causa dell’ammontare di cibo acquistato - o trasportare i sacchi di spazzatura in auto fino alla sede dell’ambasciata, visto che erano troppi per due persone sole.

Quando la Cia decise di far uscire da Teheran i diplomatici camuffandoli da troupe di un film di Hollywood - come il film «Argo» racconta - l’agente Tony Mendez si recò proprio da Sheardown per coordinare gli ultimi dettagli ma, a fuga riuscita, la scelta di Langley di non rivendicarne il merito e di assegnare al governo di Ottawa l’intera parternità del salvataggio portò a far emergere una diversa versione dei fatti.

L’eroe della «burla» fu infatti soprattutto l’ambasciatore Taylor, consentendo al premier Joseph Clark e al ministro degli Esteri Flora MacDonald di convidivere il momento di gloria. Solo nel 1981 il film canadese «Escape from Iran» iniziò a sollevare il velo su quanto era realmente avvenuto e la battaglia di Sheardown, assieme a Taylor, fu di convincere Ottawa ad assegnare anche alle rispettive mogli la decorazioni civili che avevano solennemente ricevuto. «Io a Taylor andavamo tutti i giorni a lavoro, chi rimaneva in casa con gli americani erano le nostre mogli, assumendosi una responsabilità che durava 24 ore su 24» sostenne Sheardowm riuscendo a convincere Ottawa a consegnare il prestigioso Order of Canada anche alla sua consorte, Zena Khan, ed a Patricia Taylor.

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