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Ugo Volli
Cartoline
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Se sapremo volerlo 01/01/2013

Se sapremo volerlo
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

 Cari amici,

mi hanno raccomandato di scrivere una cartolina positiva per capodanno e lo faccio volentieri. Noi di Informazione Corretta prevalentemente denunciamo, smascheriamo, lamentiamo tutto quel che non va nella politica e nella stampa riguardo al Medio Oriente, a Israele, all'antisemitismo. E facciamo bene a farlo, perché sono molte le cose di cui indignarsi, contro cui protestare o semplicemente da rettificare o da integrare.
La politica europea e le posizioni della stampa, non solo dei giornali comunisti o fascisti o neo-tali, ma anche degli organi che si vogliono autorevoli, “laici, democratici, antifascisti”, come si diceva una volta, sono squilibrate, spesso oltre i limiti della disinformazione pura e semplice.
Per questo c'è bisogno di chi, nei vari paesi, si prende il compito di denunciare, chiarire, rettificare.
In Italia siamo noi, quasi da soli. Siamo piccolissimi contro praticamente tutto il sistema della “malainformazione”, come la chiama il nostro amico Marco Reis (www.malainformazione.it/ ), e per questo siamo costretti a strillare un po' per farci intendere e io personalmente uso l'arma dell'ironia e del paradosso, magari qualche volta superando il limite del sarcasmo.
Ma questo è solo un lato della bilancia.
Inevitabilmente il giornalismo e l'attivismo politico si occupa di questo lato, di quel che non va, alzando la voce. E però l'altro lato esiste e va non solo riconosciuto bensì esaltato e festeggiato, almeno ogni tanto.
Al di là delle deformazioni giornalistiche e delle cattive politiche, la situazione in cui viviamo è molto buona.
E' ottima per la maggior parte dell'umanità:non ci sono mai state tante persone libere, per numero e anche per percentuale. Mai così poche soggette all'arbitrio del potere, alla prigione alla tortura alla morte per via di quel che pensano, credono, dicono, dei loro orientamenti sessuali.
Mai così tanti liberi di esprimersi e di fare la loro vita.
Certo, in questo quadro fanno rilevante eccezione i paesi islamici e quelli comunisti (Cina, Cuba ecc.) dove la libertà è ancora un sogno e si può essere impiccati per una croce al collo o ammazzati per aver fatto l'amore con la persona sbagliata, torturati a morte perché sospetti di idee eversive.
Ma sono una minoranza culturalmente sempre più sotto scacco.
Possono avere vittorie effimere, conquistare alla Shaari'a un paese una volta tollerante come la Tunisia o introdurre il marxismo-leninismo in Venezuela, ma è chiaro che stanno perdendo. E perdono in conseguenza della rivoluzione tecnologica che è nata ed è ancora per lo più domiciliata in Occidente, sempre meno persone soffrono la fame, sempre minore è la mortalità infantile, sempre meno sono gli isolati, gli affamati, coloro che mancano di tutto, coloro che non contano nulla nel mondo globale, gli analfabeti, coloro che non sono connessi al resto del mondo e vivono da soli la lotta per la sopravvivenza.
Possiamo avere impressioni diverse perché vediamo i diseredati che cercano di entrare illegalmente nei nostri paesi, o vediamo i senzatetto nelle nostre strade; ma ciò deriva dal fatto che queste tragedie oggi sono visibili, mentre un tempo erano nascoste e lontane. Le statistiche parlano chiaro: non c'è mai stata un'epoca così' prospera nella storia dell'umanità e questo progresso è dovuto al mercato, al capitalismo, alla tecnologia, non al socialismo, allo statalismo, alla benevolenza delle società tradizionali.
La nuova rivoluzione informatica ha integrato gli sviluppi tecnologici dell'industria, dell'agricoltura, della medicina, trasformando il mondo in maniera inimmaginabile. E' bene preoccuparsi delle ricadute di questi sviluppi, che presentano naturalmente rischi e problemi, ma la soluzione per questi verrà non da un mitico ritorno indietro al Medioevo solidaristico o al socialismo di Marx (che hanno più o meno la stessa validità economica), ma da più scienza, più tecnologia, più libertà economica e sociale, più progresso.
Se veniamo agli argomenti che interessano più da vicino Informazione Corretta, il discorso non può che ripetersi. Noi siamo preoccupati dell'antisemitismo dilagante nell'informazione e nella politica, ed è una giusta preoccupazione perché le cose vanno davvero male su questo piano; ma in realtà non c'è mai stata una situazione in cui fosse più difficile tentare di uccidere in massa gli ebrei, discriminarli, rinchiuderli in ghetti, attribuire loro congiure e crimini orrendi.
Come sempre c'è un'eccezione, il grande buco nero dei paesi islamici in cui tutte queste cose accadono, eccome. Si tratta di fatti molto pericolosi, ma culturalmente isolati, impresentabili, letteralmente osceni.
Anche i loro sostenitori nel mondo sono costretti a negarli, minimizzarli, travestirli.
E' chiaro che in molti paesi, anche europei, non ce l'hanno con gli ebrei per via di Israele, ma odiano Israele per via degli ebrei, perché è lo stato degli ebrei; ma sono costretti a negarlo, a nascondersi, a far finta che quel che interessa loro sia la giustizia, o l'appoggio alle vittime.
L'ipocrisia è l'omaggio che il vizio rende alla virtù, come diceva François de La Rochefoucauld, e ha di buono il fatto di non potersi affermare, di ammettere implicitamente il proprio errore.
Per cui quando politicanti di sinistra e di destra, sindacalisti, sindaci santoni, rifondatori vari, cattolici integralisti e progressisti nascondono - magari anche a se stessi - il loro antisemitismo con l'amicizia per i poveri palestinesi maltrattati, in questo dobbiamo vedere comunque un seme di ottimismo, l'impossibilità di dirsi semplicemente nemici degli ebrei.
E poi, soprattutto, c'è Israele, la sua forza, la sua straordinaria vitalità, la sua capacità di cambiare e di crescere. A maggio il paese farà 65 anni, che per gli stati è già un'età ragguardevole (l'Italia e la Germania unitaria ne hanno poco più del doppio, gli Usa poco più di tre volte tanto, la maggior parte degli stati europei che sono oggi indipendenti molto meno).
Certo, i nemici continuano a fargli la guerra, l'Iran persegue un programma di armamento atomico con l'obiettivo ufficiale di “cancellarlo dalla carta geografica”, gli stati occidentali hanno un atteggiamento di incredibile arroganza, sentendosi liberi di mettere in discussione la localizzazione della sua capitale o il riconoscimento delle sue università o i suoi programmi di edilizia popolare.
Israele è davvero l'ebreo fra gli stati, marchiato dalla stella gialla e messo idealmente nel ghetto di coloro che non hanno gli stessi diritti degli altri.
Ma come spesso hanno fatto gli ebrei, dalle discriminazioni e limitazioni e intimidazioni sa trarre combattività e identità, reagisce con forza e determinazione, non solo sopravvive ma fiorisce e compete.
L'industria hi-tech israeliana è una delle migliori del mondo, la sua agricoltura fa scuola, la sua economia è in condizioni straordinariamente migliori della maggior parte del mondo avanzato, la sua letteratura, il suo cinema, la sua arte, la sua danza sono vivacissime e di altissima qualità, la democrazia continua a essere piena di vitalità, cioè di contraddizioni e di differenze, la sua difesa continua a svilupparsi e a sorprendere per la capacità di tutelarsi contro nemici di scala e tattica diversissima, dai microterroristi che cercano di ammazzare ebrei con le pietre e le bombe molotov fino alle minacce nucleari dell'Iran passando per i movimenti di guerriglia che praticano con astuzia mortale (soprattutto per il loro popolo) la guerra asimmetrica e per gli specialisti in guerra legale e diplomatica.
Iron Dome in questo è solo un sintomo: Israele è il luogo al mondo dove l'innovazione è continua e tumultuosa; anche nella difesa la tecnologia israeliana ha la capacità di rovesciare i giochi, come si è visto nei mesi scorsi. Anche sul piano tattico la situazione è eccellente.
Certo, vi sono serie ragioni di preoccupazioni per la conquista islamista di tanti paesi; ma finora le rivolte arabe hanno danneggiato soprattutto i popoli che vi si sono fatti coinvolgere e l'egemonia americana, per colpa della guida demenziale di Obama. Ma eserciti relativamente potenti come quello siriano ed egiziano, invece di preparare la loro quinta o sesta guerra contro Israele si devono dedicare alla repressione delle piazze e alla guerra civile.
Insomma il caos regna fra i nemici e questo fa male soprattutto a loro, anche se in futuro potranno emergere minacce irrazionali ed estreme. E anche l'Iran e la Turchia, che negli anni scorsi si erano dedicati diversamente ma in maniera convergente a far del male a Israele, hanno oggi altre emergenze cui pensare.
Infine il paese è guidato da forze politiche che vedono con realismo la situazione, che non intendono ripetere gli errori del passato (Oslo, l'uscita da Gaza e dal Libano meridionale) e che però sanno fare i conti col mondo, sono capaci di arginare la guerra diplomatica in corso.
Insomma, c'è ragione di essere ottimisti. Preoccupati, ma ottimisti. C'è ragione di sperare che l'anno 2013 possa essere un anno migliore di quello passato, che la crisi economica occidentale si rimargini, che Israele non sia più costretto a difendere con le armi la tranquillità del proprio territorio.
Possiamo sperare nella conferma della coalizione che governa Israele con soddisfazione dell'elettorato e consapevolezza dei problemi storici.
Il che non significa che possiamo abbandonarci alla soddisfazione e ritirarci alla contemplazione delle stelle.
Il nostro ottimismo non può che essere combattivo, determinato, in guardia. Possiamo farcela, possiamo cointribuire a produrre un mondo migliore, se ci impegnamo a farlo. Possiamo anche sperare in un Medio Oriente pacificato, in cui gli arabi avranno imparato ad accettare la presenza di Israele e si decideranno finalmente a riportare la regione in una sitruazione di normalità, se non l'amicizia reciproca, almeno la tranquillità e il riconoscimento.
E' possibile anche questo, se Israele continuerà a essere forte abbastanza e abbastanza lucido e ben guidato.
Come diceva Theodor Herzl, se lo vorrete, se sapremo volerlo, davvero e lottare per ottenerlo, non sarà un sogno.

Buon 2013 ai nostri lettori

Ugo Volli


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