Osservazioni sulla Corte Suprema di Israele
Commento di Vitaliano Bacchi
Vitaliano Bacchi Il palazzo della Corte Suprema a Gerusalemme
C'è un caratteristica tecnica e procedurale che contraddistingue la più autorevole e prestigiosa scuola giuridica del mondo, quella giudaica.
Questa caratteristica è il formalismo, conseguenza ovvia del razionalismo giuridico tipicamente ebraico, sia il razionalismo fondamentale dei padri (Maimonide, Spinoza) che l'integralismo giuridico della Torah (Deuteronomio 27,26).
Nessun giurista di scuola ebraica, sia un talmudista, sia solo un razionalista, sia infine e nient'altro che un formalista puro secondo la teoria di Kelsen, si sottrae a questo destino ed è anche ovvio che sia così: appartenere alla più autorevole e prestigiosa scuola giuridica di tutti i tempi induce ovviamente ad un orgoglio e ad una forma mentis sufficiente che tuttavia non è senza problemi pratici nella giusta applicazione della legge.
Questo formalismo è infatti una strada che può portare a sorprese.
Da presidente della repubblica, Sandro Pertini ebbe modo di incontrare in una pubblica cerimonia il presidente della Cassazione di allora, il magistrato Ernesto Eula, uno dei tanti magistrati che avevano condiviso e applicato rigorosamente la legislazione del fascismo: lo guardò con sarcasmo e gli disse ”Lei è uno dei giudici che mi hanno condannato in contumacia a 10 mesi di carcere per atti contrari al regime fascista”.
E il magistrato, come da copione, rispose: “Non ho fatto altro che applicare la legge vigente a quel tempo”.
Facile e scontato per un giudice liquidare in questi termini la questione.
Si sarebbe dovuto rispondere a questo integerrimo magistrato che, con un ragionamento come il suo, gli imputati di Norimberga sarebbero stati tutti assolti, perchè anche loro avevano applicato la legge del terzo Reich, così come Kappler non fece che obbedire ad un ordine, alle fosse ardeatine, e quindi applicare la gesetzkriege.
Basta la conformità formale alla legge per giustificare l'omicidio o concorrere in una criminale ingiustizia?
E' un tema che si riaffaccia quotidianamente nella prassi giudiziaria e che, sul piano tecnico, si affronta generalmente contrapponendo l'eticità della logica giuridica concreta di Radbruch a quella pura e formale di Kelsen, due giuristi tedeschi che contrapposero le rispettive teorie del diritto sul piano della eticità e cioè rivendicando in un caso il prevalere della forma su quello della sostanza e nell'altro caso il prevalere dell'etica concreta sulla lettera della legge.
Il deputato arabo del parlamento israeliano, la signora Hanin Zohabi è stata espulsa dalla Commissione elettorale della Knesset perchè la sua pluriennale propaganda politica antisionista aveva raggiunto toni ormai odiosi e insopportabili da farne ritenere la incompatibilità istituzionale con la carica parlamentare. Una decisione dovuta e inevitabile.
Nondimeno, nel sistema costituzionale israeliano, decisioni come questa sono suscettibili del sindacato di legittimità della Corte Suprema, l'organo giurisdizionale che giudica i provvedimenti parlamentari che investono il diritto dei membri del parlamento alla libera espressione di opinioni politiche e che può cassare il provvedimento sanzionatorio espulsivo con effetti anche automatici di restituzione al consesso parlamentare del membro espulso, come nel caso della Zohabi, una delle più temibili sostenitrici della causa palestinese e della natura abusiva e criminale dello stato sionista.
I più avveduti osservatori politici e i giuristi più esperti, in Israele, temono che il forte garantismo della giurisprudenza costituzionale israeliana e il suo rigoroso formalismo legalitario, possano ancora una volta cassare la decisione parlamentare per violazione del diritto politico alla libera espressione dei propri convincimenti e quindi legittimare anche per il futuro quella che ormai è una evidenza di fatto: la libertà ed anzi il diritto per il politico di auspicare la distruzione dello Stato di cui è membro parlamentare.
Sono aberrazioni di una ideologia formale ed integralista della legge che costituisce la conseguenza storica di un integralismo giuridico-religioso tipico della civiltà islamica e che, purtroppo, nella cosiddetta “ortodossia” ebraica presenta caratteri analogici innegabili.
Noi auspichiamo che in una grande civiltà giuridica come quella israeliana finisca per prevalere una spinta riformista ed evolutiva in senso contrario a questo indirizzo, che consideriamo l'effetto di una “islamizzazione” della ideologia e della prassi giuridica, che nel giure ebraico ha una tradizione fortissima ed autonoma rispetto quella islamica. Perchè il modello di questo integralismo, la dogmatica islamica non lo ha inventato e lo ha solo mutuato dalle scuole farisaiche e zelote dalla tradizione ebraica.
Resta un passo da fare e che comporterebbe la prova di una scelta coraggiosa finale e democratica alla quale Israele non può sottrarsi: evolvere il sistema verso la modernizzazione occidentale del diritto e della giurisdizione, affrancando la funzione militare e politica dalla giurisdizione, sul presupposto che di fronte alla funzione politica la giurisdizione è inefficace e - se attivata - soccombe, nel senso che l'una può inibire l'altra e non viceversa.
Sarebbe una grande conquista ed un definitivo allineamento ai sistemi costituzionali occidentali più avanzati, oltre che un vero e proprio ulteriore moto di emancipazione da un integralismo giuridico-religioso che purtroppo ha già creato troppi guai alla Israele che conta: quella che combatte l'imperitura battaglia contro un fronte arabo che non accettera' mai la sua esistenza, dentro e fuori il suo parlamento.