sabato 21 settembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
30.12.2012 Assad: fine di una carriera criminale
La cronaca di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 30 dicembre 2012
Pagina: 17
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Assad isolato, teme di essere ucciso»

Sulla STAMPA di oggi, 30/12/2012, a pag.17, con il titolo "Assad isolato, teme di essere ucciso", Maurizio Molinari racconta la vita quotidiana del dittatore siriano.

                                                                                    Maurizio Molinari

Bersagliato dai tradimenti, isolato nel reticolo di bunker nelle viscere di Damasco, invisibile da quasi due mesi, testimone dei progressi dei ribelli e minacciato di vendetta perfino dalla cugina della moglie: il presidente siriano Bashar Assad appare sempre più debole, sebbene ancora sostenuto dagli alawiti. È questa la valutazione che accomuna alti funzionari americani, arabi e dell’Onu impegnati a seguire da vicino quanto sta avvenendo in Siria a 21 mesi dall’inizio di una rivolta che ha già causato almeno 44 mila vittime.

«I movimenti di Assad suggeriscono che vive assediato da una costante paura», afferma al «Washington Post» una fonte diplomatica mediorientale, secondo cui il raiss «non si fa vedere in pubblico di giorno per paura dei cecchini, cambia letto ogni notte e ha aumentato il controllo sul cibo per non essere avvelenato». La sua ultima apparizione in tv risale a inizio novembre: da allora i siriani non lo hanno più visto, come a essere scomparsa è la moglie Asma, che secondo fonti siriane sarebbe incinta del quarto figlio di Bashar. La cugina di Asma, Rasha Ahras, ha postato sul sito dei «Cristiani siriani a favore della rivoluzione» il primo atto di ribellione famigliare: «La mia Homs è distrutta, Assad sarà portato davanti alla giustizia di Allah per ciò che sta causando alla nostra nazione».

«La situazione si sta evolvendo con rapidità - commenta un funzionario dell’Onu chiedendo l’anonimato - e la realtà sul terreno potrebbe modificarsi anticipando la diplomazia». A spiegarne il motivo è Jeffrey White, l’ex analista di intelligence del Pentagono ora in forza del «Washington Institute», secondo il quale «tre elementi contribuiscono all’indebolimento di Assad». Anzitutto «gli oppositori combattono meglio, controllano le linee di comunicazione a Idlib, Aleppo e Raqqa, hanno posti di blocco, caserme e stazioni di polizia, riescono a strappare terreno al regime» in maniera analoga a quanto fatto dai ribelli della Cirenaica nei confronti del regime di Gheddafi avanzando in Tripolitania. In secondo luogo «la rivolta si alimenta con le armi catturate all’esercito regolare, dai missili anticarro a quelli antiaerei, al punto da non aver quasi più bisogno di quelle che arrivano da fuori» e anche qui c’è il parallelo con il precedente libico, perché la cattura degli arsenali di Gheddafi accelerò la marcia su Tripoli.

Infine, «la guerra di attrito non giova al regime, perché perde circa 5000 soldati al mese, 1000 morti e 4000 feriti, mentre i ribelli registrano in media 850 vittime ma hanno più facilità a sostituirle» grazie alle defezioni governative. Sono questi i motivi per cui l’uso di aerei, elicotteri e missili Scud non è servito per riprendere il controllo della situazione, lasciando Assad con l’ultima carta delle armi chimiche, che però innescherebbe l’intervento americano.

Per Andrew Tabler, autore del libro su Assad «Nella tana del leone», l’unico sostegno che rimane al raiss sono gli alawiti, l’etnia a cui lui appartiene e che esprime oltre l’85 per cento degli ufficiali. «Grazie agli alawiti Assad resiste, ma non è più in grado di vincere», aggiunge Tabler, facendo capire che il conto alla rovescia è iniziato. È tale scenario che ha spinto Ahmed Moaz al-Khatib, l’imam sunnita capo della coalizione dell’opposizione, a rifiutare l’invito a recarsi a Mosca per incontrare il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, con un affronto che sottolinea l’indebolimento del Cremlino in Medio Oriente. L’alleato russo ondeggia sul raiss: Putin la scorsa settimana si è detto «non preoccupato per la sorte di Assad», mentre Lavrov ribadisce che «l’insistenza nel cercarne la rimozione porterà solo ad aumentare le vittime».

Per inviare alla Stampa la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT