Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 28/12/2012, a pag. 15, l'articolo di Giordano Stabile dal titolo "E le monarchie del Golfo uniscono le forze contro l’Iran".
Sciiti e sunniti
E’ una faglia che taglia in due il Medio Oriente e diventa sempre più calda. Da una parte le potenze sciite, schierate con l’Iran, dall’altra il blocco sunnita che ruota attorno all’Arabia Saudita e si salda in questo momento con le posizioni dell’Occidente e di Israele. La divisione fra i due rami dell’Islam è secolare ma adesso ha assunto la caratteristica di una contrapposizione militare. I due blocchi si armano, combattono per interposta persona nella guerra civile siriana, si fronteggiano in quella sempre latente libanese, rischiano di frantumare l’Iraq. Mentre il dossier nucleare iraniano è l’innesco che potrebbe scatenare una guerra aperta.
Il via libera a un eventuale attacco israeliano spetta sempre agli Stati Uniti. A frenare il dito sulla leva di sparo sono le conseguenze di un conflitto nel Golfo Persico, dove transita un terzo del greggio prodotto nel mondo. La faglia attraversa lo stretto braccio di mare e vede fronteggiarsi l’Iran e le piccole monarchie del Golfo, a poche decine di chilometri. Emirati e principati non si sono mai sentiti così piccoli. La crisi sta spingendo verso un’integrazione militare accelerata. Tre giorni fa i Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo (il Gcc) hanno annunciato la nascita di un «comando militare unificato»: un passo in senso federale che l’Unione europea non è riuscita a fare in sessant’anni. Arabia Saudita, Kuwait, Bahrein, Emirati arabi e Oman hanno poi ammonito l’Iran: «Non interferisca nel Golfo», e avvertito: «Il massacro in Siria va fermato».
Sugli armamenti l’integrazione procede ancora più spedita. In questo senso va l’acquisto di 12 cacciabombardieri Eurofighter da parte dell’Oman, sette giorni fa. L’Arabia, Paese leader, ne ha già ordinati 72 e altri sono in opzione. Anche Kuwait e Emirati arabi sono interessati al caccia prodotto da un consorzio europeo. Il Rafale francese e gli omologhi statunitensi sembrano scartati. Per ragioni di omogeneità: il Gcc si avvia a costruire un’aviazione integrata (150-200 aerei dello stesso tipo) in grado di difendere la regione da una rappresaglia iraniana. E non solo: gli Eurofighter possono essere configurati per l’attacco e potrebbero partecipare a un’offensiva su Teheran. Più legati all’opzione solo difensiva sono gli ordini di acquisti di missili anti-missile Patriot da parte di Kuwait, Qatar e Arabia Saudita.
Nel mondo che marcia spedito verso aggregazioni continentali, o almeno regionali, il Gcc brucia le tappe. È in cantiere la creazione di una moneta unica entro il 2020. Il blocco del Golfo conta 42 milioni di abitanti e un Pil di 1380 miliardi di dollari (l’Iran: 74 milioni di abitanti, Pil di 860 miliardi). È politicamente ed economicamente coerente: monarchie autoritarie che vivono della rendita petrolifera. Con un punto debole: minoranze di sciiti (in Medio Oriente sono 120 milioni contro 200 milioni di sunniti) messi ai margini e in stato di agitazione permanente.
Il caso del Bahrein è cruciale. Il regno era parte della Persia fino al 1783, la minoranza sciita qui è maggioranza e la dinastia sunnita al potere - gli Al Khalifa - ha rischiato di far la fine dei raiss tunisini ed egiziani. L’ha salvata l’intervento di 4 mila militari sauditi. Le manifestazioni sono continuate. La repressione pure. Venti medici che avevano curato i dimostranti negli ospedali sono stati condannati a 15 anni di galera. Altre condanne hanno colpito blogger e attivisti, come Zainab alKhawaja.
La compressione del dissenso, anche se non ha le dimensioni brutali di quella in atto in Iran, coinvolge tutte le monarchie del Golfo: il 7 dicembre, in Qatar, è stato condannato all’ergastolo per reati di opinione («aver insultato il principe ereditario») il poeta Muhammad Al Ajami. L’Occidente protesta, sottovoce, ma il dominus della regione è l’Arabia Saudita. Le altre sono monarchie a sovranità limitata, come i granducati del Sacro romano impero nel Medioevo. E di fronte al pericolo iraniano, tutto il resto passa in secondo piano.
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