Il Vaticano è il portavoce degli arabi palestinesi?
Commento di Giulio Meotti
(Traduzione di Yehudit Weisz)
http://www.israelnationalnews.com/Articles/Article.aspx/12626
Giulio Meotti Vaticano Abu Mazen con Benedetto XVI
Il Vaticano sta prendendo attivamente parte al conflitto in Medio Oriente – da una posizione ‘ judenrein ‘, lavorando alacremente, nelle ultime settimane, per ridurre Israele all’interno delle indifendibili linee del cessate il fuoco del 1967 .
Papa Benedetto ha appena incontrato a Roma il capo dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas, compiacendosi della recente risoluzione delle Nazioni Unite in favore di uno Stato palestinese non membro. “Si spera che (la risoluzione) incoraggerà l’impegno della comunità internazionale per trovare una soluzione equa e duratura del conflitto israelo-palestinese”, si leggeva in un comunicato del Vaticano.
Abbas si era anche incontrato con il Segretario di Stato, Cardinale Tarcisio Bertone, accompagnato da S.E. Mons. Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati. Il Vaticano ha applaudito il voto dell’Assemblea Generale dell’ONU come “base giuridica” per lo Stato palestinese. Simbolicamente, il leader arabo palestinese ha donato al Papa un mosaico del Sepolcro di Gerusalemme, che recava la scritta: “Abu Mazen, Presidente dello Stato di Palestina”.
Il giorno in cui le Nazioni Unite avevano votato sì al riconoscimento dello “Stato palestinese”, il Vaticano aveva commentato che “si tratta di un’occasione propizia per ricordare la posizione comune che la Santa Sede e l’Organizzazione per la Liberazione Palestinese avevano espresso nell’Accordo di base del 15 febbraio del 2000, destinato a sostenere anche il riconoscimento di uno statuto speciale e garantito a livello internazionale per la città di Gerusalemme, “.
Nel memorandum firmato dai funzionari del Vaticano e dell’OLP, un’organizzazione di negazionisti che ora è ufficialmente dedita alla deportazione di massa degli ebrei di Israele, la Chiesa cattolica vuole che Israele rinunci alla sovranità del Muro Occidentale ( del Pianto) e del Monte del Tempio.
Il preambolo dell’accordo tra Vaticano e OLP su Gerusalemme dimostra che l’atteggiamento del Vaticano sulla capitale di Israele è ancora prigioniero dell’imperdonabile retorica degli anni ‘40. L’invito del Vaticano per l’internazionalizzazione della città, recentemente ribadito dal cardinale Jean-Louis Tauran, Capo del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, è impresentabile e anacronistico.
Invece di collaborare con lo Stato ebraico e riconoscere che l’unico modo per garantire la libertà religiosa è quello di mantenere l’unità di Gerusalemme sotto la sovranità israeliana, il Vaticano abbraccia la causa della fine della sovranità ebraica. E’questo il significato del sostegno del Vaticano al terrorismo diplomatico arabo palestinese presso le Nazioni Unite. Il memorandum tra il Vaticano e gli arabi palestinesi comprende una condanna di “decisioni unilaterali e azioni che alterano il carattere specifico e lo status di Gerusalemme”. Ma l’atto più palesemente unilaterale negli ultimi anni è stato l’illegale progetto antisemita sul Monte del Tempio condotto dal Waqf, la fondazione religiosa islamica.
La Chiesa cattolica, che ora ha scoperto l’esistenza di “diritti” a Gerusalemme, era rimasta totalmente in silenzio anche tra il 1948 e il 1967, quando i suoi rappresentanti avevano assistito al saccheggio sistematico delle sinagoghe. A quel tempo, l’ambasciatore del Vaticano, dalla sua residenza ai piedi del Monte degli Ulivi, poteva osservare da assai vicino la distruzione di oltre 40.000 tombe ebraiche nel più antico cimitero ebraico del mondo.
“Le Chiese della Terra Santa sostengono la realizzazione dell’Autorità Nazionale Palestinese all’unanimità”, ha appena detto in una dichiarazione a un’agenzia di stampa vaticana, il Vicario patriarcale per la Giordania del Patriarcato latino di Gerusalemme, Mons. Maroun Lahham. Poi è stata la volta del Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, che aveva già accolto con entusiasmo l’accordo raggiunto tra Hamas e Fatah, nonostante che negli gli accordi sia l’OLP che Hamas si richiamassero all’uso della violenza contro gli ebrei: “Per una volta la comunità internazionale e i leader delle nazioni hanno avuto il coraggio di non essere influenzati dalle pressioni e di decidere in coscienza, senza calcolo. Sono grato e felice per questa libertà”. Il Patriarca Twal, nominato da Papa Benedetto XVI, è stato alla Casa Bianca per un incontro con l’amministrazione degli Stati Uniti al fine di sostenere il riconoscimento palestinese alle Nazioni Unite.
Per non essere da meno, la Conferenza americana dei Vescovi Cattolici ha inviato una lettera al Congresso degli Stati Uniti nella quale si dichiarava contraria al taglio degli aiuti ai palestinesi. Un’altra lettera è stata inviata dal vescovo Richard E. Pates, Presidente del Comitato dell’USCCB sulla Giustizia Internazionale e sulla Pace, in risposta al Congresso che doveva decidere in merito al taglio agli aiuti, dopo il voto alle Nazioni Unite. Pates inoltre ha esortato il Segretario di Stato Hillary Clinton a “rafforzare con vigore la netta opposizione degli Stati Uniti alle raccomandazioni del Rapporto della Commissione Levy riguardo ai contatti con il governo di Israele”.
Pochi giorni fa, William Shomali, Vicario Patriarcale del Patriarcato Latino di Gerusalemme,non solo ha condannato la decisione di Israele di costruire nuove case tra Gerusalemme e Maaleh Adumim, ma ha anche spiegato che Israele deve rendere Judenrein tutta la Giudea e la Samaria e evacuare “ quel 22 per cento dei territori che sono occupati e non ‘contesi’ ”.
Inoltre 100 leader cristiani da Israele e dalle zone palestinesi hanno promosso un documento in cui si legge che “l’occupazione israeliana della terra palestinese è un peccato contro Dio e l’umanità”. Tra i firmatari si trova il Patriarca emerito Michel Sabbah, Monsignor Rafik Khoury (Seminario del Patriarcato Latino), Sami El-Yousef (Pontificia Missione per la Palestina) e Claudette Habash (Segretario Generale della Caritas, il braccio umanitario del Vaticano più importante del mondo).
Mons. Antonio Franco, che ha appena lasciato il suo incarico di nunzio vaticano, o ambasciatore, in Israele, sarà ricordato come l’inviato che ha condotto la battaglia della Chiesa cattolica per cancellare il nome di Papa Pio XII allo Yad Vashem. La campagna è stata salutata come un successo da parte del Vaticano, dopo che il Museo israeliano della Shaoh aveva accettato di sostituire una didascalia nella quale veniva ricordato che Pio XII non aveva fatto abbastanza per fermare il genocidio di sei milioni di ebrei da parte della Germania nazista durante la seconda guerra mondiale. Se in tempo di guerra il Vaticano avesse preso una posizione morale contro il nazismo, il risultato sarebbe potuto essere diverso per il popolo ebraico.
Questo accadeva nel 1943. Ma nel 2013 la Chiesa dovrebbe essere più informata. Eppure, com’è stato durante la Seconda Guerra Mondiale, il Vaticano sta di nuovo perseguendo causa comune con coloro che cercano di fare pulizia di ebrei come al tempo della Germania nazista. Il desiderio di Papa Benedetto XVI di riconoscere lo Stato palestinese prima ancora che questo sia sorto (e non è certo che avverrà) ricorda l’impazienza di un altro Papa, Pio XII, di riconoscere il regime nazista quattro mesi dopo la sua istituzione.
Giulio Meotti è l'autore di " Non smetteremo di danzare " (Lindau Ed.) pubblicato in inglese con il titolo " A New Shoah", scrive per Yediot Aharonot, Wall Street Journal, Arutz Sheva, FrontPage Mag,The Jerusalem Post, Il Foglio. E' in preparazione il suo nuovo libro su Israele e Vaticano