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Elezioni in Israele: finora una campagna dai toni tranquilli (Traduzione di Angelo Pezzana) Manfred Gerstenfeld
A meno di un mese dalla data del 22 gennaio, la campagna elettorale è alquanto tiepida. Il governo annuncia vari provvedimenti, incluse le costruzioni nelle colonie, l’opposizione le critica mentre i politici rilasciano dichiarazioni. L’interesse fra gli elettori è modesto. Il 13 dicembre scorso, l’Avvocato Generale dello Stato Yehuda Weinstein aveva indiziato il Ministro degli Esteri Avigdor Lieberman con l’accusa di abuso di fiducia e frode, la più grave riguardava il riciclaggio di denaro, mentre quella sulla frode, dopo aver indagato per dodici anni, era stata chiusa. Quando la nuova accusa fu diffusa, i partiti di opposizione chiesero subito le sue dimissioni, che Lieberman diede il giorno successivo, tacitando con questo gesto gli avversari. Tzipi Livni e il suo “Movimento” dissero che le sue dimissioni erano la cosa giusta da fare, augurandogli un ‘processo in tempi brevi’. Naftali Bennet, il nuovo leader del partito nazionale religioso “La casa degli ebrei”, dal canto suo, ha creato una certa confusione quando ha dichiarato che si sarebbe rifiutato di espellere ebrei dalle loro case. Sia il Likud che i partiti dell’opposizione l’hanno duramente criticato. In parte ha poi rettificato, dicendo “ In quanto ho guidato i soldati in molte operazioni, mi oppongo con tutto il mio cuore e con il ragionamento dal disobbedire a un ordine. Ho ubbidito sempre per 22 anni agli ordini ricevuti da militare e continuerò a farlo”, con questo mettendo fine ad una polemica imbarazzante. Quel che succede sul versante palestinese poi, non incoraggia i partiti del centro-sinistra a sostenere la richiesta che Israele sia pronta ad altre concessioni. Il leader di Hamas, Khaled Mashal, visitando Gaza per la prima volta in quaranta anni, ha dichiarato che l’obiettivo del suo movimento è sempre la distruzione di Israele.” Oggi tocca a Gaza, domani sarà Ramallah, poi Gerusalemme, dopo Haifa e Jaffa” ha aggiunto. Meno di due settimane dopo, un sondaggio condotto dal “ Palestinian Center for Policy and Survey Research” ha rivelato che il 48% dei palestinesi avrebbero votato per Ismail Haniyeh, attuale Primo Ministro a Gaza, quale Presidente palestinese, sconfiggendo Abu Mazen, al quale andava solo il 45% dei voti. La condanna internazionale all’annuncio di nuove costruzioni da parte del governo non ha impressionato gli israeliani, che paragonano queste dichiarazioni dei vari governi alla sottovalutazione delle atrocità e dei massacri di massa nei paesi musulmani. I sondaggi continuano a rivelare che gli elettori, nel centro-destra e nel centro-sinistra, non ne sono affatto influenzati. Lo “ Smith Research Poll for Israel Radio” del 20.12.2012 dà al centro-destra 67 seggi e 43 al centro-sinistra, ai partiti arabi 10. Se queste previsioni si manterranno, in paragone con l’attuale Knesset, il centro-destra avrà un seggio in più a spese del centro-sinistra e un altro tolto ai partiti arabi. Questo sondaggio conferma le stime precedenti: ci sarà battaglia fra diversi gruppi. Il sondaggio Smith dava alla coalizione “Likud-Israele è la nostra casa” solo 36 seggi contro gli attuali 42, mentre tutti i sondaggi danno in ascesa il Partito “La casa degli ebrei”. In questo sondaggio gli vengono attribuiti 11 seggi, mentre oggi le due forze insieme che lo compongono ne hanno 5. Dopo che Bennet ha smentito le sue affermazioni sul rifiuto di obbedire agli ordini, il Primo Ministro Netanyahu ha dichiarato che non ci sono preclusioni al suo ingresso nella coalizione. Una dichiarazione per ora poco impegnativa, perché saranno i risultati definitivi a determinare la coalizione vincente. I partiti di centro-sinistra si augurano che i temi sociali diventino centrali nella campagna elettorale. Nel 2011 vi furono grandi dimostrazioni pubbliche contro il governo su questo tema. E’ però probabile che ci saranno cambiamenti di voto all’interno delle medesime coalizioni. Un sondaggio “Dahaf” per il “ Jerusalem Center for Public Affairs” ha rivelato che l’83% degli elettori non crede che un ritorno ai confini del 1967 e la divisione di Gerusalemme porrebbe fine al conflitto. Il 78% degli elettori ebrei non darebbero il voto a un partito che accettasse l’abbandono della sovranità su Gerusalemme Est. Questo indica che il problema della sicurezza diventa sempre più il tema centrale della campagna elettorale a scapito del processo di pace. Manfred Gerstenfeld fa parte del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs, dove è stato presidente per 12 anni. Collabora con Informazione Corretta |
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