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Libero Rassegna Stampa
23.12.2012 Algeria, culla di terrorismo, il nuovo libro di Souad Sbai
La recensione di Andrea Morigi

Testata: Libero
Data: 23 dicembre 2012
Pagina: 29
Autore: Andrea Morigi
Titolo: «L'Algeria senza memoria culla del terrorismo»

Su LIBERO di oggi, 23/12/2012, a pag.29, con il titolo " L'Algeria senza memoria culla del terrorismo ", Andrea Morigi recensisce il nuovo libro di Souad Sbai " Le ombre di Algeri".

Andrea Morigi

Al fallimento generale dei regimi laicisti arabi è scampata per ora soltanto l’Algeria. I venti che dalla Tunisia hanno soffiato verso Est, non l’hanno attraversata. Non per questione geografica, evidentemente, ma per via di una guerra civile che ha sommerso il Paese nel sangue per «dieci anni di sofferenze nei quali sono morte centinaia di migliaia di persone. Sono stati sterminati interi villaggi, puntini minuscoli nella cartina geografica, spazzati via dalla furia dell’estremismo». Ce lo ricorda Souad Sbai ne Le ombre di Algeri (Armando Curcio editore, pp. 192, euro 14,90), senza nutrire troppe illusioni sull’esi - to del processo di decolonizzazione, grazie al quale, dopo un sanguinoso conflitto con l’occupante, il 5 giugno 1962 la Francia abbandonò il Paese a un’indi - pendenza che «però, non segna l’avvio di una politica democratica nel Paese: successivamente, le neonate autorità algerine hanno scelto un modello socialista a partito unico. Si trattava del Fronte di Liberazione Nazionale (FLN), una formazione politica che doveva la sua esistenza alla protezione dei militari algerini che garantivano il nuovo potere costituito». Stretti fra la dittatura e la prospettiva di uno Stato islamico, gli algerini sembrano diffidare delle rivoluzioni mascherate da transizioni democratiche. Nel loro passato recente, ogni cambiamento passa per il ricorso alla violenza e loro ne hanno davvero subita troppa negli ultimi cinquant’anni. Sanno già cosa significhi, per le donne, non poter uscire di casa senza l’hijab. Lo sa purtroppo, e per un lutto personale, anche l’au - trice. Sua nonna fu uccisa dai terroristi islamici per aver sfidato il loro ultimatum che imponeva, sotto pena di morte, di indossare il velo islamico. Peraltro non sono esclusivamente la conoscenza diretta della situazione e l’esperienza personale a guidare l’analisi della Sbai, parlamentare del Pdl e animatrice di numerose realtà associative che svolgono servizi per le donne immigrate dal mondo arabo. Nel suo giudizio sugli Accordi di Roma, che nel 1995 tentarono inutilmente di porre fine alla prima fase del conflitto fra i jihadisti da un lato e il governo e la popolazione dall’altra, si affida alle testimonianze di coloro che hanno lottato in prima persona per favorire la pace, ma proprio per questo motivo ritengono sconfitta dai fatti l’opera di mediazione svolta in quegli anni dalla Comunità di Sant’Egidio. Non a caso, il 21 maggio 1996, sette monaci trappisti furono barbaramente decapitati da terroristi del Gruppo Islamico Armato e successivamente si verificarono altre stragi orribili nella regione della Cabilia. Per chi non voleva vederla, la realtà era e rimane un dato trascurabile. Così «per quasi un decennio, l’intera cultura politica algerina si è fondata sul pretesto di una presunta “pacificazione nazionale”. I politici algerini, legati al potere, hanno fatto di questo “precetto politico” uno slogan, come se in suo nome fosse possibile legittimare e ripulire qualsiasi forma di atrocità». Si potrebbe reagire con altrettanta noncuranza. In fondo sono fatti interni di un popolo, sebbene non tanto sovrano. Ma equivarrebbe a condividere altrettanta irresponsabilità, poiché dai ranghi algerini la guerra santa si è trasferita anche in Europa e nel resto del mondo. Solo perché si è fatto finta che nulla fosse accaduto.

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