Come l’Europa boicotta i prodotti di Israele
Analisi di Giulio Meotti
(Traduzione di Yehudit Weisz)
http://www.israelnationalnews.com/Articles/Article.aspx/12550
Giulio Meotti
La settimana scorsa Israele ha emesso un documento di protesta contro l’Unione Europea in merito a una conferenza in programma a Bruxelles circa l’etichettatura dei prodotti realizzati negli “insediamenti”.
Mary Robinson, ex Presidente dell’Irlanda e Alto Commissario Onu per i Diritti Umani, e Martti Ahtisaari, ex Presidente della Finlandia e vincitore del Premio Nobel per la pace, hanno appena scritto sul Guardian un saggio in cui chiedono all’Europa di boicottare le merci israeliane prodotte nei territori situati oltre la linea dell’ armistizio .
“L’Unione Europea potrebbe iniziare a differenziare le merci israeliane da quelle prodotte negli insediamenti israeliani illegali”, scrivono nel quotidiano britannico. “Una corretta etichettatura dei prodotti degli insediamenti non è una politica anti Israele. È a favore dei consumatori, della pace e del diritto internazionale”, hanno dichiarato.
Due settimane fa, ventidue ONG, tra cui Christian Aid, Irland’s Trocaire, la Chiesa metodista in Gran Bretagna, la Chiesa di Svezia, Terre Solidaire de France e l’Internazionale Medica tedesca, hanno invitato l’Unione Europea a vietare i “prodotti realizzati dai coloni israeliani nei territori occupati” .
Inoltre pochi giorni prima, l’inviato speciale delle Nazioni Unite Richard Falk, aveva chiesto di boicottare le aziende collegate agli “insediamenti ” israeliani.
Una ben più importante vittoria del boicottaggio di Israele era stata raggiunta a Durban, in Sud Africa, dove uno dei più grandi sindacati internazionali, il Public Services International, aveva votato per un documento per far avanzare il programma palestinese di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni contro Israele.
Questo è l’ultimo di una lunga lista di sindacati che avevano aderito o sostenuto il boicottaggio di Israele: la Confédération Nationale du Travail, il sindacato francese dei lavoratori; la Fiom, membro del principale sindacato italiano; il Trade Union Congress nel Regno Unito; Impact, il più grande sindacato del settore pubblico nella Repubblica d’Irlanda, e l’Alleanza del Servizio Pubblico, il più grande sindacato del settore pubblico dell’Irlanda del Nord e la Federazione sindacale svedese. Dopo che il Sud Africa aveva chiesto agli importatori a non utilizzare l’etichetta “Prodotto in Israele” per i prodotti fabbricati in Giudea e Samaria,anche il governo danese ha annunciato l’adozione di questa politica. La mossa segue una decisione britannica di consentire ai rivenditori di distinguere se le merci sono “prodotte in insediamenti israeliani” o “prodotto palestinese”.
Altri paesi europei adotteranno questa politica razzista, in base a una decisione presa nel 2010 dall’Alta Corte europea: le “zone contese”non fanno parte di Israele, per cui le merci israeliane ivi prodotte sono soggette ai dazi d’importazione dell’UE.
Questa sentenza era stata originata da una causa avviata dalla Brita GmbH, una società tedesca che importa filtri per l’acqua frizzante dalla Soda Club, una società israeliana con sede a Mishor Adumim, una delle aree industriali di Israele in Giudea e Samaria.
Ogni anno vengono esportate nell’UE merci provenienti dagli “insediamenti” – comprendenti frutta, verdura, cosmetici, tessili e giocattoli – per un valore di 220 milioni di euro. Il valore dei prodotti agricoli degli “insediamenti” nella Valle del Giordano, è stimato in circa 100 milioni di euro l’anno: oltre l’80 % dei datteri della valle del Giordano sono coltivati per l’esportazione, soprattutto verso Francia, Svizzera, Olanda e paesi scandinavi.
Ogni anno il profitto dell’azienda Ahava è di 17 milioni di dollari per le esportazioni di prodotti venduti in tutta Europa, nei negozi con il marchio Ahava, così come nelle farmacie e nelle catene di vendita al dettaglio.
SodaStream produce dispositivi domestici per la carbonatazione dell' acqua e bevande analcoliche. I suoi prodotti, conosciuti anche con il marchio Soda Club, sono confezionati nella zona industriale di Ma’ale Adumim.
Il governo britannico sta raccomandando linee guida ai rivenditori per etichettare i prodotti alimentari provenienti dagli insediamenti, che devono essere etichettati come “prodotti della Cisgiordania (prodotti d’insediamento israeliano)” e la produzione palestinese come “prodotti della Cisgiordania (prodotti palestinesi)”.
Queste linee guida sono state accolte dalla grande distribuzione alimentare e sono osservate dai grandi supermercati. Inoltre, in seguito all’introduzione di queste linee guida, i grandi supermercati hanno deciso di cessare di apporre il marchio d’origine dei propri prodotti alimentari provenienti dagli insediamenti. In Norvegia, due dei principali importatori di verdure, Bama e Coop, hanno sottoscritto un accordo con i propri fornitori in Israele in cui precisano che non riforniranno più frutta e verdura prodotte negli insediamenti.
Il Gruppo delle Cooperative del Regno Unito ha chiuso tutti gli scambi commerciali con i fornitori di prodotti provenienti sia dagli insediamenti israeliani sia dallo stesso Israele: la Co-op ha annullato i propri contratti (del valore di 350.000 sterline), con quattro dei suoi fornitori israeliani (Agrexco, Mehadrin, Arava, e Adafresh).
La Oil Fund della Norvegia ha ritirato il suo fondo d’ investimenti da Africa-Israel e da Danya Cebus adducendo come motivazione il loro coinvolgimento nella “costruzione degli insediamenti”. La Co-op svedese ha bloccato tutti gli acquisti di dispositivi della SodaClub. La Unilever, che produce prodotti casalinghi come lo shampoo Sunsilk e la vaselina, ha venduto la sua quota del 51% nelle fabbriche degli insediamenti di Beigel.
Abbiamo ottenuto una copia del documento appena pubblicato dall’Unione Europea con un elenco delle sedi israeliane al di là della Linea Verde.
Il documento ha lo scopo di sostenere “l’esclusione dei prodotti degli insediamenti da un trattamento preferenziale”.
Si tratta di un elenco molto dettagliato di tutte le città ebraiche in Giudea e Samaria che devono essere isolate, segnalate e boicottate, compreso il codice di avviamento postale e il nome della città, del villaggio o della zona industriale dove la produzione che conferisce lo status di prodotto di origine preferenziale è avvenuta; questo per provarne l’origine, o la provienienza da Israele.
Una nota stabilisce chiaramente: “Gli operatori sono invitati a consultare la lista prima di presentare una dichiarazione in dogana per il rilascio di merci a libera circolazione, a sostegno della quale intendono fornire la prova dell’origine preferenziale rilasciata o compilata in Israele. Se trovano il codice postale che appare sulla prova dell’origine in loro possesso nella lista delle destinazioni non ammissibili, devono rinunciare a chiedere la preferenza”.
Le comunità elencate non sono ammesse per il libero scambio nell’ambito dell’accordo del 1995 che regolamenta il libero scambio tra UE e Israele. C’è anche l’ortografia corretta in ebraico, da Merom Golan a Beit El, Sha’arei Tikva e Elkana, Alfei Menashe e Bracha, Halamish (“anche chiamato Neve Tzuf”) e Kiryat Arba, Psagot e Ofra.
Questa lista nera del boicottaggio non solo vìola il libero commercio internazionale, ma è un ostacolo alla convivenza in Medio Oriente e fomenta la rinascita del razzismo.
Il boicottaggio dell’UE ricorda il primo boicottaggio nazista degli ebrei nel 1933, quando i giovani tedeschi sventolavano manifesti in tedesco e inglese sollecitando il boicottaggio: “ Tedeschi, difendetevi dalla propaganda ebraica sulle atrocità ” Il manifesto della lobby del boicottaggio ora dice: “ Europei, difendetevi dalla propaganda israeliana sulle atrocità ”.
Dove è la differenza?
Si prova la stessa sensazione d’impotenza raccontata dal grande filologo Viktor Klemperer (1881-1960), un testimone del boicottaggio nazista, autore di >Testimoniare fino all’ultimo< (Ed.Mondadori) : “Il boicottaggio inizia domani . Cartelli gialli, uomini di guardia, pressione a pagare ai dipendenti cristiani due mesi di stipendio, e licenziare quelli ebrei ... Nessuna risposta alla lettera commovente degli ebrei al Presidente del Reich e al governo. Nessuno osa reagire”.
Sostituiamo i cartelli con le etichette, i cristiani con gli europei e gli ebrei con Israele.
Nessuno osa reagire.