Lettera aperta agli Stati Europei
Commento di Dror Eydar
(versione italiana di Sharon Nizza)
http://www.israelhayom.com/site/newsletter_opinion.php?id=3021&r=1
Cari Europei,
avete convocato i nostri Ambasciatori per rimproverarli di una delle cose più naturali al mondo per un popolo: abitare la propria terra.
Ma vi siete sbagliati. Non ci siamo insediati in “territori palestinesi occupati”. Questa è la nostra terra, l’unica patria del popolo ebraico. Non siamo tornati su queste terre a causa dei pogrom né tantomeno della Shoah: non vi abbiamo chiesto alcun favore, “a scapito dei palestinesi”, per farvi rimediare al passatempo di lunga data di sterminare, uccidere e disperdere gli ebrei.
Siamo tornati a casa perché questo era il nostro desiderio profondo da generazioni. Non abbiamo mai rinunciato al sogno del ritorno a Sion.
Ovunque nel mondo, gli ebrei hanno sempre pregato rivolti verso Gerusalemme. Tre volte al giorno, ogni giorno, ne hanno invocato il ritorno. Ogni volta che spezzvano il pane, ringraziavano Dio e non si dimenticavano di chiedere “misericordia per Sion” e “che Gerusalemme sia ricostruitai”. Nel giorno più felice della loro vita, ogni sposo e ogni sposa hanno pronunciato il giuramento degli esuli di Sion “se ti dimentico, oh Gerusalemme, si paralizzi la mia mano destra”. Il calendario degli ebrei in esilio era regolato in base alle stagioni della Terra d’Israele. Il nostro popolo ha iniziato a tornare verso la propria terra in gruppi sempre più grandi già cento anni prima della fondazione del Movimento Sionista. E allo stesso tempo, la terra si è dimostrata fedele verso i propri figli: non ha mai accolto un’altra nazione.
Da quando fummo costretti all’esilio, qui non si è insediato nessun altro stato. Anzi, la maggior parte di questa terra, trascurata per secoli, è stata spesso attraversata da nomadi.
Dopo la distruzione del secondo Tempio, nel primo secolo dopo Cristo, molti ebrei rimasero nella Terra d’Israele, sopravvissero alla dominazione romano-bizantina fino a quando, nel VII secolo, i musulmani la occuparono, ponendo due alternative agli ebrei che l'abitavano: o conversione all’Islam o esilio.
Quelli che rimasero fedeli al Dio d’Israele, furono esiliati. Quelli che rimasero fedeli alla Terra d’Israele, si convertirono. Vissero come i marrani per una o due generazioni, poi si assimilarono del tutto.
Ironia della storia: gli arabi israeliani hanno in parte origini ebraiche. Gli altri arrivanono perlopiù quando noi iniziammo a ritornare a casa. Come gli immigrati musulmani da voi, anche nella terra d’Israele sono arrivati molti musulmani dai paesi della regione in cerca di lavoro. Molti di loro sono giunti con l’inizio del mandato britannico. Gli inglesi, infatti, da un lato impedivano agli ebrei di fare ritorno alla loro terra, dall’altro non controllavano il flusso migratorio degli arabi della regione, che invece continuavano a entrare senza alcun controllo.
A questo proposito va ricordato che, nel 1948 molti di questi abitanti abbandonarono la terra proprio spinti dai loro leader, a non tornare fino a che “non l’avessero fatta finita con gli ebrei”. L’ONU ha poi persino cambiato ad hoc la definizione di “profugo”, che, solo in questo contesto, diventava: chiunque avesse vissuto nella terra d’Israele fino a due anni prima del 1948.
In sostanza, solo nella prima metà del ventesimo secolo sono arrivati qui centinaia di migliaia di arabi, che esigono il “diritto al ritorno”.
Anche voi, cari Europei, siete complici di questa farsa.
Palestina è il nome che i romani diedero a quest’area nel secondo secolo dopo Cristo, con lo scopo ben preciso di cancellare il nome “Giudea” per spezzare il legame tra gli ebrei e la loro terra.
Gli arabi della zona adottarono con entusiasmo il nome romano, che ricordava i Filistei, la popolazione marittima che aveva invaso la terra di Canaan mille anni prima. Hanno anche fatto proprio lo stesso obiettivo dei romani, quello di cancellare il legame tra gli ebrei e la loro terra. Spesso anche a cancellarne le stesse vite, emulando il vostro passato. Voi pretendete di risolvere il conflitto tra noi e il mondo musulmano, ma non sapete come affrontare l’occupazione musulmana delle vostre città. Non è lontano il giorno in cui milioni di immigrati musulmani si solleveranno per reclamare parte della vostra terra: un’autonomia musulmana, una partizione della terra, oppure – se continuerete a non procreare – una presa di potere islamica democratica e politicamente corretta.
Cosa farete allora? Il vostro istinto di sopravvivenza si è spento già da tempo. Voi credete che, fiancheggiando le menzogne arabe, vi guadagnerete la quiete; che, sacrificandoci sull’altare dei vostri interessi a breve termine, sarete lasciati in pace.
E’ davvero così corta la vostra memoria? Siete davvero così sordi da non sentire la minaccia della folla nelle vostre strade? Avete confuso la vostra storia con la nostra. E’ vero che voi avete un passato colonialista, avete depredato terre non vostre, avete stabilito confini impossibili che hanno diviso territori tribali o unito gli opposti (si veda il caso della Siria e del Libano oppure l’Iraq), destinando intere regioni a una guerra perpetua.
E pensavate pure di sfruttare i malcapitati quanto più possibile. Noi invece siamo tornati a casa. Non siamo una potenza coloniale straniera, ma gli unici discendenti aventi dirittto su questa terra.
Non siamo tornati a Tel Aviv, ma in particolare nelle zone dove è nato e si è consolidato il nostro popolo: Giudea, Samaria, Gerusalemme.
Conoscete la Bibbia ? E allora come si fa a considerare occupante chi abita la propria casa? 3) Nonostante ciò, negli ultimi cento anni abbiamo tentato molte volte di raggiungere un compromesso con i nostri vicini. Dopotutto, siamo persone razionali. La nostra antica legge ci insegna che quando due persone afferrano un mantello e uno dice “è tutto mio” e l’altro dice “no,è tutto mio” – devono dividerlo.
Anche se non crediamo nell’affermazione araba “è tutto mio”. Questa terra non è mai stata loro; non contenti dell’enorme spazio abitato da musulmani intorno a noi, adesso pretendono la nostra piccola terra. Siamo comunque stati disponibili a giungere a un compromesso. Ma non è servito a nulla.
Lo scopo dichiarato dei nostri vicini non era creare uno stato indipendente, ma fare sparire gli ebrei dalla loro terra. Non hanno mai voluto mettere fine alla loro volontà di distruzione del nostro piccolo paese, nemmeno accettando i confini asurdi proposti da Ehud Olmert nel 2008. Figuriamoci con i confini delineati a Oslo dal team di sognatori del governo Rabin.