Norvegia: un vivaio di terroristi di Jabhat al Nusra commento di Pio Pompa
Testata: Il Foglio Data: 21 dicembre 2012 Pagina: 2 Autore: Pio Pompa Titolo: «La Norvegia è l’ultima frontiera del reclutamento di Jabhat al Nusra»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 21/12/2012, a pag. 2, l'articolo di Pio Pompa dal titolo "La Norvegia è l’ultima frontiera del reclutamento di Jabhat al Nusra".
Jabhat al Nusra
Fonti d’intelligence mediorientali contattate dal Foglio hanno confermato la presenza tra le file dei miliziani di Jabhat al Nusra – ritenuto dai ribelli siriani il più pericoloso ed efficace gruppo islamista schierato contro Bashar el Assad e messo sulla lista nera dei terroristi dall’Amministrazione americana – di un nucleo di tredici cittadini norvegesi composto da immigrati di seconda generazione, quasi tutti di origine nordafricana. La notizia, già in possesso dei servizi di Oslo, non fa altro che confermare che l’Europa e gran parte dei paesi del nord Africa (specie quelli dove opera l’organizzazione di al Qaida nel Maghreb islamico, l’Aqmi) sono divenuti la maggiore fonte di reclutamento per le formazioni qaidiste e filoqaidiste attive nei principali teatri di crisi. “Sono ormai almeno un centinaio – affermano i nostri interlocutori – i jihadisti provenienti da Gran Bretagna, Svezia, Danimarca, Francia, Olanda, Norvegia, Spagna e Italia. A questi vanno aggiunti quelli partiti da Libia, Algeria, Tunisia, Nigeria e persino dal Mali, che hanno varcato i confini siriani raggiungendo i gruppi islamisti di destinazione. Al contrario di quanto si potrebbe pensare, si è trattato di un flusso di jihadisti esperti e perfettamente addestrati, ordinato e bene organizzato da una centrale di reclutamento gestita da comandanti quasi tutti salafiti, con basi segrete dislocate in Turchia, Qatar e Arabia Saudita. Il tutto avvalendosi dell’atteggiamento compiacente non soltanto dei servizi segreti di questi paesi ma anche di altri, impegnati come loro ad aumentare la forza d’urto militare dei ribelli. Un atteggiamento francamente imperdonabile, giacché era noto (fin dall’epoca del conflitto in Iraq), il tentativo islamista di dotarsi di strutture operative in grado di mobilitare, in Europa e in altri paesi, il network jihadista con criteri di reclutamento militari. Ed è ciò che è avvenuto nel caso della crisi siriana. Ai jihadisti, oltre al rimborso delle spese di viaggio, viene garantito un salario medio di 2.000 euro e il diritto al bottino di guerra. Agli attentatori suicidi è invece riservato un trattamento speciale, devolvendo alle loro famiglie una somma che si aggira tra i 20 e i 30 mila euro. Fatto ancora più rilevante, le fonti di finanziamento sono totalmente autonome e provengono principalmente dai circuiti finanziari che da sempre alimentano il movimento fondamentalista, soprattutto quello a guida salafita. Questo per impedire qualsiasi dipendenza delle milizie jihadiste da flussi di denaro provenienti da paesi considerati nemici, che solo la strana congiuntura verificatasi in Siria poteva rendere tatticamente alleati”. Ecco perché l’inserimento da parte americana del gruppo Jabhat al Nusra nella lista delle “organizzazioni terroriste globali” appare poco meno di un sussulto tardivo di consapevolezza di quanto sta veramente accadendo in Siria. Il genocidio commesso da Bashar el Assad contro il suo popolo e il montare della minaccia islamista nella regione bastano da soli a giustificare un intervento.
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