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Informazione Corretta Rassegna Stampa
18.12.2012 Epurazione al Guardian, Eurabia avanza
Analisi di Annalisa Robinson

Testata: Informazione Corretta
Data: 18 dicembre 2012
Pagina: 1
Autore: Annalisa Robinson
Titolo: «Epurazione al Guardian, Eurabia avanza»

Epurazione al Guardian, Eurabia avanza
Analisi di Annalisa Robinson

 Annalisa Robinson

Dopo la vignetta antisemita, l'epurazione del commentatore Adam Levick.
Nel 2003 la giornalista e scrittrice Julie Burchill lasciò il Guardian, per il quale scriveva da anni, indicando come motivo della sua partenza


Julie Burchill

 “ciò che io, come non ebrea, percepisco come un pregiudizio molto evidente contro lo Stato di Israele. Che è, con tutti i suoi difetti, l'unico Paese in quell'arida regione nel quale voi o io, o qualsiasi femminista, ateo, omosessuale o sindacalista, potrebbe sopportare di vivere.”
La goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stata una noticina in calce a un articolo, evidentemente troppo filo-israeliano per il Guardian: “L'autore di questo articolo è di origine ebraica”. Una noticina che inquadra benissimo l'atteggiamento che il Guardian ha da anni nei confronti di questo paese e di chi lo difende, alla faccia del motto di un mitico (e molto defunto, in tutti i sensi) direttore del quotidiano, C.P. Scott: “La voce degli oppositori ha diritto di essere ascoltata, non meno di quella degli amici”.
Avevamo appena finito di rallegrarci per il fatto che il Guardian avesse ammesso che la vignetta di Steve Bell sul conflitto a Gaza, pubblicata in questa rubrica in novembre, “inevitabilmente” richiamasse “l'uso di certe immagini del passato in chiave antisemita“.
L'ammissione veniva naturalmente accompagnata da tutti i se e i ma del caso: infatti le proteste, non a caso, sono venute da “siti pro-Israele che si rivolgono alla comunità ebraica”; naturalmente il vignettista non è antisemita e nei panni del burattinaio ci mette anche altri leader, tipo Mubarak o Putin; e naturalmente “giornalisti e vignettisti dovrebbero essere liberi di esprimere l'opinione che Netanyahu sia opportunista e manipolatore”.
Ma, dopo avere dato tutte queste puntigliose precisazioni, il giornale ammetteva che non si dovrebbe usare “il linguaggio, anche visivo, degli stereotipi antisemiti.” Insomma, a guardar bene non si tratta di scuse, quanto, piuttosto, della constatazione che una certa interpretazione, pur non essendo quella giusta, potrebbe essere giustificata. Abbellita dalla ripetizione del principio che la libertà di opinione dovrebbe essere comunque mantenuta.
Come non essere d'accordo?

 Eppure, proprio questa settimana il Guardian riconferma di essere selettivo anche in termini di libertà d'opinione. Il Guardian Online ha una sezione intitolata “Comment Is Free”, nella quale si pubblicano articoli tesi a generare dibattito in una serie di liberi commenti dei lettori iscritti al sito, e soggetti a posteriori alla supervisione di un moderatore.
Bell'idea, bel titolo: liberi di commentare, liberi di manifestare la propria opinione. Infatti questo blog del Guardian è molto popolare – tenete presente che il sito del Guardian viene letto da circa 60 milioni di persone ogni mese. Peccato che sotto questo bel titolo vengano ospitati e persino commissionati articoli in cui prolifera l'antisemitismo e viene delegittimato lo Stato di Israele, quindi vengano legittimate le voci di coloro che ne contestano l'esistenza.
Non solo Tariq Ramadan, John Pilger, Naomi Klein, l'ex sindaco Ken Livingstone (che voleva fare di Londra la capitale musulmana d'Europa), ma anche gente come il prof. Neve Gordon, che pur essendo israeliano non perde occasione per denunciare Israele come uno Stato fascista e terrorista; come il fondatore del sito istericamente anti-israeliano Electronic Intifada, e nemico di una soluzione a due Stati; e gente come Moussa Abu Marzouk, per anni vicepresidente dell'ufficio politico di Hamas (tuttora un'organizzazione terrorista in gran parte del mondo non arabo) e ancora considerato dagli USA come un “terrorista globale”.
E Marzouk non è il solo rappresentante o simpatizzante di Hamas a scrivere in questa sezione del Guardian; senza contare gli altri autori palestinesi che negano la legittimità dello Stato di Israele e sostengono politiche che vedrebbero la scomparsa di uno Stato ebraico.
Dei commenti dei lettori poi meglio non parlare, a parte alcune voci isolate ma sonore, ben informate, e persistenti.
Tale è il pregiudizio che trasuda da questo blog che nel 2009 è stato costituito un gruppo, “Comment Is Free Watch” (in breve CiF Watch), che si dedica appunto al monitoraggio di antisemitismo e pregiudizio anti-israeliano in queste colonne.

Adam Levick

A capo del team c' è Adam Levick, giornalista con un passato nel campo dei diritti civili, del monitoraggio delle ONG, e del monitoraggio dell'antisemitismo; e lo strumento prescelto è un sito web, http://cifwatch.com
Nel febbraio 2010, il Guardian accetta un articolo di Adam nella sezione “Comment Is Free”, nel quale si discute una concione antisionista di un commentatore di estrema sinistra in una rivista facente capo all'organizzazione non a scopo di lucro Christian Aid.
Tanto di cappello per il Guardian, non uso a pubblicare difese di Israele, e tanto meno critiche ad autori di sinistra. Per una volta fa onore al principio enunciato da C.P. Scott. E i risultati arrivano: Christian Aid si scusa “senza riserve” e toglie dal proprio sito tutti gli articoli dell'autore in questione. Adam è sulla cresta dell'onda. Ha un profilo nella sezione del Guardian online, in cui si presenta come direttore del sito CiF Watch. Non pubblica molto e non commenta spesso gli articoli di “Comment is Free”, ma a un certo punto gli arriva un avvertimento in stile quasi mafioso: gli viene comunicato che i suoi commenti verranno pre-moderati, cioè saranno soggetti all'approvazione degli apparatchiks del quotidiano, che hanno facoltà di rimuovere il commento di Adam in tutto o in parte.
Secondo quali criteri, non si sa. Considerando il titolo della sezione, “Comment is Free”, e il fatto che i commenti sfrenatamente antisionisti di alcuni lettori non subiscono alcuna censura, c'è qualcosa di marcio in redazione.
E il 13 dicembre, in quella che una volta era la notte piu' lunga dell'anno, la registrazione di Adam viene cancellata. Una scritta gli rende noto che “per questo utente i commenti sono stati disattivati. Adam controlla il regolamento, secondo il quale “Non ci piace limitare la facoltà di commentare i nostri contenuti, ma in alcuni casi, quando si ripetono comportamenti abusivi, offensivi, o deliberatamente rivolti a infiammare gli animi con messaggi non rilevanti o estranei agli argomenti in questione, ci riserviamo il diritto di precludere questo sito a certi utenti. Speriamo che questa posizione non sembri troppo severa, ma talvolta dobbiamo prendere la decisione di bloccare certi utenti allo scopo di migliorare la fruizione del sito da parte di tutti gli altri fruitori.”

Con che criterio il Guardian applica questa regola, considerando che si continuano a pubblicare commenti altamente offensivi, espressi in un linguaggio altamente offensivo, non solo nei confronti di Israele ma della religione ebraica? Chiunque vada a leggere il blog di Adam a http://cifwatch.com  può constatare come quest'ultimo basi i propri interventi esclusivamente su fatti, storia, logica, e ragionamento morale. Di conseguenza, l'unico motivo per cui i commenti di Adam sono stati disattivati è facilmente intuibile: il fatto che continuassero a smascherare il pregiudizio antisemita del quotidiano, e la implicita convalida da parte della redazione di voci antisemite, estremiste, e fortemente ostili allo Stato di Israele.



Alan Dershowitz

Adam non è il primo ad essere boicottato dal quotidiano, e non sarà nemmeno l'ultimo. Qualche anno fa anche Alan Dershowitz, famosissimo avvocato americano ed ebreo, aveva visto le sue opinioni distorte e falsificate nelle colonne del Guardian, al quale pure contribuiva; e aveva visto la redazione ignorare le lettere con le quali replicava e correggeva la manipolazione dei suoi scritti.
In breve, il Guardian non aveva problemi a pubblicare il falso. Il Guardian e il suo domenicale, l'Observer, hanno un gusto troppo delicato per le puntualizzazioni di CiF Watch, ma digeriscono senza problemi bocconi avvelenati, come quelli del giornalista Richard Ingrams, che contestava la pubblicazione di lettere sul Medio Oriente se firmate da gente con cognomi ebraici, e sosteneva che i giornalisti di origine ebraica dovessero dichiararsi come tali in calce ai propri articoli.
O il famoso appello di Charlie Brooker agli assassini o aspiranti tali di presidenti americani, affinche' qualcuno ci liberasse da George Bush, eletto per la seconda volta: “John Wilkes Booth [assassino di Lincoln], Lee Harvey Oswald [assassino di Kennedy], John Hinckley Jr [attentatore alla vita di Ronald Reagan], dove siete adesso che abbiamo bisogno di voi?”
Figuriamoci se un giornale che pubblica appelli all'assassinio possa farsi scrupolo di un Adam Levick qualsiasi che scrive da Gerusalemme......
Il Guardian è un po' l'equivalente dei fratelli Miliband, uno leader attuale, l'altro ex-ministro ed ex-stella del Partito Laburista. Dalla parte del popolo, ma residenti in una delle zone piu' in di Londra, Hampstead, favorita da filosofi, accademici, intellettuali e attori impegnati, che preferiscono chiosare su un popolo immaginario (vicino e multietnico, o lontano, come quello palestinese) piuttosto che vivere a contatto con quello reale.
Che sognano la stessa educazione e le stesse opportunità per tutti, ma provengono da scuole di elite e ci mandano i figli. Che parlano di lavoro, ma hanno tutti debuttato in posizioni ghiotte, assicurate loro dal prestigio dei padri o delle cerchie in cui si muovono. Che parlano di libertà, democrazia, tolleranza, e uguaglianza, ma le concepiscono selettivamente e solo se collimano con la loro visione ideologica del mondo.

 Il Guardian è uno specchio in cui i suoi autori e buona parte dei suoi lettori si rimira compiaciuto e convinto della propria superiorità morale – come l'imperatore della favola, del quale cortigiani lodavano le vesti invisibili. Adam, come altri prima di lui, ha ricoperto il ruolo del bambino che, puntando il dito, ha detto la verità – che l'imperatore era nudo.


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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