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L'Europa e i suoi fantasmi 17/12/2012

Una strana atmosfera aleggia negli ultimi mesi sull’Europa, un’atmosfera fatta di frustrazione, rabbia e diffidenza che pervade settori sempre più ampi della società. In questo clima, in cui l’incertezza accomuna le generazioni dei padri e dei figli sul destino di ciascuno, l’irrazionalità prende sempre più spesso tende a prendere il sopravvento sulla ragione, facendo riemergere violenza, pregiudizio e intolleranza, vecchi fantasmi ritenuti, a torto, sepolti per sempre. E ritornano, talvolta anche in ambienti “insospettabili” per livello culturale e per formazione politica, discorsi di fantomatici complotti i cui protagonisti sarebbero sempre gli stessi: banchieri, massoni ed ebrei. La convulsa situazione politica del vicino oriente, con le tensioni e le incomprensioni diplomatiche provocate dal recente voto all’ONU sulla Palestina e dalle prevedibili reazioni israeliane, fanno il resto, alimentando il pregiudizio di “antagonisti” e “indignati” di destra e di sinistra. Ed ecco rispuntare le profanazioni di quelli che vengono considerati i simboli dell’Ebraismo: sinagoghe, cimiteri, sedi di comunità. Accade in Europa, nella civilissima Europa, senza alcuna differenza tra Paesi considerati come culla e riferimento della civiltà del Vecchio Continente e Paesi minori: Francia, Gran Bretagna, Svezia, Spagna, Ungheria, Grecia. E anche l’Italia. A Parma, Genova, Vercelli, città di grande tradizione culturale e simboli della Resistenza partigiana al nazifascismo, in pochi giorni le sinagoghe sono state imbrattate con scritte contro Israele. Episodi tra loro simili che vanno ben al di là del “semplice” atto vandalico. Perché l’odio (di questo si tratta) contro lo Stato ebraico viene riversato sugli Ebrei, come sottolineato dalle parole pronunciate dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel 2007, quando affermando il suo no all’antisemitismo in occasione della Giornata della Memoria, metteva in guardia dal fatto che esso si possa travestire da antisionismo. Perché accade ciò? Perché, col passare del tempo, l’antisemitismo si manifesta in modo così plateale, come liberato da freni inibitori in cui la società e gli individui lo avevano trattenuto in nome dell’umanità e della ragione? Quale ruolo hanno in questo fenomeno le famiglie, la scuola, le istituzioni, i media? Quali sono gli errori da correggere per evitare che certi fenomeni, per ora circoscritti, si ripetano e che il mostro dell’antisemitismo si diffonda? Queste sono le domande alle quali tutti i settori della società sono chiamati a dare una risposta, se si vuol reagire efficacemente contro l’antisemitismo ed il pregiudizio in genere ed evitare di doverci accorgere della perdita dei valori di civiltà della società quando sarebbe troppo tardi per rimediare.

Daniele Coppin


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