Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 13/12/2012, a pag. 17, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " L'Occidente riconosce i ribelli siriani ", l'articolo di Roberto Tottoli dal titolo " L'America punta sull'islam sunnita contro i Radicali" , preceduto dal nostro commento.
Ecco i pezzi:
Guido Olimpio - " L'Occidente riconosce i ribelli siriani "


Guido Olimpio Moaz Al Khatib, capo della 'Coalizione nazionale siriana'.
Olimpio lo descrive con queste parole : "un islamico moderato che tuttavia si è fatto notare in passato per attacchi non proprio leggeri verso Occidente e Israele". E' questo il futuro della Siria?
Ecco il pezzo:
WASHINGTON — Per l'opposizione ad Assad il successo non è da poco. Gli «amici della Siria», cartello che riunisce oltre cento Paesi — Italia compresa — hanno riconosciuto la «Coalizione nazionale siriana» come unico rappresentante. L'annuncio è arrivato al vertice di Marrakesh, Marocco, e poche ore dopo un analogo passo degli Stati Uniti. Washington oltre al riconoscimento ha subito invitato negli Usa il capo della coalizione Moaz Al Khatib, un islamico moderato che tuttavia si è fatto notare in passato per attacchi non proprio leggeri verso Occidente e Israele.
L'iniziativa degli «Amici», con la svolta decretata da Barack Obama, dovrebbe avere implicazioni ben più ampie di un annuncio formale. Sul piano militare è probabile che aumenteranno gli aiuti agli insorti. Sotto forme diverse. Alcuni Paesi sono disposti ad un invio diretto, altri sono più cauti e preferiscono triangolazioni attraverso gli alleati regionali (Libia, Turchia). E' quello che hanno fatto gli Usa fino a poco tempo fa. Ora l'intelligence dovrà decidere cosa fare, superando anche le resistenze di chi a Washington teme di appoggiare il «ribelle sbagliato». Sul piano diplomatico non c'è dubbio che la Coalizione riceverà un sostegno più deciso e potrà cercare di parlare in nome di uno schieramento variegato e poco unito. Il rapporto con una parte degli «sponsor» non sarà facile.
C'è poi un terzo elemento. Gli Usa hanno fatto precedere il riconoscimento dalla scomunica chiara e netta della fazione qaedista Al Nusra, inserita nella lista nera del terrore. Un modo per dividere «buoni» e «cattivi», assicurare che l'America non finirà per dare una mano a chi un giorno potrebbe minacciare la stessa sicurezza statunitense, contenere un gruppo che sta guadagnando molto terreno. Secondo le analisi dell'intelligence Al Nusra è formata da siriani, jihadisti iracheni e volontari stranieri. Nello schieramento ribelle rappresenta — sempre secondo gli 007 — tra il 7 e il 9 per cento. Alterna la guerriglia a tattiche terroristiche, ha fondi ampi dal Golfo, i suoi mujaheddin sono tra i più abili nel combattimenti. Per tre ragioni: sono bene addestrati, molti di loro hanno avuto precedenti esperienze belliche, dispongono di denaro. Molto forte nell'est e nel nord della Siria, Al Nusra ha conquistato ampie fette di territorio. E gode di simpatie tra molti ribelli, alcuni dei quali per spirito di emulazione si atteggiano a jihadisti.
Una prova del consenso che gode il gruppo integralista è emersa proprio in queste ore. Lo stesso leader della Coalizione non ha gradito la decisione Usa di inserirla nell'elenco dei terroristi. «Si tratta di un errore e cercherò di modificarlo», ha sottolineato Al Khatib. Altri esponenti della resistenza hanno reagito con lo slogan «siamo tutti Al Nusra». Posizioni che dimostrano come non sia facile interagire con gli insorti che, non a torto, si sono sentiti abbandonati a loro stessi davanti ad un avversario brutale che ormai ha poco da perdere.
Assad ha risposto ai rovesci militari e politici con il suo stile. Per la prima volta i lealisti — secondo gli Usa — hanno impiegato missili terra-terra Scud, ordigni tattici creati non certo per combattere la guerriglia. Ma in questo modo il regime ricorre al sistema del terrore, per colpire in modo indiscriminato. Gli esperti sostengono che il presidente starebbe raccogliendo le forze attorno alla capitale e avrebbe deciso di abbandonare, progressivamente, le basi più lontane. Il suo esercito si è indebolito, ha perso centinaia tra blindati e tank, trova difficoltà a garantire i rifornimenti e sembra avere problemi con le scorte. Di recente ha bombardato postazioni terrestri con mine navali lanciate dagli elicotteri. Non è chiaro quanto potrà durare lo «scudo» e di sicuro è perforabile: ieri un attentato ha colpito il ministero degli Interni a Damasco. Almeno sette le vittime.
Roberto Tottoli - " L'America punta sull'islam sunnita contro i Radicali "


Roberto Tottoli
L' 'analisi' di Tottoli contiene un errore di base, quello di definire 'moderato' l'islam del Fratelli Musulmani "dalla Tunisia all'Egitto e nel resto del mondo islamico". In Tunisia, Egitto e nel resto del mondo islamico, i Fratelli Musulmani si stanno battendo per imporre la shari'a. Come sia possibile definire 'moderato' chi auspica la shari'a, è un mistero.
Il fatto che i Fratelli Musulmani abbiano vinto le elezioni non fa di loro dei democratici, nè, tanto meno, dei 'moderati'.
Ecco il pezzo:
Il riconoscimento da parte del presidente Barack Obama della coalizione dell'opposizione siriana è un passo significativo. Va nella direzione del riconoscimento del ruolo politico della Fratellanza Musulmana e dell'Islam cosiddetto moderato dalla Tunisia all'Egitto e nel resto del mondo islamico. Allo stesso tempo, però, e con la medesima funzione, Obama ha preso le distanze dalle forze più radicali impegnate nella resistenza. Si tratta delle unità, come Al Nusra, irrobustite da reduci jihadisti di varia provenienza e finanziate direttamente dai sauditi e dalle monarchie del Golfo Persico. Quelle che sul campo offrono la maggior forza di resistenza alla brutale repressione di Assad.
Gli Stati Uniti temono giustamente che queste forze possono prefigurare una situazione afghana o irachena e infiammare una conflittualità destabilizzante in tutta l'area. Meglio quindi puntare, anche in Siria, su una maggioranza sunnita, fosse anche dominata dai più moderati Fratelli Musulmani. La scelta strategica non è però indolore. Apre un ulteriore fronte di potenziale contrasto con Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi, sostenitori del salafismo e di un Islam tradizionale più vicino a queste posizioni. Il rapporto stretto con le monarchie del Golfo e l'Arabia Saudita potrebbe essere destinato a ridimensionarsi, soprattutto se gli Stati Uniti, come annunciato, si affrancheranno presto dalla dipendenza energetica da altri Paesi.
Questa apertura di credito verso il sunnismo e la Fratellanza Musulmana, anche in chiave anti-iraniana, appare oggi la novità più significativa delle scelte di politica estera di Obama nella regione mediorientale. E' il segno di un cambiamento che andrà misurato sul terreno concreto delle innumerevoli crisi in atto che rendono la partita alquanto complessa. Non è inoltre priva di incognite, come è evidente in Egitto e in questa lunga fase di transizione. Eppure segna anche nella posizione sulla Siria un ulteriore passo avanti nel cambiamento strategico dei rapporti con l'Islam e i musulmani dopo l'11 settembre.
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