Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 11/12/2012, in prima pagina, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo " Da voce della rivolta, ora al Jazeera è diventata il nemico di piazza Tahrir ". Da REPUBBLICA, a pag. 18, l'articolo di Vanna Vannuccini dal titolo " Egitto, Morsi dà più poteri ai militari ". Dal GIORNALE, a pag. 17, l'articolo di Rolla Scolari dal titolo " Ecco quant’è costato all’Egitto un anno di 'primavera araba' ".
Ecco i pezzi:
Il FOGLIO - Daniele Raineri : " Da voce della rivolta, ora al Jazeera è diventata il nemico di piazza Tahrir"
Daniele Raineri, l'emiro del Qatar, proprietario di al Jazeera
Il Cairo, dal nostro inviato. “Una volta eravamo ammirati e rispettati, quando trasmettevamo in diretta da piazza Tahrir da in mezzo alle manifestazioni la gente stava con noi, ci aiutava, ci faceva ala nei momenti di festa e ci faceva da scudo nei momenti di pericolo, ci ha protetto fisicamente in molti casi. Eravamo riconosciuti da tutti, camminavamo con orgoglio: ‘Siamo quelli di al Jazeera’. Adesso non è più così. Siamo sempre riconsociuti da tutti, ma in negativo. Ci seguono, ci minacciano, ci aggrediscono. Ci impediscono di stare nelle manifestazioni, ci impediscono di lavorare. Siamo a rischio”. Hayat Alyamani è newmedia producer del canale tv di al Jazeera Mubashir Misr, è minuta, determinata, mentre parla al Foglio la figlia di sei anni gira per la redazione con la faccia dipinta a pastelli. Alyamani era diventata un simbolo della piazza libertaria grazie a un video amatoriale del settembre 2011, quando fu sbattuta a terra dagli agenti della sicurezza durante un raid dentro gli uffici della tv. La scena di lei che resisteva alla squadra in borghese mandata a sequestrare le telecamere e i computer riassumeva il guado politico in cui l’Egitto era bloccato: da una parte il governo dei militari che aveva rimpiazzato Mubarak soltanto nel nome; dall’altra la piazza ancora battagliera e ancora sostenuta da quei media che avevano incitato al cambiamento fin dall’inizio. Ora la situazione s’è capovolta: al Jazeera Egitto non è più considerato un canale di lotta, ma di governo, la voce amplificata non più della piazza che protesta ma dei Fratelli musulmani e del presidente Mohammed Morsi, che ieri ha ordinato ai militari di “mantenere l’ordine fino all’annuncio dei risultati del referendum sulla Costituzione” e per questi giorni ha concesso loro di nuovo il potere di arrestare civili, come ai tempi del regime di Mubarak. L’ufficio di al Jazeera Egitto è al terzo piano di un palazzo sul Nilo, hanno dovuto traslocare qui dopo che lo studio che affacciava su piazza Tahrir è stato attaccato e bruciato dai manifestanti il 21 novembre (“quattro bottiglie molotov, sono partite dalla piazza e sono finite contro la vetrata di al Jazeera”, dice al Foglio la free lance italiana Laura Cappon, che quel giorno era a Tahrir). La rete tv è controllata e finanziata dal Qatar, che spinge sulle ribellioni arabe perché vede la caduta dei dittatori nella regione come l’occasione giusta per favorire l’ascesa di governi islamici. La copertura di al Jazeera è però selettiva: la rete dedica tempo e risorse a Libia, Egitto e Siria e non segue quello che succede nel vicino Bahrein, dove la casa regnante soffoca le proteste in piazza. E’ come se al Jazeera avesse un angolo cieco, che ora però, da quando sono arrivati al potere i Fratelli musulmani, si è allargato anche all’Egitto. Il Cairo è in collegamento con la direzione centrale? “Sì – dice Alyamani – ci sentiamo ogni giorno con la casa madre in Qatar, il nostro direttore oggi è a Doha”. Perché siete presi di mira dai manifestanti? “Perché durante la campagna elettorale, prima di quest’estate, abbiamo appoggiato il candidato Morsi. E ora siamo accusati di stare dalla loro parte: dicono che inquadriamo piazza Tahrir con lo zoom per mostrare che c’è poca gente, che non seguiamo gli scontri al palazzo di Morsi – quando non ci siamo, è perché la gente ci ha cacciato! – che diamo notizie sbagliate”.
Il rogo che non c’era
La disinformatia gioca un ruolo centrale anche in questa ondata di proteste egiziane. Non si tratta soltanto dei casi infiniti di micro-censure e di versioni addomesticate offerte in trasmissione da tv rivali, ma di un duello tra versioni dei fatti differenti. Al Jazeera Egitto ha trasmesso le immagini della sede del partito Libertà e Giustizia, paravento della Fratellanza, dato alle fiamme nel quartiere periferico di Moqattam, ma il giorno dopo i giornalisti occidentali non hanno trovato tracce del rogo. In redazione un assistente di al Jazeera mostra un video di tre minuti girato in strada mercoledì scorso, durante gli scontri violenti davanti a al Ittihadiya, il palazzo che è stato di Mubarak e ora è di Morsi. Manifestanti del fronte laico in mezzo alla sassaiola hanno in mano pistole e sparano ad altezza uomo contro le squadre dei Fratelli musulmani. Dall’altro lato dicono che il gruppo islamico ha celebrato con i funerali di massa la morte di sei “martiri” uccisi in quegli scontri, ma i Fratelli si sono appropriati di morti che non erano loro, su almeno due c’è la certezza, cosa confermata al Foglio da numerose fonti terze.
La REPUBBLICA - Vanna Vannuccini : " Egitto, Morsi dà più poteri ai militari"
Vanna Vannuccini
IL CAIRO—A ogni costo Mohammed Morsi vuole far passare la nuova Costituzione che apre la strada all'islamizzazione dell'Egitto. Con un decreto il presidente egiziano ha conferito ai militari poteri da stato di emergenza, come quello di arrestare i civili e deferirli ai tribunali (non si sa se civili o militari), per «preservare la sicurezza e proteggere le istituzioni» e assicurare lo svolgimento del referendum fissato per il 15 dicembre e contestato dall'opposizione. Dopo le elezioni del giugno scorso le forze armate si erano tenute in disparte dalla politica e un portavoce ha assicurato che l'intervento dell'esercito sarà limitato allo svolgimento del quesito elettorale; ma gli egiziani non hanno dimenticato i tempi della legge marziale di Mubarak quando i militari arrestarono etorturarono migliaia di dissidenti, compresi molti islamisti. L'Egitto si prepara oggi a una nuova giornata di tensione. Due cortei antagonisti invaderanno le strade del Cairo. L'opposizione aveva chiamato i cittadini a protestare di nuovo contro il referendum su un testo costituzionale che era stato approvato in fretta e furia solo dai partiti islamisti (Fratelli musulmani, salafiti e jhadisti) per impedire all'Alta Corte di pronunciarsi sulla sua dubbia legittimità. Subito dopo anche i Fratelli Musulmani hanno invitato i loro seguaci a scendere in piazza «a milioni». Perla terza volta in un mese il presidente ha giocato d'astuzia e ha messo in difficoltà i partiti dell'opposizione laica liberale edi sinistra, riuniti sotto un unico "Fronte di salvezza nazionale" coordinato da El Baradei. Prima con l'assunzione dei pieni poteri aveva destituito il procuratore generale dello Stato e impedito che l'Alta Corte sciogliesse la commissione costituente. Poi due giorni fa ha colto l'opposizione di sorpresa annullando il decreto sui pieni poteri e infine proponendosi come difensore «della legittimità e della democrazia» contro un'opposizione «che invece si rivolge al potere della strada». Come mossa elettorale ieri il presidente ha revocato gli aumenti delle tasse varati il giorno prima concordati con il Fmi per avere accesso a un prestito di 5 miliardi di dollari.
Il GIORNALE - Rolla Scolari : " Ecco quant’è costato all’Egitto un anno di «primavera araba» "
Rolla Scolari
Il presidente egiziano ha fatto due importanti annunci ieri: ha ordinato all’esercito di assumere responsabilità congiunta con la polizia per il mantenimento della sicurezza fino ai risultati del referendum del 15 dicembre - una mossa che permette ai militari di arrestare civili e che per molti è in odore di leggi marziali - e ha cancellato l’aumento di alcune tasse su beni di consumo approvato soltanto 24 ore prima. Il secondo annuncio ha fatto meno rumore, eppure racconta un’altra crisi in corso, parallela a quella politica e a essa intimamente legata. L’aumento di alcune tasse, focalizzato ad alzare le rendite del governo e a ridurre il deficit di bilancio - che nel 2011 ha raggiunto l’11%del Pil dal 9,5 del 2010 - è parte di un’intesa raggiunta poche settimane fa tra Egitto e Fondo monetario internazionale che dovrebbe portare presto a un accordo: un prestito di 4,8 miliardi di dollari per stabilizzare la ferita dell’economia egiziana. Dal giorno dopo la rivoluzione del gennaio 2011, si parla infatti di profonda crisi economica.
L’economia egiziana cresceva in media del 6% prima della rivoluzione. Nel primo quadrimestre del 2011 ha subito una contrazione del 4,2%. Questo ha avuto effetto sul mercato del lavoro, dice commentando queste cifre Magda Kandil, ex direttore dell’Egyptian Center for Economic Studies ed ex economista del Fmi: prima del gennaio 2011 la disoccupazione era circa al 10%, ora gli economisti si aspettano un incremento al 13%. Secondo un rapporto dell’egiziana AlexBank, dopo aver raggiunto a giugno 2011 un tetto record di 11,8%,l’inflazione annuale è scesa a ottobre al 7,10%. La lira ha avuto cadute di 5- 6 punti e avrebbe potuto perdere di più se la Banca centrale non fosse intervenuta per mantenere i tassi di cambio, a danno delle riserve di valuta estera: 36 miliardi di dollari nel dicembre 2010, circa 15 miliardi a novembre, una cifra che secondo Kandilpuò coprire a malapena le spese di tre mesi d’importazioni. Gli investitori esteri temono la costante instabilità e il turismo non si è ripreso. Secondo i dati dell’Agenzia per la mobilitazione e le statistiche egiziana, il numero di turisti in Egitto nell’ultimo quadrimestre del 2011 è sceso del 29,2% rispetto allo stesso periodo l’anno prima.
Non è un caso che il presidente Mohammed Morsi, sotto pressione della piazza dal 22 novembre, quando ha firmato un controverso decreto con cui allargava i suoi poteri, abbia annullato proprio in queste ore le nuove tasse.L’opposizione nonha abbandonato le strade dopo il ritiro del decreto: oggi manifesta - ci saranno cortei anche dei sostenitori di Morsie chiede la posticipazione del referendum su una controversa bozza di Costituzione, scritta da un’Assemblea a maggioranza islamista. Morsi, membro dei Fratelli musulmani, non vuole che le riforme economiche diventino ora una nuova fonte di malcontento. «Rischierebbe di perdere sostegno per affrontare i problemi politici», spiega Kandil. E di problemi Morsi ora ne ha molti. La sempre più profonda frattura nella società, tra islamisti e laici, ha spinto la questione economica in secondo piano, proprio in un momento cruciale. Il 19 dicembre, infatti, gli economisti del Fmi decideranno sulle sorti del prestito all’Egitto. La situazione però è ancora troppo fragile. Tv e giornali parlano di un Paese nel caos. «Il deterioramento della sicurezza può mettere in una posizione scomoda la comunità internazionale, favorevole alla firma di un accordo, ma spaventata dall’instabilità», in un momento in cui, spiega Kandil, questa intesa è cruciale per il futuro dell’economia nazionale.
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