Il 'trionfale' ritorno di Khaled Meshaal a Gaza viene descritto oggi, 09/12/2012 su tutti i giornali, nella gran parte con toni tutt'altro che critici. Viene riportata la sua dichiarazione " non cederemo mai a Israele", ma nell'insieme viene dato più rilievo alla 'festa' che ai suoi contenuti. Chi supera tutti è sulla STAMPA Paola Cardidi, da un po' di tempo ospite fissa del quotidiano torinese, degna sostituta del defunto Igor Man(zella). In un pezzo titolato "Meshaal: non cederemo mai a Israele", a pag.15, Caridi eccelle nella sua specialità, la > menzogna omissiva <, la stessa tecnica che usa il marito Filippo Landi nelle sue scandalose corrispondenze Rai.
Caridi presenta Meshaal come se fosse Robin Hood che ritorna nella Foresta di Sherwood, Hamas è un movimento di 'resistenza', si premura di ricordare Caridi, che sia un movimento terrorista definito tale da Onu e UE non le viene proprio in mente di ricordarlo. Ma dove rifulge al meglio la tecnica della menzogna omissiva è quando attribuisce a Israele la responsabilità della guerra a Gaza avendo eliminato Ahmed Jabari. Si è ben guardata dal ricordare le migliaia di missili lanciati da anni su Israele, l'unico motivo per il quale Israele ha attaccato Gaza.
per un commento serio su Meshaal a Gaza, la Cartolina di Ugo Volli di oggi:
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=47254
Paola Caridi Foto di gruppo terrorista in un esterno
Khaled Meshaal ha avuto il suo bagno di folla, ieri, a venticinque anni di distanza dalla prima Intifada e dalla nascita formale di Hamas. Un bagno di folla nel centro di Gaza, di fronte a centinaia di migliaia di militanti. La prima volta dopo 45anni di esilio, che ha usato per lanciare sfide e messaggi politici.
Anzitutto la sfida a Israele, pronunciata dalla Striscia a poche settimane di distanza dall’accordo di tregua che ha posto fine all’ultima breve e sanguinosa guerra di Gaza. «La Palestina è nostra dal mare (Mediterraneo) al fiume (Giordano), e dal Sud al Nord. Non ci sarà nessuna concessione, neanche su un centimetro quadrato della terra», ha detto Meshaal dal palco tirato su a piazza al Qatiba, la piazza delle grandi dimostrazioni. «Non riconosceremo mai la legittimità dell’occupazione israeliana», ha detto il capo dell’ufficio politico di Hamas, giunto a Gaza per una visita di due giorni, assieme al numero due, e vero stratega del movimento islamista palestinese, Moussa AbuMarzouq. Visita concordata con gli egiziani, che hanno concesso loro l’ingresso dal valico di Rafah. Il discorso di Meshaal è stato tutto concentrato sulla muqawwama, la «resistenza» in arabo, una parola parte costitutiva dello stesso acronimo, Hamas, che - appunto - significa Movimento di resistenza islamica.
Alle sue spalle, la scenografia del palco ha messo insieme l’intera retorica di Hamas: il fondatore, lo sceicco Ahmed Yassin, che un quarto di secolo fa, nella sua casa in un quartiere di Gaza City, decise di far nascere il braccio politico e armato dei Fratelli Musulmani palestinesi. Proprio all’indomani dello scoppio della prima Intifada, l’8 dicembre del 1987. E dall’altro capo Ahmed Jabari, capo dell’ala militare, ucciso dagli israeliani in un omicidio mirato che ha dato il via alla guerra di Gaza, lo scorso 14 novembre. In mezzo all’enorme striscione, la moschea di Al Aqsa, e il modello a grandezza naturale di un Qassam M75, il missile lanciato in direzione di Gerusalemme durante l’ultima fiammata tra Israele e Hamas. Ce n’è abbastanza per scatenare la reazione di Israele, che non avrebbe voluto la visita di Meshaal. Per l’Egitto però, la presenza di Meshaal e di Abu Marzouq nella Striscia è anche il tentativo di ricomporre gli attriti tra l’ala interna di Hamas e la diaspora. E siccome le immagini hanno il loro peso, Meshaal e il premier di Hamas a Gaza, Ismail Haniyeh, si sono fatti vedere sempre insieme, sin dall’inizio della visita.
Compressa sul piano interno dal durissimo confronto con l’opposizione, la presidenza egiziana di Morsi continua a fare politica estera, premendo sugli israeliani per far entrare Meshaal a Gaza. E Meshaal ha parlato anche della riconciliazione con Fatah. Indicando la direzione verso la quale intende muovere Hamas, e la politica palestinese. Tutti uniti, ma dentro l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, di cui Hamas non fa parte ma in cui vorrebbe entrare. Abbiamo «una sola autorità e un punto di riferimento», ha detto. «Ed è l’Olp».
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