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La Stampa - Corriere della Sera Rassegna Stampa
06.12.2012 Siria. Fuga o armi chimiche, che cosa sceglierà Assad ?
Cronache di Maurizio Molinari, Lorenzo Cremonesi

Testata:La Stampa - Corriere della Sera
Autore: Maurizio Molinari - Lorenzo Cremonesi
Titolo: «Siria, le armi chimiche ultima chance di Assad - Inviati siriani in America Latina. 'Assad cerca asilo'»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 06/12/2012, a pag. 14, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Siria, le armi chimiche ultima chance di Assad ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 15, l'articolo di Lorenzo Cremonesi dal titolo "Inviati siriani in America Latina. «Assad cerca asilo» ".
Ecco i pezzi:

La STAMPA - Maurizio Molinari : " Siria, le armi chimiche ultima chance di Assad "


Maurizio Molinari

Le armi chimiche siriane sono nelle mani delle truppe di élite di Bashar Assad che le possono adoperare «con breve preavviso» lanciando proiettili d’artiglieria, bombe aeree o missili di tipo Scud. E fra le zone più a rischio di attacco con i gas c’è Aleppo. Ad affermarlo è Leonard Spector, il vicedirettore del Centro per la non proliferazione dell’Istituto di Monterey, considerato a Washington fra i più eruditi conoscitori delle armi proibite che Damasco ha accumulato dalla metà degli Anni Settanta, prima con il contributo dell’Urss e poi dell’Iran. «Il regime di Assad dispone certamente di gas mostarda simile a quello usato durante la Prima guerra mondiale - spiega Spector - del più aggressivo sarin, che in piccole quantità può causare migliaia di vittime, e forse anche del VX». Sebbene la mappa dei depositi sia top secret ad averla descritta ai servizi di intelligence occidentali è Adnan Silou, il generale responsabile proprio dell’arsenale chimico, che durante l’estate ha disertato. È sulla base delle informazioni che Silou ha fornito che gli Stati Uniti, e altri Paesi Nato, sorvegliano costantemente siti e persone coinvolte nella gestione dei depositi.

«La struttura militare che gestisce questo arsenale è ben addestrata ad agire con precisione spiega Spector - e operare in fretta se Bashar Assad darà l’ordine». Sono due gli scenari di cui si discute: «Un attacco limitato contro i ribelli a fini dimostrativi, per spingere la popolazione sunnita a non sostenerli più» oppure «un bombardamento massiccio per evitare il crollo finale del regime a Damasco». Parlando ieri ai colleghi della Nato a Bruxelles, il Segretario di Stato Hillary Clinton ha ammonito per la seconda volta in 72 ore Assad a non «superare la linea rossa» dell’uso delle armi chimiche, suggerendo l’ipotesi che «a causa della disperazione del regime» l’esercito siriano possa consegnarle ad «altre forze che operano nel Paese», milizie paramilitari, per non assumersene la responsabilità diretta.

«Dietro le parole del presidente Barack Obama e di Hillary Clinton c’è il fatto - spiega Spector - che l’Intelligence ha visto qualcosa di molto concreto e ritiene che la possibilità di un attacco chimico sia divenuta reale». Per Jeffrey White, ex analista dell’intelligence Usa sulla Siria adesso in forza al Washington Institute, «potrebbe avvenire un attacco chimico limitato da parte di forze fedeli al regime contro aree dei ribelli che l’esercito non riesce a espugnare» come Maarrat al-Numan nella provincia di Idlib, zone interne ed esterne alla città di Aleppo e Abu Kamal o Mayadin nella provincia di Deir al-Zour.

Affidare l’uso dei gas a forze irregolari, magari attraverso l’espediente di un furto o saccheggio, potrebbe servire ad Assad per smentire un coinvolgimento diretto capace di alienargli il sostegno di Russia e Cina come anche di mettere in imbarazzo gli alleati di ferro: Hezbollah e Iran. In un’intervista da Londra, Adnan Silou si dice convinto che «se Assad non riuscirà a riconquistare Aleppo userà i gas contro le forze ribelli locali» perché non può permettersi di perdere il controllo della seconda città del Paese.

Se ciò dovesse avvenire quali sarebbero le opzioni dell’amministrazione Obama? «Teoricamente un’area colpita dal sarin può essere decontaminata con un intervento ad hoc, sebbene serva molto tempo, ma non credo che gli Stati Uniti lasceranno mai avvenire un simile attacco - osserva Spector - e dunque se vedranno che sta per avvenire, interverranno prima con un’azione militare massiccia per immobilizzare il regime, colpendo forze aeree, batterie missilistiche, impianti radar e truppe speciali in maniera da impedire l’uso dei gas».

CORRIERE della SERA - Lorenzo Cremonesi : " Inviati siriani in America Latina. «Assad cerca asilo» "


Lorenzo Cremonesi    Hugo Chavez con Bashar al Assad

Che fine farà Bashar Assad? Linciato come Muammar Gheddafi? Catturato in un rifugio di fortuna e poi impiccato come Saddam Hussein? In carcere e poi ricoverato in un ospedale militare sotto sorveglianza come Hosni Mubarak? Oppure fuggirà in esilio come riuscì a Zine El-Abidine Ben Ali? La domanda è nell'aria da tempo. E negli ultimi giorni si è fatta più pressante con le notizie incalzanti che arrivano dal fronte della rivoluzione. I ribelli stringono l'assedio su Damasco. Aleppo da città-martire accerchiata sta diventando la tomba dell'esercito lealista. Si teme per le armi chimiche della dittatura. Ieri Hillary Clinton, dopo un incontro a Bruxelles con i ministri degli esteri Nato, è tornata a paventare l'ipotesi del genocidio da testate non convenzionali. «Temiamo che, se messo con le spalle al muro, Assad possa ricorrere alle armi chimiche, oppure perda il loro controllo e cadano nelle mani di gruppi estremisti», ha dichiarato il Segretario di Stato Usa.
Fanno dunque clamore le rivelazioni pubblicate ieri dal quotidiano israeliano Haaretz circa la possibilità che Assad abbia chiesto asilo a Paesi amici in America Latina. Non stupisce che gli israeliani siano particolarmente attenti a ciò che accade oltre le alture del Golan e il monte Hermon (dove una foresta di antenne e sensori super-sofisticati spia al secondo gli accadimenti a Damasco). Già diverse bombe sparate dalla Siria sono cadute sul Golan israeliano negli ultimi mesi (praticamente non accadeva dalla guerra del Kippur nel 1973). Figurarsi poi con quanta apprensione Gerusalemme segua le vicende degli arsenali non convenzionali del vicino. Haaretz fornisce dettagli importanti, alcuni ripresi dalla stampa sudamericana. A fine novembre Assad avrebbe inviato il suo vice ministro degli Esteri, Faisal al-Miqdal, per un tour a Cuba, in Ecuador e in Venezuela con missive personali per i leader dei tre Paesi. In particolare cerca aiuto da Hugo Chávez, il quale, sin dallo scoppio delle rivolte siriane, nel marzo 2011, non ha mai smesso di esprimere il proprio sostegno al regime di Damasco. Il quotidiano venezuelano El Universal, citando il ministero degli Esteri locale, conferma l'arrivo della missiva. Chávez l'avrebbe ricevuta il 27 novembre mentre era in procinto di partire per cure mediche a Cuba.
Non si conosce la risposta. Né giungono dettagli in merito da Damasco. Pure è da supporre che, se la notizia fosse confermata, Bashar cerchi asilo per sé e qualche centinaio fra parenti e fedelissimi: la moglie Asma, i tre figli, la madre Anisa, il fratello Maher, il cerchio dei cugini Makhlouf e altre decine tra generali ed esponenti delle grandi famiglie alauite. Da Washington l'amministrazione Obama conferma di essere a conoscenza di offerte di asilo ad Assad da parte di parecchi Paesi del Medio Oriente «e altrove».
Occorre però aggiungere che l'ipotesi di una fuga collettiva oltreoceano presenta incognite gigantesche. Il cerchio si stringe sempre di più. L'aeroporto di Damasco funziona a intermittenza. Gli Assad dovrebbero esporsi per un lungo viaggio. Se davvero pensano all'esilio, per loro sarebbe probabilmente molto più semplice trovare accoglienza a Teheran, o addirittura presso gli alleati russi, che ancora forniscono armi e sostegno diplomatico. E non va dimenticata neppure la narrativa della resistenza ad oltranza. Anche in questo caso è difficile valutarne la consistenza. Ma certo è che la propaganda del regime, sino ad ora amplificata dai media russi, ribadisce che il presidente non ha alcuna intenzione di partire. Intervistato a metà novembre dall'emittente in lingua inglese Russia Today, lo stesso Assad ha reiterato: «Vivrò e morirò in Siria». Non è chiaro che ne pensi Asma, che ancora questa primavera ordinava via Internet gioielli, mobili e vestiti: difficile vederla ora come una sorta di Eva Braun pronta a suicidarsi col suo amato nel bunker assediato.

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