Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 05/12/2012, a pag. 14, l'articolo di Cecilia Zecchinelli dal titolo " Egitto, assalto al Palazzo. Il leader Morsi scappa ", la sua intervista ad Ahmed Naji dal titolo "Presidente schiavo dei radicali islamici ". Da REPUBBLICA, a pag. 18, l'intervista di Francesca Caferri a Khaled al Khamissi dal titolo " Parla lo scrittore Khaled el Khamissi: L’opposizione è finalmente unita ".
Ecco gli articoli:
CORRIERE della SERA - Cecilia Zecchinelli : " Egitto, assalto al Palazzo. Il leader Morsi scappa "
La folla contro Morsi
Mohammed Morsi è scappato dal palazzo presidenziale di Abdeen nel centro del Cairo, attaccato da masse di manifestanti furiosi per la «svolta islamico-dittatoriale» del raìs egiziano. O meglio, dicono altre fonti, ha solo lasciato l'ufficio che fu di Mubarak per andarsene a casa, come ogni sera. Ma ieri non è stata una sera come tutte: il presidente ha dovuto uscire da una porta sul retro protetto dalle sue guardie, qualche sasso è pure arrivato alle auto della scorta. E migliaia, intorno al palazzo, intonavano ancora tra i lacrimogeni lo slogan della rivoluzione (ash shaab yurìd isqàt an nizàm, il popolo vuole la caduta del regime). Poco prima avevano marciato su Abdeen, superando barriere di filo spinato e di poliziotti, decisi a dare al «nizàm», al regime, «l'ultimo avvertimento».
La (relativa) luna di miele di Morsi con l'Egitto della rivoluzione che tanto odia il passato da averlo votato in giugno, o almeno tollerato da allora, è finita: a darle l'ultimo colpo sono stati il decreto con cui il 22 novembre il raìs assumeva di fatto pieni poteri, pro tempore e in parte motivati dalla difficile transizione ancora incompleta, ma pur sempre tali. E venerdì è arrivata a sorpresa la bozza di Costituzione approvata in una maratona notturna da una commissione super contestata e abbandonata dai membri laici e cristiani. Una fretta dovuta soprattutto alla minaccia di scioglimento della costituente da parte dell'Alta Corte (che già aveva mandato a casa il Parlamento), il cui verdetto era atteso per domenica ma è stato rimandato anche perché il tribunale era assediato da islamici minacciosi. Una fretta che ha partorito una Carta piena di lacune o esplicite norme che aprono spazi a una maggior islamizzazione del Paese. Il 15 dicembre gli egiziani dovranno esprimersi su quella bozza che, è probabile, sarà approvata dalla grande massa. Quello che l'élite intellettuale, rivoluzionaria o semplicemente laica non approva è il «tradimento» di Morsi (qualcuno dice «conferma»): le promesse di apertura e di rispetto di tutte le componenti della rivoluzione e del Paese negli ultimi giorni sono apparse vane.
Ieri undici quotidiani hanno fatto sciopero contro la minaccia che grava sulla libertà di stampa, oggi tre tv private hanno annunciato il blackout. Intanto Tahrir resta piena di gente, senza barba e con pochi veli, e i leader dell'opposizione — Mohammed El Baradei, Hamdeen Sabahi, Amr Moussa più i capi dei giovani e di molti partiti — hanno finalmente trovato l'unione che se ci fosse stata in giugno avrebbe evitato all'Egitto un raìs islamico. Per ora discutono se boicottare il referendum del 15 dicembre o votare «no». Più in prospettiva come uscire dalla più grave crisi politica da mesi, impresa non facile visto che un conto è protestare, altro è trovare un programma comune che convinca la gente. Ma già lo scoglio del referendum non sarà facile da superare: ieri molti giudici hanno annunciato che saranno ai seggi per garantire la legalità, un brutto colpo per gli oppositori che speravano in un fronte compatto con la magistratura per delegittimare quel voto.
CORRIERE della SERA - Cecilia Zecchinelli : " Presidente schiavo dei radicali islamici "
Ahmed Naji
Ahmed Naji è uno dei blogger e giovani autori d'avanguardia più noti in Egitto, allievo prediletto del grande scrittore Gamal Ghitani, tradotto anche in Italia con il suo libro «Rogers». E da piazza Tahrir, dove ieri sera si trovava da ore con migliaia di persone, ha chiarito alcuni punti fondamentali per cercare di capire cosa succede in Egitto. «A partire dal fatto che il nemico numero uno non è Morsi, ma il vero capo dei Fratelli musulmani, Mohammed Badie, e quindi la Fratellanza, il movimento. Morsi è caso mai il terzo».
Nel senso che vi fidate ancora un po' di Morsi?
«La fiducia non c'entra. Qui nessuno si fida di nessuno. Ma Morsi è chiaramente sotto il giogo di Badie e dei suoi. Ha cercato di mantenere le promesse ma non ha potuto, lo pensano in molti, anche chi come me a giugno non l'ha votato. Ora deve fare una scelta: o con la sua “guida suprema”, o con l'Egitto».
Qualcosa di positivo c'è ora, l'unione dell'opposizione.
«Sì, per la prima volta i vari El Baradei, Sabahi, Moussa sono finalmente insieme. Il problema è che anche gli islamici sono più uniti, i Fratelli si sono avvicinati ai salafiti, o viceversa che sia, sono più forti anche se non hanno il coraggio di affrontare con le armi l'opposizione. Il Paese è polarizzato».
Con voi ci sono anche i residui del vecchio regime. Non è un problema?
«È vero, qui ora a Tahrir è pieno di borghesi, di gente del “partito del divano” mai visti prima. Ma penso abbiano capito che indietro non si torna e per il momento fanno numero. Che sia una nuova rivoluzione o un'altra ondata della precedente non saprei. Di certo l'Egitto si sta ancora muovendo».
La REPUBBLICA - Francesca Caferri : "Parla lo scrittore Khaled el Khamissi: L’opposizione è finalmente unita "
Khaled al Khamissi
Nelle pagine del suo “Taxi”, viaggio nel cuore del Cairo attraverso gli occhi dei tassisti e dei loro passeggeri, Khaled al Khamissi aveva anticipato gli umori che, due anni dopo l’uscita del libro, avrebbero portato alla rivoluzione di Tahrir. Oggi lo scrittore vede una nuova rivoluzione all’orizzonte.
Cosa succede al Cairo?
«I Fratelli musulmani sono riusciti dove la rivoluzione aveva fallito: hanno unificato l’opposizione.
Oppositori di tutti i tipi, laici, comunisti, liberali, giudici e giornalisti sono insieme contro Morsi ».
Ma Morsi è stato votato dal 51% degli egiziani.
«Molti lo hanno votato solo perché l’altro candidato era peggio di lui, un ex servo di Mubarak: oggi non pensano più che possa essere il presidente di tutti».
Questo non significa che se ne andrà.
«Però la gente lo sta chiedendo.
E solo qualche giorno fa non lo faceva. È questo il senso dell’assalto al Palazzo presidenziale».
Prevede davvero la fine del presidente e dei suoi Fratelli musulmani?
«Se non li manderà via la folla, sarà l’economia a farlo. Siamo in piena crisi, e loro non hanno una soluzione. Per questo cercano disperatamente di attaccarsi al potere, in ogni modo».
Per inviare la propria opinione a Corriere della Sera e Repubblica, cliccare sulle e-mail sottostanti