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L'Opinione - L'Unità - Il Manifesto Rassegna Stampa
29.11.2012 Palestina all'Onu, oggi la votazione
commenti di Fiamma Nirenstein, Stefano Magni. Unità e Manifesto sempre contro Israele

Testata:L'Opinione - L'Unità - Il Manifesto
Autore: Fiamma Nirenstein - Stefano Magni - Umberto De Giovannangeli - Grazia Careccia
Titolo: «Il riconoscimento unilaterale di uno Stato Palestinese sarà uno dei più grandi errori dell'Onu - Palestina: entrare all'Onu per scalzare Israele - Il governo voti sì allo Stato palestinese - E' solo un primo passo»

Oggi Abu Mazen chiede all'Onu di riconoscere lo Stato palestinese. I quotidiani italiani pubblicano diverse analisi. Quelle di Maurizio Molinari (La Stampa) e Franco Venturini (Corriere della Sera) problematiche, quella di Bernardo Valli (La Repubblica) schierata. Saranno più interessanti i commenti di domani, quando si conoscerà il risultato della votazione.

Pubblichiamo il comunicato di Fiamma Nirenstein dal titolo "Il riconoscimento unilaterale di uno Stato Palestinese sarà uno dei più grandi errori dell'Onu ". Dall'OPINIONE di oggi, 29/11/2012, in prima pagina, riportiamo l'articolo di Stefano Magni dal titolo " Palestina: entrare all'Onu per scalzare Israele ".
Dall'UNITA', a pag. 19, l'articolo di Umberto De Giovannangeli dal titolo " Il governo voti sì allo Stato palestinese ". Dal MANIFESTO, a pag. 7, l'articolo di Grazia Careccia dal titolo " E' solo un primo passo ".

Notiamo come Unità e Manifesto continuino con la loro linea anti israeliana.
Sull'Unità, Udg esorta l'Italia a votare per il sì, mentre il Manifesto dedica alla votazione una paginata intera, nella quale spicca il pezzo di Grazia Careccia, presentata come giurista, che si rallegra del fatto che, una volta che la Palestina sarà riconosciuta all'Onu, potrà perseguire legalmente Israele avvalendosi del tribunale internazionale dell'Aja. Un motivo in più per votare per il no.
Ecco i pezzi:

Fiamma Nirenstein -  " Il riconoscimento unilaterale di uno Stato Palestinese sarà uno dei più grandi errori dell'Onu "


Fiamma Nirenstein

“Oggi 29 novembre l’Assemblea Generale dell’ONU compirà un ennesimo errore, stavolta forse uno dei maggiori della sua lunga storia di fraintendimenti e inganni. Abu Mazen, Presidente dell’Autorità Palestinese ha infatti intenzione di presentare la richiesta di riconoscimento unilaterale di uno Stato Palestinese osservatore, proprio nell’anniversario del 29 novembre del ’47, quando il mondo arabo respinse la partizione dichiarata dall’Assemblea Generale e si lanciò in una sanguinosa guerra contro Israele appena nata. E’ un errore eguale e parallelo a quello del ’47 perché annienta la trattativa pacifica e quindi anche il suo sbocco pacifico e non contestabile da nessuna delle due parti. E purtroppo il consesso internazionale, che in parte risponde all'imperativo della maggioranza automatiche, in parte a fraintendimenti emotivi o a motivi di bassa opportunità, consentirà il grande errore. Mentre Paesi come gli USA, il Canada, l’Australia e altri si accingono a dire no alla richiesta, l’Europa di nuovo succube di un rapporto ideologico e gregario col mondo arabo si avvia o alla spaccatura, o al si, o all’astensione. 

Ho rivolto un’interrogazione al Ministro degli Esteri Affari in cui gli ho esposto l’indicibile danno di arrivare ad una risoluzione concepita con prepotenza, senza che l’Autorità Palestinese senta il dovere di sedersi con la controparte e discutere il più controverso fra i confini, fra i rapporti, fra le narrative. Tutti gli sforzi del Quartetto, ogni accordo pattuito, ogni road map le stesse risoluzioni dell’ONU 242 e 338 verranno cancellati da un gesto unilaterale. 

Nel luglio del 2011 l’Italia votò contro lo stesso evidente errore che veniva anche allora proposto all’ONU. Stavolta evidentemente cercando di spalleggiare il miope sogno di Abu Mazen di conquistare con questa guerra diplomatica lo spazio conquistato preso i palestinesi dal suo antagonista interno, Hamas, con una guerra guerreggiata, l’Europa non comprende che qui si rischia di aiutare invece un  miope sogno che si contrappone ad Hamas sempre sul terreno dell'estremismo: è il sogno arabo che pretende di non vedere che Israele c’è, esiste, che bisogna trattare confini e condizioni di sicurezza per giungere allo Stato, e che non può essere scavalcato oggi nella consueta ribadita speranza di distruggerlo domani. Spero con tutta la mia esperienza di Medio Oriente che l'Italia e il resto di Europa votino contro la richiesta unilaterale".
www.fiammanirenstein.com

L'OPINIONE - Stefano Magni : " Palestina: entrare all'Onu per scalzare Israele"


Stefano Magni

Oggi all’Onu torna la patata bollente della Palestina. L’Autorità Palestinese chiede, infatti, di essere riconosciuta come “Stato osservatore”, un gradino in meno rispetto a “Stato membro”. Ma pur sempre “Stato”, internazionalmente riconosciuto. In qualità di “osservatore”, il governo di Ramallah potrà accedere a organi giuridici, come la Corte Penale Internazionale. Ed è proprio questo il vero interesse di Abu Mazen: poter denunciare Israele per crimini di guerra e contro l’umanità, come ha già tentato di fare lo scorso aprile. Allora, il tribunale dell’Aia aveva respinto al mittente la raccomandazione palestinese, proprio perché l’Anp è “entità” e non “Stato”. Con l’avanzamento di status, invece, si potrebbe aprire la procedura. Oltre a Gaza, questa volta, l’Anp intende portare all’attenzione dell’Aia anche la morte di Yassir Arafat. Che, secondo i palestinesi, sarebbe stato assassinato da Israele. La sua salma è stata riesumata perché un centro medico svizzero ha trovato “tracce di polonio” sui suoi vestiti. Investigatori palestinesi, russi e francesi, martedì, hanno prelevato campioni biologici dal corpo del defunto leader dell’Olp. In attesa di un responso, come ha dichiarato Tawfiq Tirawi, l’investigatore palestinese, l’Anp si prepara a portare il caso a cospetto dei magistrati dell’Aia. Nel caso il veleno venga trovato realmente. E dando per scontato che (nel caso si rintracci) gli avvelenatori siano gli israeliani e non altri. Benché il rappresentante palestinese all’Onu, Riyad Mansour, dica e disdica (stando alle sue parole, il ricorso all’Aia sarebbe solo “un’opzione”), il progetto di lungo termine è già abbastanza chiaro: ottenere dall’Onu la legittimazione necessaria a delegittimare Israele. Dopo più di mezzo secolo dal 1947, anno in cui l’Onu accettò la nascita dei due Stati, uno arabo e uno ebraico, in Palestina, lo Stato arabo vuole entrare per scalzare l’altro. Obiettivamente, proprio la guerra a Gaza ha ulteriormente dimostrato come l’eventuale Stato palestinese non stia in piedi. È diviso in due governi distinti, uno dei quali (Hamas, a Gaza) non fa passare tre anni senza provocare una nuova guerra contro Israele. Ma i palestinesi sono maestri nella comunicazione. Per l’opinione pubblica, promuove il concetto che sia lo Stato ebraico ad aggredire Gaza, facendo dimenticare la costante pioggia di razzi palestinesi. Per i palati fini, invece, fa passare l’idea che solo con un riconoscimento dello Stato palestinese l’Anp possa “tenere a bada” Hamas. Chi ci crede? La maggioranza dei Paesi all’Onu: almeno 150 su 193 sono pronti a votare per la promozione dell’Anp. Fra cui la Francia, che lo ha già anticipato, seguita dalla Svizzera e dalla Danimarca. La Gran Bretagna ha preannunciato l’astensione, la Germania un voto contrario. Mentre gli Usa minacciano la sospensione degli aiuti all’Anp nel caso avvenga il riconoscimento. Oggi sarà il giorno della verità.

L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli : " Il governo voti sì allo Stato palestinese "


Umberto De Giovannangeli

Comunque lo si guardi quello di oggi all'Onu è un voto storico. Un voto «per» e non un voto «contro.. Un voto per affermare il diritto di un popolo, quello palestinesi, a «sentirsi» Stato. Un diritto che può compiersi solo se s'intreccia con quello del popolo d'Israele e del suo diritto alla sicurezza. E un voto per il dialogo, quello che viene proposto all'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Non è un risarcimento per il passato. E un investimento sul futuro. La Terrasanta si nutre di simboli, la cui valenza va anche oltre la politica. E il probabile via libera della più importante istituzione internazionale al riconoscimento della Palestina come «Stato non membro., ha un significato che supera i confini stessi della sua concreta ricaduta. Perché dice a un popolo oppresso che la via diplomatica paga, e che la sua liberazione è affidata ad una leadership - quella del presidente Abu Ma-zen - che ha fatto del negoziato con Israele una scelta strategica, che non prevede alternative o devastanti scorciatoie terroristiche. Un «si. per affermare che il dialogo è l'unica alternativa alla guerra. Quel si è anche per Israele. Perché possa finalmente realizzare l'ambizione che fu dei padri fondatori dello Stato ebraico: quello di essere un «Paese normale», pienamente integrato in un Medio Oriente che ai «muri» sostituisca «ponti» di cooperazione. Un Paese non più in trincea. Due Stati per due popoli. E la pace dei coraggiosi: un processo avviato da Yitzhak Rabin e Yasser Arafat e che è tempo che veda una sua conclusione. Riconoscere uno Stato palestinese entro i confini del 1967 significa anche, per quanti all'Onu sosterranno la richiesta di Abu Mazen, riconoscere l'esistenza dello Stato d'Israele senza più riserve. La «pace dei coraggiosi» è un incontro a metà strada, è riconoscere non solo l'esistenza ma le ragioni dell'altro da sé. E una pace che non concede spazio ai disegni del «Grande Israele» o della «Grande Palestina». E la pace rispettosa della legalità internazionale. In questo senso - rileva a ragione Giorgio Gomel, animatore della sezione italiana di Jcall-Europa - il riconoscimento dello Stato palestinese sarebbe il compimento concreto della risoluzione 181 dell'Onu del 29 novembre 1947 - una coincidenza di date che colpisce - che prevedeva la creazione di uno Stato ebraico e di uno Stato arabo entro i confini della Palestina-Eretz Israel. Per Israele, ciò sarebbe il riconoscimento da parte della comunità delle nazioni, inclusi finalmente i Paesi arabi e islamici, delle frontiere scaturite dalla guerra del 1948 e della sua legittimità. «Chiedere e ottenere l'indipendenza del proprio Stato è uno dei diritti naturali dei popoli, conforme alle necessità morali e a quelle dell'esistenza. In questo contesto esso rappresenta anche la base della convivenza tra i popoli israeliano e palestinese»: è quanto sostenuto in una lettera aperta da due grandi scrittori israeliani - Amos Oz e Sami Michael, dall'ex ministra Shulamit Aloni e dallo storico Zeev Sternhell. L'Israele del dialogo non si è arresa alla logica, nefasta, del più forte. L'Europa giunge a questo appuntamento nel modo peggiore. Divisa, e per questo più debole, ininfluente. Una divisione che investe pesantemente i Paesi euromediterranei. Parigi e Madrid hanno annunciato il loro sostegno alla richiesta palestinese. Roma è, al momento, «non pervenuta.. Una debolezza nella debolezza. L'Europa ha pesato in Medio Oriente quando ha saputo praticare, e non solo predicare, un intervento coraggioso, condiviso, come fu quello che portò alla missione Unifil nel Sud Libano, di cui l'Italia fu promotrice decisiva. Il voto di oggi all'Onu può rappresentare un nuovo inizio d'impegno non solo per la diplomazia degli Stati ma anche per quella, non meno importante dei popoli. Lavorare per il dialogo tra israeliani e palestinesi può essere un punto unificante per le forze progressiste italiane, una feconda pratica di «equivicinanza». L'appello perché il nostro Paese a sostenga la richiesta dell'Anp, che vede tra i suoi firmatari Pier Luigi Bersani e Nichi Vendola, va in questa direzione. E sarebbe davvero un bel segnale - un investimento sul futuro, un punto qualificante per un governo di svolta - se anche gli altri protagonisti delle primarie lo facessero proprio.

Il MANIFESTO - Grazia Careccia : " E' solo un primo passo "


Abu Mazen

La risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che riconoscerà alla Palestina lo status di stato osservatore non membro, al pari della Santa Sede, rappresenta il primo passo verso il ribilanciamento giuridico della Palestina rispetto al resto della comunità internazionale e in particolare verso Israele, lo stato occupante. Tuttavia, il consolidamento della Palestina dal punto di vista giuridico non cambierà sostanzialmente quella che è la situzione attuale. La Palestina rimane infatti un paese sotto occupazione militare su cui Israele manitene un controllo effettivo e, di conseguenza, responsabilità giuridiche derivanti dal diritto internazionale umanitario e diritti umani verso la popolazione occupata. L'acquisizione dello status di stato osservatore delle Nazioni Unite apre una serie di importanti opportunità circa la promozione e la protezione dei diritti umani per il popolo palestinese. Lo stato palestinese potrà infatti ratificare le convenzioni internazionali sui diritti umani, tra cui il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, la Convenzione internazionale sull'eliminazio-ne di ogni forma di discriminazione razziale, la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, la Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, la Convenzione sui diritti del fanciullo, la Convenzione delle Nazioni Unite sul crimine di Apartheid e la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità. La ratifica di questi trattati multilaterali inoltre consentirà alla Palestina di assumere un ruolo importante nella nomina dei membri dei mecchanismi incaricati di assicurare il rispetto delle norme di tali convenzioni. Lo stato palestinese potrà, con più facilità rispetto a quanto non sia awenuto per l'UNESCO, diventare membro di importanti agenzie specializzate delle Nazioni Unite, come per esempio l'Unione internazionale delle telecomunicazioni. Oltre agli strumenti per la tutela dei diritti umani, la Palestina potrà diventare un'Alta Parte Contraente delle Convenzioni di Ginevra e ratificarne i due protocolli aggiuntivi, il che darebbe alla Palestina il potere di perseguire i crimini internazionali commessi sul proprio territorio, in virtù dell'Articolo 146 della Quarta Convenzione di Ginevra. Questa norma di diritto cogente andrebbe a prevalere su eventuali accordi di natura pattizia conclusi dalla Palestina che prevedano deroghe a tale principio. Più difficile sarà invece il percorso per accedere agli strumenti di giustizia internazionale. Mentre la Palestina potrà presentare al Segretario Generale delle Nazioni Unite lo strumento di ratifica dello Statuto della Corte Penale Internazionale e diventarne uno Stato Parte, altrettanto non potrà fare per lo Statuto della Corte Internazionale di Giustizia, la cui rafitica è consentita solo agli stati membri delle Nazioni Unite.

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