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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Il Giornale Rassegna Stampa
26.11.2012 Diario di un guardiano del Gulag, di Ivan Cistjakov
L'orrore targato Urss, recensione di Luca Negri

Testata: Il Giornale
Data: 26 novembre 2012
Pagina: 19
Autore: Luca Negri
Titolo: «Il Gulag visto 'al di qua' del filo spinato»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 26/11/2012, a pag. 19, l'articolo di Luca Negri dal titolo "Il Gulag visto «al di qua» del filo spinato".


Ivan Cistjakov, Diario di un guardiano del Gulag (Bruno Mondadori)

Entrambi disumaniz­zanti, il lager nazista e il gulag sovietico dif­ferivano su di un aspetto. È noto che finivano nei campi di concentramento o di sterminio nazisti precise categorie di persone: ebrei, omossessuali, nomadi, nemi­ci politici. Meno lucidità e più follia, invece, nei campi dei bol­scevichi: poteva finirci chiun­que, compresi gli stessi aguzzi­ni del giorno prima, gli alti esponenti del partito. Bastava poco, una delazione, un dub­bio «controrivoluzionario» espresso in una lettera o in una conversazione da bar, una «purga». In Unione sovietica veramente la rivoluzione man­giava i suoi figli.
Se le condizioni nei campi so­vi­etici erano tragiche e disuma­ne per i prigionieri, non erano molto migliori per gli stessi car­cerieri. Lo scopriamo leggen­do il Diario di un guardiano del
Gulag (Bruno Mondadori, pagg. 234, euro 18; con un sag­gio di Marcello Flores, postfa­zione di Irina Scerbakova) ov­vero di un certo Ivan Cistjakov, uomo che il destino ha voluto testimone di quella tragedia collettiva novecentesca. Il dia­rio- un documento storico di ri­levanza eccezionale- è oggi cu­stodito in una cassaforte del Centro Memorial per i diritti umani di Mosca ed è prezioso perché non esistono altre me­morie di chi stava dall’altra par­te del filo spinato.
Era infatti pe­ricolosis­simo tenere diari o ac­cennare nelle lettere alle condi­zioni di vita nei campo di lavo­ro. Perquisizioni e sequestri erano all’ordine del giorno,ba­stava poco per passare da guar­dia a internato, a schiavo. Di Ci­stjakov si sa poco, quello che suggerisce lui stesso nella sua testimonianza: poco più che trentenne, moscovita, appas­sionato di sport e di pittura, non proletario di origine, pro­babilmente reduce della guer­ra civile degli anni Venti e poi espulso per motivi ignoti dal Partito comunista. Finì, nel 1934, al comando di un’unità della guardia armata in un la­ger di lavoro correzionale do­ve era compito dei detenuti co­struire un tratto della ferrovia Bajkal-Amur in Siberia. È qui, nei due anni passati al Gulag come comandante di un ploto­ne di sorveglianza, che Ivan Ci­stjakov tiene un diario che, scampato alla distruzione e pubblicato oggi per la prima volta, è un documento storico di eccezionale rilevanza, an­che perché unico nel proporre un punto di vista diverso - tra una certa empatia con le mise­rie dei prigionieri, l’irritazione per gli ordini insensati, mo­menti di collera, tristezza e ver­gogna- da quello delle vittime. Siamo dunque negli anni in cui Stalin dichiarava, in un fa­moso discorso, che «la vita è di­ventata migliore, compagni, la vita è diventata più gioiosa!». Non però per Cistjakov, per i suoi colleghi e per i detenuti che dovevano sorvegliare. Le condizioni climatiche erano durissime, il termometro toc­cava i meno 50 gradi a gennaio, e tutti, guardie e schiavi erano costretti a lavorare fino a diciot­to ore al giorno e spostarsi a pie­di per distanze di trenta o qua­ranta chilometri. Scarseggiava­no i beni primari: la legna per scaldarsi, il cibo, il vestiario. La disorganizzazione e il sistema insensato, assurdo, rendeva­no comune la vita quotidiana dei prigionieri e dei sorveglian­ti.
Cistjakov - un tipico rappre­sentante della «zona grigia» ­non era un bolscevico entusia­st­a ma nemmeno un anticomu­nista convinto, si considerava un leale cittadino sovietico ma rimase disgustato dal caos che lo circondava. Gli era impossi­bile instaurare contatti umani con i colleghi, ognuno pensa­va a se stesso e contava i giorni che mancavano alla fine del soggiorno forzato. Tentato più volte dal suicidio per dispera­zione, l’autore di questo ag­ghiacciante documento verrà arrestato nel 1937 e ucciso nel 1941.
Forse proprio a causa del suo diario finito nelle mani sba­gliate.

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