Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 26/11/2012, a pag. 31, l'articolo di Pierluigi Panza dal titolo "Barenboim, suono senza confini".

Daniel Barenboim a Gaza
Panza recensisce in termini estremamente positivi l'ultimo libro di Daniel Barenboim, in particolare ricorda che "Barenboim è stato anche il primo ad eseguire Richard Wagner (il Preludio e morte di Isotta) in Israele con la Staatskapelle di Berlino nel 2001: un momento importante che sfatò un tabù". Barenboim non ha sfatato nessun mito, ha semplicemente offeso e mancato di rispetto ai sopravvissuti della Shoah che, presenti al concerto, si sono sentiti suonare le note che venivano diffuse nei campi i sterminio.
Certo, Richard Wagner non è stato il responsabile della Shoah, ma il suo antisemitismo è ben noto. Come è nota la passione che Hitler nutriva per la sua musica, tanto da contringere i prigionieri nei lager ad ascoltarla attraverso altoparlanti. Barenboim si è comportato esattamente come Hitler, costringendo il pubblico ad ascoltare Wagner, dato che non era inserito nel programma e nessuno (salvo l'orchestra, ovviamente) era stato avvisato. Nessun tabù rotto, appunto, solo volgare mania di protagonismo e totale mancanza di rispetto per la memoria dei sopravvissuti e dei morti nei campi di sterminio.
Panza continua : " Il desiderio futuro è quello di «portare a Gaza la West-Eastern Divan Orchestra». ". Non dovrebbe essere difficile per Barenboim portare la sua orchestra-propaganda a Gaza, dato che è riuscito già l'anno scorso a far suonare a Gaza per Hamas un gruppo di musicisti europei (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=2&sez=110&id=39830).
Ricordiamo che, in quell'occasione, non spese una singola parola per chiedere notizie del prigioniero israeliano Gilad Shalit, rapito sul territorio israeliano dai terroristi di Hamas e tenuto nascosto nella Striscia per 5 anni. In compenso non perse l'occasione per salire sul podio e sputare la sua consueta propaganda anti israeliana, definendo Hamas un 'interlocutore di pace'. Facile dialogare con un assassino quando non sei tu il suo bersaglio.
Ecco il pezzo:
Per la pace universale, per l'uomo completo, per l'arte come elevazione dello spirito e per l'educazione estetica: i tipici valori del Romanticismo tedesco di Schiller, Goethe e Schopenhauer sono quelli che animano il pensiero del direttore musicale della Scala, Daniel Barenboim, argentino di nascita, tedesco di adozione, apolide per definizione. Il pensiero che trapela dal suo nuovo libro (La musica è un tutto. Etica ed estetica, a cura di Enrico Girardi, Feltrinelli pp.122, 12), appare forgiato nella visione goethiana del mondo, finalizzato alla costruzione di una pienezza di vita che superi le divisioni tra esperienza artistica e vita «fattuale». Il testo è diviso in tre sezioni («Occasioni», «Conversazioni», «Epilogo») e raccoglie vari interventi degli ultimi anni, tra i quali le presentazioni all'Università Cattolica delle «prime», come quella che terrà martedì sul Lohengrin.
Delle molte suggestioni del libro accenniamo ad alcune. Anzitutto Barenboim critica quella forma di «asservimento e parcellizzazione» contemporanea che è la specializzazione, giudicata «una combinazione letale di conoscenza sempre più dettagliata applicata a un mondo sempre più ristretto». La specializzazione, fondamento degli avanzamenti scientifici, separa l'individuo da una conoscenza completa del mondo; sostanzialmente fa avanzare velocemente la conoscenza, ma riduce quella individuale.
L'ideale settecentesco di una pace universale e, di conseguenza, pace tra Israele e i palestinesi emerge in molte sue riflessioni. Presenta aspetti, condivisibili, che fanno di Barenboim un candidato al Nobel per la Pace scevro da ipocrisie alla moda, che smaschera il «politically correct» come atteggiamento di maniera e, per questo, pericoloso.
Sul conflitto mediorientale muove da due posizioni. La prima è che il «politicamente corretto prospera in una società governamentale che decide cosa sia giusto o meno, soffocando di conseguenza il pensiero del singolo individuo». È quasi una eco del pensiero migliore di Foucault: ogni assolutismo è pericoloso, anche quello «correct» di maniera. L'altro elemento da cui muove sono le posizioni dello storico Edward Said, con il quale Barenboim ha fondato West-Eastern Divan Orchestra (che riunisce musicisti israeliani e palestinesi). L'amicizia con lo storico gli impedisce di vedere le semplificazioni antioccidentali delle tesi di Orientalismo di Said, che riduce a una volontà di potenza eurocentrica e bianca le dinamiche del rapporto Oriente-Occidente. La tesi conclusiva del discorso di Barenboim sul conflitto mediorientale è cristallina: «L'unica soluzione è l'accettazione reciproca, in primo luogo a livello interpretativo e successivamente a livello pratico». Barenboim ricorda come anche Herzl e Buber sottolinearono i diritti dei palestinesi.
Barenboim, come lui stesso ricorda, è stato anche il primo ad eseguire Richard Wagner (il Preludio e morte di Isotta) in Israele con la Staatskapelle di Berlino nel 2001: un momento importante che sfatò un tabù. «Tenere ancora oggi in vita il tabù di Wagner in Israele equivale a dare ragione a Hitler quando considerava Wagner un profeta e un precursore dell'antisemitismo». Il desiderio futuro è quello di «portare a Gaza la West-Eastern Divan Orchestra». Barenboim si mostra inoltre molto preoccupato sugli esiti della «Primavera araba»; come ha dichiarato in occasione del conferimento del premio Willy Brandt: «Sono ancora incerti gli esiti che potrebbero anche rivelarsi molto negativi».
Le conversazioni dedicate alle presentazioni delle sue «prime» alla Scala (su Carmen, Die Walküre e Don Giovanni) mettono in luce alcuni aspetti della sua estetica, che è caratterizzata da un certo positivismo: eliminare il superfluo e il capriccio, idea di un pubblico come comunità consapevole e da educare, arte come ricerca di equilibrio tra intelletto ed emozione.
Il fine che Barenboim affida alla musica è quello dell'estetica di Schopenhauer: la musica «ha il potere di oltrepassare i limiti» individuali, ovvero elevare la coscienza dell'individuo dalla coercizione della quotidianità. Sebbene il suo fine sia la commozione d'animo, andrebbe insegnata nelle scuole poiché «lo Zeitgeist di oggi può essere captato dal sentimento, mentre lo Zeitgeist di ieri può solo venir capito».
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