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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
25.11.2012 Arafat: nessun mistero, è morto probabilmente di Aids
La cronaca di Francesco Battistini

Testata: Corriere della Sera
Data: 25 novembre 2012
Pagina: 14
Autore: Francesco Battistini
Titolo: «Mistero Arafat, ora si cerca il veleno»

E' incredibile come i nostri giornali continuino a pubblicare articoli totalmente disinformati sulla fine di Arafat.  Che le teorie complottiste possano solleticare la curiosità dei lettori,  è solo per ipocrisia - e per una forma di rispetto (o timore) del defunto- che continuano a riproporre la bufala dell'avvelenamento da parte di Israele. Quando mai un capo palestinese può defungere a causa dell'Aids ? Non sia mai ! Si sposò addirittura con l'ambiziosa Suha, convinta (dalla madre) che sarebbe diventata Lady Palestina, a quella condizione poteva starci anche un matrimonio di facciata.
Quando Arafat morì, in un ospedale francese, tutto rimase ben nascosto, persino al suo medico privato fu impedito di vederlo. Adesso, dopo anni, salta fuori la storia del Polonio, un'altra bufala, visto che le tracce del Polonio evaporano quasi subito, figuriamoci dopo anni. Questo polverone ha un unico scopo, dare una ripulitura all'immagine del defunto rais, la sua faccia può sempre tornare utile, meglio ricordare che può anche essere stato avvelenato e che esiste una moglie che lo rimpiange. Ah, se i fedayin potessero parlare, quel che avrebbero da raccontare ! questo sì, alzerebbe la tiratura dei quotidiani, arabi soprattutto. Ma non succederà, bocche cucite.
Solo il pezzo di Francesco Battistini non si unisce al coro degli altri giornali  che se la bevono tutti, (compresi GIORNALE e LIBERO!), il suo pezzo  è sul CORRIERE della SERA di oggi, 25/11/2012, a pag.14, con il titolo (ambiguo, che non rispetta il contenuto, l'avrà fatto "manina infarinata" ?) "Mistero Arafat, ora si cerca il veleno".
Eccolo:

a sinistra, Arafat, già fuori di testa, mentre sale sull'aereo che lo porterà a Parigi, dove morirà. a destra Francesco Battistini

DAL NOSTRO INVIATO
RAMALLAH (Cisgiordania) — Non può stare nella sua terra neanche da morto. Fin là sotto, un erratico destino perseguita Yasser Arafat. Tre strati di cemento, otto anni di cerimonie e di scolaresche, corone di fiori e delegazioni, un amore di popolo che in mancanza di sostituti non s'è mai distratto, tutto questo non è bastato a seppellire le liti, i dubbi, i misteri intorno al modo in cui se ne andò. Martedì, dopo due mesi di negoziati, un imponente servizio di polizia chiuderà alla curiosità del mondo il mausoleo della Muqata, rimuoverà la solenne lapide dedicata ad Abu Ammar Al-Walid, il Padre Fondatore, e una squadra di magistrati francesi e palestinesi, di scienziati svizzeri e russi ne riesumerà la salma. Un prelievo sui resti, «basteranno poche ore». Perché se incerto era il certificato di nascita d'Arafat, che si faceva passare per uno di Gerusalemme pur essendo d'origini egiziane, ancora più insicuro è il referto della sua morte: fu avvelenato? L'Arafat Day era fissato per domani, ma coincidenza (o forse no) ha voluto che la nuova autopsia fosse rinviata al giorno dopo: quando il presidente Abu Mazen – che della Grande Kefiah è il successore – dovrà partire per New York e perorare la nuova causa del riconoscimento palestinese all'Onu. «Questa riesumazione è una necessità dolorosa», dice Tawfiq Tirawi, capo della commissione d'indagine di Ramallah che sogna anche «un'indagine internazionale, come s'è fatto in Libano per l'assassinio Hariri». La necessità è capire che cosa ci sia di vero nel reportage di Al Jazeera, in onda a luglio, che fece esaminare a un istituto di radiofisica di Losanna alcuni oggetti usati negli ultimi due mesi di vita dal vecchio Yasser: lo spazzolino da denti e la kefiah. La tv denunciò d'avere riscontrato tracce di polonio-210, il veleno che nel 2006 uccise anche Alexandr Litvinenko, la spia russa rea d'avere svelato i malaffari ceceni. Kefiah e spazzolino sono spuntati dopo molto tempo dalla casa maltese di Suha, la vedova, assai detestata dalle autorità di Ramallah che l'hanno sempre liquidata come una profittatrice: cittadina francese e con ambizioni politiche, s'è rivolta ai giudici parigini per avere un'inchiesta indipendente. I risultati richiederanno mesi: il polonio con gli anni s'annulla, non sarà facile reperire nuove tracce.
«Sono sulla mia terra e in mezzo al mio popolo: di che cosa dovrei aver paura?», diceva Arafat pochi mesi prima di morire. Parole incaute, forse. Cinquanta medici che lo visitarono, 558 pagine di cartelle e radiografie, tre commissioni d'inchiesta palestinesi non hanno mai del tutto spiegato che cosa fosse la malattia del sangue che in poche settimane lo portò a spegnersi a Parigi. Gli trovarono l'Hiv: «Ma lui non è morto di Aids — è sicuro Ashraf al-Kurdi, per quasi 20 anni il medico personale —, il virus fu iniettato per coprire l'avvelenamento».
Del veleno è sempre stato certo il nipote, Nasser al Kidwa. «Se c'è stato un crimine — dice Suha —, bisogna saperlo», laddove il sospettato numero uno, anche se non unico, è Israele: il polonio non è roba che si produce in casa, viene estratto dall'uranio degli impianti nucleari. «E fu il premier Sharon — scrive la stampa palestinese — a confessare che esisteva un accordo con gli Usa per non eliminare Arafat, ma d'essersi pentito d'averlo sottoscritto». Scampato a decine d'attentati, diffidente perfino dei piloti, al punto di consegnare i piani di volo una volta decollato, Abu Ammar era circondato di nemici: «Ci sono mani palestinesi in quest'omicidio», disse una volta un capo di Hamas, Salah Bardawil. «Che interesse aveva Israele a ucciderlo? — si chiede un analista israeliano, Alex Fishman —. Arafat era ormai isolato, malconcio. Straparlava. E poi, chi ci dice dove sono stati tenuti in tutti questi anni, quella kefiah e quello spazzolino?».

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