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La Stampa-Corriere della Sera Rassegna Stampa
24.11.2012 Tregua: un palestinese ucciso. Contadino ? Attivista ? Suicida ?
Due cronache e una interpretazione

Testata:La Stampa-Corriere della Sera
Autore: Aldo Baquis-Francesco Battistini
Titolo: «Gaza, i soldati israeliani uccidono un palestinese, primo test per la tregua-Spari israeliani al confine, a Gaza ucciso un ragazzo»

I soldati israeliani, al confine con Gaza, uccidono un palestinese. Questa è la notizia, ripresa nelle titolazioni da quasi tutti i giornali oggi, 24/11/2012.
Il fatto è avvenuto,non c'è dubbio,  ma per capirne le modalità, occorre leggere gli articoli, mentre dai titoli, chiunque li legga, trarrà la conclusione che Israele ha rotto la tregua. Niente di più falso invece, come l'ha potuto accertare chiunque ha visto su internet il breve filmato che riprende la scena. Quanti saranno, però ? La vittima è stata descritta in vari modi, il MANIFESTO, per suscitare maggiore commozione, l'ha definito 'un contadino', altri un 'giovane', o più semplicemente un 'palestinese'. Nessuno che l'abbia descritto come meritava: un ventenne che stava scavalcando la rete di divisione fra Israele e Gaza, brandendo una bandiera palestinese, senza fermarsi all'alt dei soldati israeliani, nemmeno ai primi colpi di arma da fuoco verso l'alto, deciso a fare irruzione sul territorio israeliano. Che cosa dovevano fare i soldati d'Israele ? accoglierlo a braccia aperte, nel dubbio che potesse essere magari un martire suicida pronto a fare strage di soldati ? Dopo avere sparato ancora una volta alle gambe, l'hanno centrato. La parola giusta è dunque 'suicida'. Ma non l'ha scritta nessuno.
Fra le varie cronache riprendiamo quelle di Aldo Baquis sulla STAMPA e quella di Francesco Battistini sul CORRIERE della SERA, che meglio riassumono la vicenda.

La Stampa-Aldo Baquis: "Gaza, i soldati israeliani uccidono un palestinese, primo test per la tregua

Il fragile cessate il fuoco fra Israele e Hamas, messo a punto dalla mediazione di Egitto e Stati Uniti, è stato sottoposto ieri a un primo banco di prova quando un dimostrante palestinese di 20 anni è stato ucciso dal fuoco di militari israeliani ai margini della Striscia di Gaza, nella cosiddetta «Zona di interdizione» profonda 300 metri.

L’incidente ha avuto un’eco immediata a Gaza, mentre la popolazione affollava le moschee in occasione delle preghiere del venerdì, dedicate ieri alla «vittoria» riportata – almeno secondo Hamas e la Jihad islamica – sulle preponderanti forze israeliane. Malgrado la collera, Hamas ha preferito circoscrivere l’incidente. Si è limitato a segnalare all’Egitto la «infrazione della tregua compiuta da Israele, per la seconda volta in due giorni». Il resto della giornata è poi trascorso senza ulteriori tensioni.

Sulla dinamica dell’incidente si sono avute versioni diverse. Fonti locali hanno spiegato che, appreso del cessate il fuoco, un gruppo di agricoltori hanno ritenuto ormai lecito tornare a lavorare le proprie terre a ridosso dei reticolati di confine, nella zona di al-Qarara (presso Khan Yunes, nel Sud della Striscia). Quando uno dei giovani – aggiungono – ha cercato di issare sui reticolati una bandiera di Hamas, i militari israeliani hanno aperto il fuoco provocando la sua morte e una ventina di feriti.

Molto diversa la versione del portavoce militare israeliana secondo cui circa 300 dimostranti palestinesi si sono avventati sui recinti di confine nel chiaro intento di danneggiarli e possibilmente di penetrare in territorio israeliano. I militari, prosegue il portavoce, hanno prima sparato in aria e poi alle gambe dei dimostranti: l’uccisione del giovane palestinese, viene assicurato, non era dunque intenzionale.

Il giorno precedente, nella stessa zona, c’era stato un altro assembramento di giovani palestinesi a ridosso dei reticolati di confine. Nella sua dispersione, sei persone erano rimaste ferite. Da questi episodi appare evidente che la definizione del cessate il fuoco ha lasciato diverse «aree grigie», che ciascuna delle parti interpreta a proprio favore. Fra queste appunto la «zona di interdizione» all’interno della quale Israele spara per impedire che sia utilizzata per agguati o per la deposizione di ordigni esplosivi. Hamas da parte sua è determinato a imporre la propria sovranità «fino all’ultimo metro» della Striscia di Gaza. E se Israele vuole una «zona cuscinetto» nella Striscia, allora dovrà accettare una «zona di interdizione» simmetrica nel Neghev, dove gli agricoltori israeliani non possano più avventurarsi.

Ma al momento né Israele né Hamas sembrano interessati a riprendere in mano le armi. Gaza è infatti impegnata a sgomberare dalle strade le rovine dei palazzi rasi al suolo dalla aviazione israeliana, mentre il premier israeliano Benyamin Netanyahu deve tornare a concentrarsi sulla politica interna. Domenica nel suo partito Likud si svolgeranno le primarie in vista delle politiche del 22 gennaio e la base mugugna per il cessate il fuoco che a suo parere è stato prematuro. Anche i sondaggi riflettono una flessione per il Likud-Israel Beitenu dopo la tregua.

Corriere della Sera-Francesco Battistini:" Spari israeliani al confine, a Gaza ucciso un ragazzo"

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME — «Guardate, c'è Jabari dietro di voi!». Dicono che sventolasse la bandiera di Hamas e volesse piantarla nella buffer zone, i 300 metri di nessuno che Israele considera inviolabili «per motivi di sicurezza». Dicono, all'opposto, che lui e gli altri volessero solo riprendersi un po' di quella terra, buona da coltivare. Anwar Qdeih, 20 anni, ieri mattina s'è avvicinato al confine della Striscia, ha alzato due dita in segno di vittoria e invocato il nome di quel Jabari, il capo militare ucciso nel primo bombardamento che ha scatenato la guerra. Anwar non ha fatto caso, spiega un cugino, agli altolà dei soldati sulle torrette, né ai tre spari d'avvertimento in aria: in quella zona cuscinetto, è normale sentire raffiche. Il proiettile l'ha preso alla testa, altri colpi centravano alle gambe quindici palestinesi lì intorno. Anwar è morto subito: il primo morto della tregua. Tutti a smorzare, adesso. «Sottoporremo questa violazione del cessate il fuoco ai mediatori egiziani, per essere sicuri che non si ripeta», dice cauto Sami Abu Zuhri, portavoce di Hamas. «È stata una chiara violazione, ma che finisca qui», ripete cautissimo il ministro degli Esteri dell'Autorità palestinese, Riad Malki. Nessuno vuole amplificare l'incidente: «Se uno prova a sfondare il confine e a entrare in Israele — chiarisce Avital Leibovitch, portavoce da Gerusalemme —, già questo significa rompere la tregua». La tregua, già. Che continua a far gioire Hamas («ma di che si vantano? — ironizza Ehud Barak, ministro di Bibi Netanyahu — Gli abbiamo distrutto tutti i missili, bruciato il carburante, seppellito il capo militare e in cambio che cos'hanno ottenuto? Un foglietto…») e divide l'opinione pubblica israeliana: il 49%, dice un sondaggio, avrebbe voluto che Bibi continuasse la guerra (31% i contrari), anche se il 41% sarebbe contrario all'invasione di Gaza. «C'è la sensazione di un'opportunità mancata — dice l'analista Shalom Yerushalmi, del giornale Maariv —: tutti sanno che l'incubo dei razzi tornerà fra una settimana, un mese, un anno». Nell'accordo con l'Egitto in realtà, rivela il sito Debka vicino agli 007 israeliani, ci sarebbe anche l'impegno Usa di dislocare militari nel Sinai e a Suez per monitorare il contrabbando delle armi iraniane che, dal Sudan, arrivano ai tunnel di Gaza. Non è un segreto che l'operazione «Colonna di Fumo» sia cominciata non la settimana scorsa, con l'omicidio di Jabari, ma un mese prima: il 24 ottobre quando, nel silenzio della comunità internazionale, un raid israeliano distrusse una fabbrica sudanese di razzi, dove si lavorava con tecnologie iraniane. Il giorno dopo, Netanyahu incontrò a Gerusalemme il premier italiano, Mario Monti. E in conferenza stampa, a un giornalista israeliano che gli chiedeva conto di quel bombardamento misterioso, rispose con le parole che usa quasi sempre: «Non rispondo».

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