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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Chochana Boukhobza, Il terzo giorno 18/11/2012

Il terzo giorno                                           Chochana Boukhobza
Traduzione di Emanuelle Caillat
Einaudi                                                       Euro 19


“Il tempo non è trascorso. Lei è ancora laggiù. Nel grido delle donne morenti che la musica del violoncello non riusciva a coprire. Si rivede mentre suona; suona, suona fino a spezzarsi le dita; suona distrutta per sempre….”

Città santa per eccellenza, capitale dei tre monoteismi, custode di una memoria in cui si depositano millenni di Storia, Gerusalemme è lo scenario che Chochana Boukhobza, scrittrice tunisina, trasferitasi in Israele all’età di diciassette anni, ha scelto per ambientare il suo ultimo romanzo.
Gerusalemme è anche il luogo dove il destino di due donne, Elisheva e Rachel, entrambe musiciste, si intreccia e trova il suo compimento. La prima è un’anziana violoncellista, sopravvissuta al campo di sterminio di Majdanek; la seconda è la sua allieva prediletta che ha lasciato la famiglia e il giovane fidanzato Eytan per inseguire il suo sogno di musicista a New York dopo aver vinto una borsa di studio per la prestigiosa Julliard School.
E’ un concerto diretto dal famoso direttore d’orchestra Haim Newman l’occasione che riporta le due donne in Israele, una tappa importante nella loro carriera artistica ma anche un appuntamento con il passato al quale non potranno sottrarsi e che nel breve volgere di tre giorni si rovescia nelle loro vite con il suo carico di sofferenze e di paure mai risolte.
Rachel, figlia di ebrei osservanti, pervasa da sensi di colpa, cerca da una parte di ritrovare un contatto con il padre - che non le ha perdonato di aver inseguito i suoi sogni anziché accettare quietamente il destino di moglie e madre - e dall’altra di sfuggire, inutilmente, all’incontro amoroso con l’unico ragazzo che abbia amato ma che non era disposto a seguirla nella sua carriera. E in questi tre giorni sullo sfondo di una Gerusalemme le cui mura si accendono di bagliori dorati al tramonto, dove il soffio caldo dello sharav si posa dolcemente sulle sinagoghe e le moschee e dove la terra amata e contesa da due popoli rende gli uni nemici degli altri, seppur legati da un destino comune, Rachel si confronterà con il suo passato.
Per Elisheva, invece, il passato con i suoi ricordi dolorosi che non hanno mai smesso di ossessionarla, è una voragine dal quale l’ha salvata solo la musica. Grazie alla sua abilità con il violoncello è sopravvissuta al campo di Majdanek e mentre suonava per i suoi fratelli, il Boia compiva inauditi esperimenti sulle donne e i bambini del campo.
Elisheva non ha mai dimenticato e quando a Gerusalemme Daniel, il figlio di Katia, la donna che era con lei a Majdanek ed ora è scivolata in una quieta follia, le consegna una valigetta con una pistola, il piano architettato dall’anziana violoncellista si manifesta come il vero scopo di quel viaggio.
Attorno alle due donne si muovono personaggi indimenticabili, voci e destini che si intrecciano con musicale geometria e ci conducono nei gorghi più misteriosi della psiche umana: Amos il vecchio sabra che, pur innamorato di Elisheva, ha tenuto fede alla promessa fatta a Katia e per non causarle altre sofferenze dopo quelle subite dai nazisti si assume le sue responsabilità di padre perché “lo stile dell’epoca era la serietà”…, Carlos un caro amico di vecchia data, un ebreo marrano che ha scelto di tornare all’ebraismo e ora con il suo lavoro di guida turistica aiuta l’anziana donna a portare a compimento il piano di eliminazione del Boia di Majadanek arrivato in visita a Gerusalemme, Eytan, l’uomo amato da Rachel che si dibatte fra il dolore per la perdita del fratello Gad ucciso alla frontiera con il Libano, l’amore per un figlio non ancora nato e la passione travolgente per la violoncellista, il nazista Henker che ha vissuto indisturbato dopo la guerra in Venezuela - uno dei tanti criminali nazisti aiutati a fuggire dal Vaticano - nascondendo dietro un’identità onesta un passato di orrori e di atrocità.
In uno dei vicoli della città vecchia Elisheva e il Boia si fronteggiano e il finale che si dispiega come una sinfonia a più voci lascerà stupefatto il lettore per quell’atto di giustizia atteso che si rivelerà il punto di partenza per capire nel profondo un rapporto umano così vivo, intenso e coinvolgente come quello che unisce Rachel ad Elisheva.
Non sfugge al lettore di questo libro che attraverso le vicende dei personaggi l’autrice, vincitrice del Prix Méditerranée nel 1986 con il suo primo romanzo, “Un été a Jérusalem”, ci racconta in modo magistrale la complessa realtà di un paese , con un passato troppo drammatico per poter essere dimenticato e un presente nel quale pur vivendo ogni giorno in stato di allerta non si rinuncia a coltivare la speranza in un futuro di pace e di tolleranza.
Una trama ben costruita, uno stile terso, preciso sempre a punto sia sul piano linguistico sia su quello del ritmo del racconto ci regalano un romanzo che lascia l’impronta di una memoria da conservare.

Giorgia Greco


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