Molte le cronache oggi, 19/11/2012, sui giornali. Sulla STAMPA Aldo Baquis, sul CORRIERE dell SERA Francesco Battistini, su REPUBBLICA Federico Rampini. Guido Olimpio riporta sul Corriere le dichiarazioni di Rupert Murdoch su testate/giornalisti ebrei che non danno certo una mano a Israele, cosa peraltro vera, sulla quale interviene Fiamma Nirenstein sul GIORNALE. Murdoch ha ragione, ma che cosa dovremmo dire allora della sua SKY, versione italiana ? che si comporta che quelle americane che lui critica ? Murdoch, per fare la predica, non ci pare abbia le carte in regola.
Ecco gli articoli:
La Stampa-Aldo Baquis:" I missili di Israele mettono a tacere la voce di Hamas"
Kindergarten a Gaza per bambini palestinesi
Fra i mille obiettivi «terroristici» colpiti finora a Gaza dall’aviazione israeliana si sono trovati ieri - con immediato sdegno dei mass media internazionali - due grattacieli nei quali operano le redazioni in prima linea di mezzi di comunicazione internazionali e locali. La guerra dell’etere è poi proseguita con la breve assunzione da parte dell’esercito israeliano del controllo dei programmi della radio di Hamas, mentre Israele doveva a sua volta respingere milioni di cyber-attacchi.
Il primo raid è avvenuto nel cuore della notte, all’undicesimo piano di Burj al-Shawa. Gli uffici della al-Quds Tv (vicina a Hamas) hanno tremato in seguito all’esplosione di tre missili. Le attrezzature sono andate in pezzi, sei giornalisti sono rimasti feriti: uno di questi - il cameraman Khader a-Zahar ha avuto una gamba amputata.
Cinque ore dopo è stato attaccato un altro grattacielo, alShuruk, nel rione Rimal. Al quindicesimo piano c’è la alAqsa Tv (pure vicina a Hamas). In quegli edifici operano anche reti televisive importanti (Sky, Ard, al Arabiya) e l’agenzia di stampa indipendente palestinese Maan.
Con le prime luci dell’alba è stato possibile constatare che l’aviazione israeliana aveva in realtà attaccato non gli uffici ma due grandi antenne, situate sui tetti. «Si tratta di antenne utilizzate da Hamas per le proprie attività operative», ha affermato una portavoce militare in Israele. Ossia per fini militari. «Si è trattato di un attacco molto accurato - ha aggiunto -. Notiamo che Hamas usa i civili come scudi umani. Consigliamo ai giornalisti di stare alla larga dalle installazioni utilizzate da Hamas». All’ottavo piano del primo palazzo colpito, ha aggiunto, è ancora attiva una «sala operativa» di Hamas: dunque prudenza vuole che venga mantenuta da essa una distanza di sicurezza.
Nelle stesse ore, grazie alla propria preponderanza tecnologica, Israele ha assunto il controllo della frequenza 106.7 Fm su cui di norma trasmette a Gaza la radio di Hamas. Gli ascoltatori hanno allora sentito piuttosto, in buon arabo, la «Voce di Tsahal». Il messaggio: state a distanza da miliziani di Hamas, per non essere colpiti. E ieri, in un raid, è stato ucciso il «responsabile dei lanci» dei razzi, Yihia Abbia.
Questi interventi hanno destato a Gaza indignazione e collera. È stato espresso il timore che Israele voglia imbavagliare la stampa in vista di una possibile invasione della Striscia con una operazione terrestre. Ma a differenza di quattro anni fa (Operazione Piombo
Fuso) Israele consente in questa occasione libero ingresso alla stampa straniera nella Striscia: ieri hanno fatto ingresso una cinquantina di giornalisti.
Nel frattempo anche Israele deve difendersi: 44 milioni di cyber-attacchi sono stati condotti negli ultimi giorni da pirati informatici (fra cui Anonymous) contro siti Web di istituzioni pubbliche. Tutti sono stati bloccati: tranne uno che ha paralizzato un sito Web per sette minuti.
Corriere della Sera- Guido Olimpio: " Editori ebrei anti-israeliani"
Rupert Murdoch
WASHINGTON — Rupert Murdoch, detto «lo Squalo», si diverte parecchio su Twitter. Attacca, colpisce, morde. Dal clima alla politica estera. Questa volta ha preso di mira i suoi colleghi editori: «Perché — si è chiesto con un messaggino — i proprietari ebrei di giornali sono così anti-israeliani in ogni crisi?». Poi, in un secondo intervento, critiche anche all'agenzia Associated Press e alla Cnn per la copertura su Gaza. Murdoch ne aveva anche per il presidente, uno dei suoi bersagli preferiti: «Non può Obama impedire ai suoi amici in Egitto di bombardare Israele?». Le parole non potevano passare sotto silenzio. E dopo qualche protesta sempre sul web, Murdoch ha fatto una piccola correzione. Il proprietario di Fox, Wall Street Journal e altri media, ha precisato che non voleva offendere i giornalisti di religione ebraica. Scuse che hanno avuto poco effetto. Peter Beinart, sul sito Daily Beast, ha contestato con forza la posizione dell'editore in quanto suggerisce che «un proprietario (di giornali) ebreo dovrebbe lasciare che sia la sua ebraicità a dettare le linee guida del giornalismo». Altri hanno semplicemente mandato a quel paese Murdoch con commenti poco eleganti. Il tutto è poi finito nei dibattiti tv che ogni domenica «allietano» chi ha voglia di seguirli. La posizione dell'uomo d'affari non è comunque isolata e riflette quanto pensa una parte della diaspora, convinta che i media parteggino per i palestinesi o che non diano giusto risalto alle azioni dei gruppi estremisti. Tematiche che restano sempre sotto la cenere ma che puntualmente si riaccendono ogni volta che Israele è impegnato in un conflitto.
Il Giornale-Fiamma Nirenstein: " Caro Mudoch, non tutti gli ebrei amano Israele "
Fiamma Nirenstein
Rupert Murdoch è un vecchione falsamente bizzarro, tutto quello che dice o fa (e ultimamente usa le poche parole di twitter) va sempre a finire pro bono suo. Per esempio, quando ha dichiarato Obama vincitore prima di chiunque altro, in realtà il suo era un astuto squillo di tromba per la sua Fox News contro la nemica Cnn. Adesso si fa vivo con un altro attacco twittato, ma lo combina in modostravagante tanto da oscurare che ha ragione. Twittando, Murdoch si chiede «perché la stampa di proprietà ebraica come la-Cnn e Ap sono così consistentemente antisraeliane» e sostiene che «sono cariche di pregiudizi fino all’imbarazzo ». La questione della proprietà ebraica contiene due errori: un’offesa ai giornalisti che dovrebbero secondo lui ubbidire sull’attenti; e l’idea che gli ebrei siano sempre filoisraeliani. Per carità. Basta guardare le oscenità del famoso semiologo Noam Chomsky, e similia anche qui. Le tv però, proprietà ebraica o meno, sono spesso piene di pregiudizi e di ostilità antisraeliana. Da noi, Rai news 24 descrive Gaza come terra di vittime chiuse in un assedio. Omette che Gaza è libera e che vuole distruggere Israele, e che è chiusa per la dichiarata scelta del terrorismo. Ma poi, ci sarebbe un confine con l’Egitto, come mai non si pensa mai a quello?
Corriere della Sera-Francesco Battistini: " Gaza, aumentano i raid, colpiti anche i bambini, misiili sopra Tel Aviv"
Ashdod, auto centrata da un missile Hamas
DAL NOSTRO INVIATO
ASHDOD (Israele) — Sui moli del porto, i russi che giocano sempre a scacchi non si vedono più. Le mall sono sbarrate, i negozi svuotati, gli autobus fermi. Oggi aspettavano una crociera dall'Italia: è arrivata un'email per comunicare che la nave andrà in Grecia o in Turchia. Ad Ashdod città morta, 25 km da Gaza, l'unica cosa viva sono le sirene quando piovono i razzi. Alle due del pomeriggio ne arrivano una ventina, uno ogni due minuti. Cadono su una scuola deserta, su un taxi, su un palazzo di otto piani, sui campi… «Guai se Netanyahu firma una tregua adesso, bisogna andare là dentro fino in fondo — indica verso la Striscia il sindaco, Yehyel Lasri, ormai un routinier della corsa trafelata al rifugio —, il mondo deve sapere che cosa sopportiamo!…».
Si sa: da Obama all'Europa, in questa parte di mondo, non c'è dichiarazione che non solidarizzi col «diritto d'Israele a difendersi». Da ieri, però, il presidente americano e il ministro degli Esteri britannico, William Hague, hanno cominciato ad aggiungere un'altra frase che oggi, probabilmente, verrà ripresa dai ministri Ue a Bruxelles: sarebbe «preferibile» evitare un'escalation, dice la Casa Bianca, «non solo per la gente di Gaza, ma anche per gl'israeliani». Per essere più chiari: «Abbiamo avvertito Israele — spiega Hague — che un attacco di terra gli farebbe perdere gran parte del sostegno internazionale che ha raccolto in questa situazione».
Entrare, non entrare. La guerra via terra è una chiacchiera. Bibi Netanyahu ha mobilitato un'armata di riservisti sette volte più imponente di quella usata nell'offensiva, durissima, di quattro anni fa: «Se è un bluff — scrive l'editorialista Nahum Barnea —, potrei suggerire alternative meno costose per far pressione su Hamas». Tutti richiamati e intanto posteggiati, in attesa d'eventi.
Quali? Il tavolo del Cairo, al quale gl'israeliani hanno finito per sedersi con un loro inviato speciale, ma con aspettative scarse. Troppo lontane le parti, che secondo logica mediorientale non possono perdere la faccia in una tregua repentina, nonostante Hamas sostenga che «al 90 per cento c'è ormai un accordo» e scarichi sul nemico la colpa di un eventuale fallimento. C'è troppa diffidenza anche verso i mediatori egiziani, turchi, qatarini: gl'israeliani non li considerano neutrali. «Ci vorrebbe un Bill Clinton», butta lì velenosetto l'ex avversario di Obama, il senatore John McCain. Nell'attesa, Hamas incassa successi diplomatici dal mondo arabo, e per una volta non solo a parole: l'appoggio aperto del presidente egiziano Morsi, i soldi del Golfo, le armi dall'Iran, l'imbarazzato silenzio di Abu Mazen. «Non siamo più come nella guerra del 2008 — è il messaggio del turco Erdogan all'inviso Bibi —. Le circostanze intorno sono molto diverse e te ne devi rendere conto».
Consapevole o no, Netanyahu continua a bombardare: si va verso «una significativa espansione dell'operazione», dice, e non ci sarà negoziato finché Hamas non smette di lanciare missili. Altro che tregua, la guerra somiglia sempre più a quella del 2008.
In una domenica nera, il giorno più pesante, muoiono ventisei palestinesi: donne, vecchi, bambini. Ai cento razzi nelle ultime ventiquattr'ore, cinque su Tel Aviv, ai sette feriti israeliani, agli attacchi di Anonymous su migliaia di siti israeliani, l'aviazione risponde con un diluvio di fuoco. Colpiti due palazzi del Media Center, feriti otto giornalisti (a uno viene amputata una gamba) di troupe straniere, da Sky inglese a Russian Tv. A impressionare è la strage della famiglia di Mohamed Al-Dulu, un caposcorta del ministero dell'Interno di Hamas che viveva nella zona di Sheikh Radwan: sotto tre piani di macerie restano in undici, e quattro sono bambini piccoli con le mamme, due sono anziani di 80 e 70 anni. «Un massacro orribile che non resterà impunito», promette il premier Gazali Ismail Haniyeh. «Colpa di Hamas — replica il vicepremier israeliano Moshe Yaalon — che lancia i suoi razzi usando case, ospedali, moschee come scudo. Con un nemico così, difficile evitare i civili».
La Repubblica-Federico Rampini: " Obama frena Netanyahu, no all'attacco di terra"
Forze di terra, se necessario
«Nessun paese al mondo potrebbe tollerare che dall'esterno dei suoi confini piovano missili sui propri cittadini». Barack Obama scende in campo di persona, per la prima volta da quando è deflagrato il conflitto di Gaza. Giustifica senza riserve il diritto di Israele a difendere la propria popolazione. Ma preme sul governo di Benjamin Netanyahu perché desista da un'invasione terrestre di Gaza. Il presidente americano parla mentre è ancora Bangkok, prima tappa della sua tournée nel sud-est asiatico, a poche ore dall'arrivo in Birmania. È reduce da consultazioni febbrili con tre attori decisivi in Medio Oriente: il premier israeliano, il premier turco Recep Tayyp Erdogan, il presidente egiziano M ohamed Morsi. Quest'ultimo ha appena ricevuto al Cairo il leader di Hamas, Khaled Meshal. Per Obama «le prossime 36 o 48 ore potranno dirci se è possibile una soluzione, ci stiamo lavorando», e allude ad un tentativo di mediazione che coinvolge il presidente egiziano in favore di un cessate il fuoco. Nella conferenza stampa in Thailandia, Obama vuole anzitutto ribadire la genesi del conflitto attuale: un'aggressione esterna dalla quale Israele ha dovuto proteggersi. «A precipitare gli eventi - dice il presidente - è stato un crescendo di missili che colpivano zone densamente popolate. Noi continueremo a sostenere il diritto d'Israele a difendersi». Però aggiunge che «ora il problema è come fermare l'esca-lation». Il suo obiettivo primario di fronte all'emergenza, èlavorare senza sosta per raggiungere «una soluzione negoziata». Ed ecco l'awertimento di Obama a Netanyahu: «Se si può ottenere la fine dei lanci di missili senza un'escalationdi operazioni militari a Gaza, èpreferibile. Èmeglio non solo per la popolazione di Gaza ma anche per gli israeliani, perché se le truppe d'Israele entrano a Gaza anche per loro aumentano i rischi di subire vittime». Il messaggio è forte: la Casa Bianca usa tutto il proprio potere di persuasione per evitare l'intervento terrestre. Lo fa ricordando al governo Netanyahu che in passato questo tipo di operazioni non sono state senza costi. Né si può dare per scontato il loro successo, tanto più in un Medio Oriente già destabilizzato su più fronti, dalla tragedia della Siria al nuovo assetto politico dell'Egitto, per finire con il programma nucleare dell'Iran. Obama tenta di usare al meglio gli strumenti di pressione che ha. «Israele è pronto a estendere le operazioni in maniera significativa», ha detto Netanyahu che sa che può contare sul sostegno americano, ma ha dovuto rinunciare al sogno di un presidente "falco" come sarebbe stato Mitt Romney. Inoltre i successi d'Israele nell'abbattere tanti missili di Hamas sono dovuti anche a tecnologie made in Usa. D'altra parte, anche se l'Egitto è molto meno docile di una volta, Morsi continua a ricevere aiuti militari americani che costituiscono una leva di pressione per Washington. È all'Egitto, dove ieri è giunto un inviato israeliano, e all'intero mondo arabo che Obama rivolge un appello. «Coloro che hanno a cuore la causa dei palestinesi - dice il presidente - dovrebbero riconoscere che se si assiste a un'ulteriore escalation dellatensione a Gaza, le possibilità di tornare su un sentiero di pace che sfoci sulla soluzione dei due Stati verranno allontanate in un futuro sempre più distante». Rincara la dose con l'esortazione perché l'Egitto e chiunque abbia possibilità di influenzare Hamas si dia da fare subito: «Se i leader regionali fanno sul serio nella loro volontà di creare un processo di pace, il punto di partenza 61a cessazione dei lanci di missili sul territorio d'Israele». Una beffa del destino "risucchia" Obamaverso crisi acute nel mondo arabo, quando lui parte in viaggi dettati dalle sue nuove priorità geostrategiche. Era accaduto nel marzo 2011 in Brasile, quando l'importante vertice venne parzialmente oscurato dall'inizio dell'intervento militare in Libia. Oggi Gaza che irrompe in un viaggio che Obama dedica alla parte del mondo che gli sta più a cuore. È l'Asia-Pacifico, che il presidente vede come il baricentro futuro degli interessi americani. Ma come tanti suoi predecessori, neanche lui può districarsi dalla tragedia israelopalestinese. Il suo ex rivale John McCain (candidato repubblicano alla Casa Bianca nel 2008) gli manda a dire che dovrebbe incaricare Bill Clinton di una missione speciale in Medio Oriente. Visto come precipitano gli eventi, un ex presidente non basta più. È destino che Obama debba affrontare nel suo secondo mandato quel nodo israelo-palestinese sul quale finora il suo bilancio è stato inesistente.
Per inviare la propria opinione a La Stampa-Corriere della Sera-Il Giornale-La Repubblica, cliccare sulle e-mail sottostanti