Molte le interviste sui quotidiani oggi, 19/11/2012. Segnaliamo dal CORRIERE della SERA Ennio Caretto che intervista Michael Walzer, sulla STAMPA Paolo Mastrolilli con Charles Kupchan, su REPUBBLICA Rosalba Castelletti con lo scrittore israeliano Etgar Keret, sull'UNITA' Udg con la deputata del Partito israeliano Meretz Zehava Galon. Questi ultimi due preceduti da un nostro commento.
Corriere della Sera- Ennio Caretto: " Solo l'Egitto ha le chiavi per una soluzione "
Michael Walzer
WASHINGTON — Per Michael Walzer, la guerra — «di questo si tratta, sebbene sinora sia solo aerea» — è scoppiata perché Hamas ha fatto male i conti militarmente e politicamente, ha creduto cioè che il cambio della guardia in Egitto l'avesse reso abbastanza potente — «quanto il Libano» — da affrontare Israele. Ma sotto la pioggia di missili Netanyahu non ha negoziato e ora, rileva il grande filosofo politico americano autore di Guerre giuste e ingiuste, il conflitto rischia di intensificarsi.
Hamas pensava che il suo nuovo arsenale e i Fratelli musulmani in Egitto avrebbero cambiato l'equilibrio delle forze a suo favore?
«Sì. Ha creduto di possedere finalmente un deterrente adeguato e di avere l'appoggio egiziano in caso di guerra. Ma è stato uno sbaglio. Nessuna nazione e nessun governo, di destra o di sinistra, può piegarsi a un attacco simile. E adesso l'Egitto è in difficoltà. Hamas ha ferito il nemico, ma è stato ferito molto più seriamente».
Tuttavia Israele ha mandato un emissario al Cairo.
«Io penso che con la sua spietata controffensiva Netanyahu abbia trasmesso un messaggio anche all'Egitto: tu non sei in grado di proteggere Hamas, e io ho il sostegno dalla grande maggioranza del mio popolo. Certamente anche il Cairo capisce che bisogna rimediare alla situazione».
Per questo spera in una tregua?
«La mia speranza è che si vada oltre al cessate il fuoco, che si imposti un negoziato per un accordo a venire a tre — Israele, Hamas e Egitto — che riporti la pace e apra la strada alla soluzione del problema palestinese. L'Egitto è chiamato a impedire il lancio di missili nei cieli israeliani e il riarmo di Hamas da parte dell'Iran. Guai se Gaza diventasse un altro Libano».
In che senso?
«Nel senso che l'arsenale missilistico di Hezbollah è una tremenda minaccia per Israele, come ha dimostrato l'ultima guerra. Per fortuna, Hezbollah non vi fa ricorso: è diventato un partito di governo corresponsabile della sicurezza e della stabilità del Libano».
C'è qualcosa che Usa e Europa possono fare?
«L'America deve premere su Israele e l'Europa su Hamas: hanno i mezzi politici ed economici per farlo. Occorre una svolta decisiva».
Come?
«Ha sentito parlare di unilateralismo coordinato? Israele deve fermare gli insediamenti israeliani in Cisgiordania. Hamas deve cessare gli attacchi, stroncare il terrorismo e dialogare con Fatah. Storicamente, nessuna delle due parti è senza colpe. A Gaza hanno sbagliato entrambe».
Se vincesse le elezioni Netanyahu cambierebbe le sue posizioni?
«Se fosse rieletto a gennaio sarebbe una brutta notizia per tutti perché temo si irrigidirebbe. Per Obama e per l'Ue sarebbe più difficile mediare. Anche per questo bisogna muoversi subito».
Mesi fa, corse voce che l'America e l'Iran avrebbero trattato faccia a faccia in segreto.
«Mi auguro che queste trattative siano già in corso o stiano per iniziare, e che non vertano soltanto sul riarmo atomico dell'Iran ma anche sulla sicurezza e sulla stabilità del Golfo Persico e del Medio Oriente. Se avessero un successo sia pure modesto, tutto cambierebbe. Al momento, l'Iran è una delle cause principali delle tensioni esistenti, è il fornitore dei missili ad Hamas, per esempio, ed è l'alleato più importante per la Siria e per Hezbollah in Libano».
E se queste trattative segrete fallissero?
«Netanyahu avrebbe una giustificazione per non negoziare non solo con Hamas ma neppure con Fatah, che glielo ha proposto, e per bombardare l'Iran, con conseguenze imprevedibili».
La Stampa- Paolo Mastrolilli: " La crisi bloccherà per due anni qualsiasi negoziato di pace "
La crisi di Gaza rinvia di almeno due anni qualunque trattativa seria sul futuro del Medio Oriente. L’obiettivo più pressante ora diventa evitare un’escalation che finirebbe per destabilizzare anche l’Egitto e la Giordania, condannando l’intera regione al caos. Uno scenario che farebbe comodo solo all’Iran, e al regime siriano di Assad, per distrarre l’attenzione da loro e impedire la soluzione dei problemi che li riguardano».
L’analista del Council on Foreign Relations Charles Kupchan vede le violenze in corso come un elemento capace di cambiare le dinamiche del Medio Oriente per un lungo periodo, se il nuovo governo egiziano guidato dai Fratelli Musulmani non riuscirà a contenere la situazione.
Che cosa sta succedendo a Gaza?
«Hamas si sente rafforzato dal cambio di regime al Cairo, e quindi è diventato più sfrontato, spingendosi a lanciare razzi verso Tel Aviv e Gerusalemme. Sta correndo un rischio, però, perché non deve esagerare il valore dell’appoggio dei Fratelli Musulmani. La sua campagna, infatti, minaccia di destabilizzare anche la Giordania e lo stesso Egitto, sullo sfondo di una situazione già molto complicata a causa della guerra in Siria. Questi sviluppi finirebbero solo per favorire l’Iran, e ciò non rientra negli interessi del nuovo presidente Morsi».
Come giudica il comportamento del leader egiziano?
«Finora ha scelto una linea abbastanza responsabile, cercando di mediare e collaborare con gli Stati Uniti per evitare l’escalation del conflitto. Morsi deve marcare la sua differenza rispetto a Mubarak, per ovvie ragioni di tenuta interna, però non ha sfruttato questa occasione per mettere sul tavolo la revisione del trattato di pace con Israele».
Che cosa pensa della linea scelta dallo Stato ebraico?
«Anche Israele ora deve mostrare equilibrio. La responsabilità di chi lancia i missili contro le sue città è chiara, ma una operazione di terra finirebbe comunque per isolare lo Stato ebraico, diminuire la sua credibilità, e disperdere il vantaggio politico di solidarietà internazionale che ha accumulato negli ultimi tempi come vittima di questi attacchi. Un’invasione porterebbe inevitabilmente con sé violenze che annullerebbero il credito acquisito finora presso l’opinione pubblica mondiale».
Qual è la strategia del presidente Obama?
«Evitare una guerra totale che farebbe saltare anche Egitto e Giordania, mentre restano aperta la crisi in Siria e la questione nucleare con l’Iran. Sarebbe la tempesta perfetta, l’esplosione di tutto il Medio Oriente, voluta forse proprio da chi è sotto pressione a Damasco e Teheran, e cerca di distogliere l’attenzione mondiale».
Se riuscirà a contenere la crisi, Obama potrà approfittarne per rilanciare le trattative di pace tra lo Stato ebraico e i palestinesi, oppure ogni velleità di dialogo è sospesa?
«Tra la questione di Gaza, la guerra in Siria, l’Iran, il rischio di anarchia nel mondo arabo e le elezioni israeliane in programma nel 2013, il negoziato resterà fermo per almeno altri due anni».
La Repubblica-Rosalba Castelletti: " Nessuno vuole veramente la pace, ci sono troppi interessi"
Etgar Keret
Etgar Keret, come sempre, interpreta la parte di chi distribuisce le responsabilità al 50%, ben attento a non intaccare la sua fama di scrittore pacifista, che rimane una ottima chiave per essere tradotto e diffuso fuori da Israele. Pecunia non olet, anche nella terra del latte e del miele.
«QUESTO conflitto rende più forte sia Hamas sia il premier Netanyahu. Per questo non ne vedo una fine prossima». Lo scrittore israeliano Etgar Keret, 45 anni, i cui lavori tradotto in35 Paesi e 31 lingue, è pessimista. Quando Israele ha dato il via all'operazione "Colonna di nuvole", sitrovava negli Stati Uniti per presentare il suo ultimo IibroAll'improvviso bussano alla porta, ma venerdì è rientrato aTel Aviv per stare vicino alla sua famiglia. «Ogni volta che suona una sirena, cerchiamo riparo in spiaggia come nel 1991. Non è una situazione piacevole, soprattutto per il mio figlio più piccolo, ma poi mi dico che quello che stiamovi-vendo in questi giorni non è minimamente comparabile all'incubo quotidiano delle famiglie che abitano nella Striscia di Gaza o nel Sud di Israele». L'operazione israeliana è iniziataconl'omicidio dlAhmedAl Jabarl. Come si giustifica la sua uccisione? «Se si guarda al Medio Oriente, il quadro generale che si ha è che Israele ha occupato la Palestina e che quindi i palestinesi hanno reagito. Ma, nel caso specifico, lalogicadel governo israeliano è semplice: se tu mi spari, io ti sparo. Perciò l'omicidio di Jabari è legittimo nell'ottica israeliana. La giustificazione sta nell'escalation di lanci di razzi da parte di Hamas delle scorse settimane». Non c'è nessuna relazione con le prossime elezioni israeliane? «Le ragioni dell'attacco sono molte. Netanyahu ha interessi politici sia esterni che interni. Il bombardamento su Gaza rientra in un piano più grande che comprende l'invio di un monito all'Iran. Non c'è però dubbio che il conflitto lo renderà politicamente più forte in casa. Fu eletto perla prima volta nel 1966 dopo che Shimon Peres non era riuscito a fermare l'ondata di attacchi terroristici contro i civili. Fu Ha-mas a fargli vincere le elezioni allora e gliele farà vincere anche stavolta. Hamas è un bene per Netanyahu come Netanyahu è un bene per Hamas. Questo conflitto li rende reciprocamente più forti». Come si può fermare questa spirale? «Israele dovrebbe concedere una capitale ai palestinesi e i palestinesi dovrebbero riconoscere Israele come Stato ebraico. Ma nessuno vuole cedere. Nessuno vuole i negoziati. Entrambi dovrebbero instaurare nuove relazioni e raggiungere un compromesso pragmatico. La retorica non porterà da nessuna parte».
L'Unità-Umberto De Giovannangeli:" L'alternativa al terrore c'è, negoziare con l'Anp"
Zahava Galon
Povero Udg, stavolta è cascato male, Israele sta per entrare in campagna elettorale - le elezioni saranno il 22 gennaio - sentire una esponente di un partito, forse in questo momento non era opportunio. Le risposte di Zehava Galon non depongono bene sulla sua accortezza politica. Citare come interlocutore di Israele l'Anp in questo momento è una grossolana cantonata. Forse Udg, se se ne fosse accorto, avrebbe dovuto ricordarle che la guerra di questi giorni è con Hamas, non con Abu Mazen.
Prima di ogni altra cosa occorre raggiungere una tregua duratura e se ciò significa in impegno d'Israele a fermare le "eliminazioni mirate" contro i dirigenti di Hamas, ritengo che si debba accedere a questa richiesta, anche perché la realtà dimostra che questa politica (delle eliminazioni mirate) non è servita: abbiamo ucciso e in cambio abbiamo ottenuto più attacchi dei palestinesi».
A sostenerlo è Zehava Galon, parlamentare israeliana e leader del Meretz, la sinistra laica e pacifista d'Israele. «La tregua come primo passo - dice a l'Unità Galon - ma ad essa deve legarsi una strategia politica che abbia al proprio centro la ripresa dei negoziati di pace con l'Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen. Ai palestinesi dobbiamo offrire una chance negoziale, per dimostrare che esiste una terza via tra terrore e rassegnazione: la via del dialogo che porti all'unica pace possibile: quella fondata sul principio "due Stati per due popoli"... A Gaza si mucca, mentre le sirene d'oliar-me sono tornate a suonare a Tel Avtv. li premier Netanyahu ha detto che Israele è pronto per una estensione delYoAenslva contro Hamas». «Un'offensiva di terra sarebbe una decisione sciagurata che aggraverebbe ulteriormente la situazione. Dobbiamo negoziare una tregua e farlo non equivale a darla vinta ad Hamas». Ma la maggioranza degli israeliani non sembra d questo avviso. DI certo, non lo sono Netanyahu ad Ehud Barak (B ministro detta Difesa). «La sicurezza d'Israele non può fondarsi sulla forza delle armi. Possiamo eliminare anche cento dirigenti di Hamas ma questo non ci garantirà di vivere in pace e in tranquillità, soprattutto per gli israeliani che vivono nelle città a ridosso della Striscia di Gaza. L'uso della forza maschera un'assenza di strategia politica da parte della destra israeliana e oggi anche qualcosa d'altro...-. Cosa? «Un cinico calcolo elettorale. Quello che guida Israele è un governo di piromani che punta alla guerra alla vigilia delle elezioni-. Un'accusa gravissima._ «Ma fondata su dati di fatto. Le scelte del governo dei falchi hanno determinato una devastazione sociale che non ha precedenti nella storia d'Israele: decine di migliaia di famiglie vivono oggi sotto la soglia di povertà, c'è un attacco pesantissimo a diritti sociali acquisiti e a pagarne il prezzo più alto sono le fasce più deboli della popolazione: gli anziani, i giovani, le madri single, le minoranze etniche. Sul piano politico, la sinistra e un centro democratico stavano risalendo nei sondaggi prefigurando una possibile alternativa al governo Netanyahu-Lieberman. La destra ha deciso di spostare l'attenzione sulla sicurezza, e fare campagna elettorale in un clima di guerra. Sia chiaro: nessuna giustificazione ai lanciatori di razzi, ma in questi anni la destra al governo non ha fatto un passo in direzione del dialogo, al contrario ha lavorato per indebolire e delegittimare la leadership moderata dell'Anp. Di nuovo, la destra cavalca la paura e vende un'illusione: quella di poter garantire la sicurezza facendo ancora di Gaza una prigione a cielo aperto; ma in una prigione crescono solo rabbia e disperazione, sentimenti su cui i gruppi estremisti palestinesi fanno leva per ingrossare le proprie fila. Di nuovo, gli interessi dei falchi dei due campi convergono nel chiudere ogni spazio di dialogo». 01 analisti israeliani danno vincente aie elezioni d gennaio l'alleanza Natanyahu-L eber an. «Sarebbe una sciagura. Per Israele, non per una sua parte politica. Ritengo un governo "Biberman" (gioco di parole tra il soprannome di Netanyahu, Bibi e Lieberman, ndr) una minaccia per il carattere democratico d'Israele. Questa alleanza si fonda su una ideologia ultra-nazionalista, quella di Eretz Israel (il Grande Israele) e su una pratica politica che punta alla spaccatura della società israeliana e nei rapporti con i palestinesi, ad una resa dei conti militare. L'offensiva militare a Gaza è parte di questo disegno».
Per inviare la propria opinione a Corriere della Sera, Stampa, Repubblica, Unità, cliccare sulle e-mail sottostanti