Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 18/11/2012, a pag. 12, la cronaca di Aldo Baquis dal titolo "Razzi su Tel Aviv, ma si tratta".
La visione di Hamas
Il conflitto fra Israele e Hamas è stato ieri vicino a un drammatico punto di svolta quando un missile Fajr-5, sparato da Gaza nel pomeriggio, ha puntato con precisione verso la metropoli di Tel Aviv, che fino a quel momento viveva un tranquillo sabato di relax, con spiagge e ristoranti affollati.
Se il missile fosse esploso in un quartiere abitato, avrebbe fatto strage. Ma una batteria di difesa aerea appena installata lo ha intercettato e i dirigenti di Israele hanno tirato un profondo sospiro di sollievo. Gli strateghi israeliani hanno dunque proseguito lungo la strada intrapresa nei giorni precedenti: hanno ordinato un inasprimento dei bombardamenti a Gaza e hanno proseguito il richiamo dei riservisti che ormai si ammassano ai margini della striscia di Gaza.
Nel frattempo al Cairo il presidente Mohammed Morsi proseguiva gli sforzi per elaborare un nuovo cessate il fuoco fra Israele e Gaza. Nella capitale egiziana convergevano il premier turco Recep Erdogan e il leader di Hamas Khaled Meshaal, accolti il segretario generale della Lega Araba Nabil el Araby. Hamas ha invocato la rimozione del blocco e garanzie internazionali che impediscano a Israele di eliminare i suoi dirigenti con «gli omicidi mirati». E in serata arrivava il primo spiraglio: l’apertura di Hamas a una tregua «da mezzanotte» in cambio delle garanzie richieste.
All’alba di ieri la aviazione israeliana ha centrato a più riprese i simboli di potere di Hamas: gli uffici (deserti) del capo dell’esecutivo Ismail Haniyeh, la sede del ministero degli Interni e un comando di polizia. In quattro giorni di operazioni Israele ha colpito a Gaza mille obiettivi legati alle infrastrutture militari di Hamas e delle altre fazioni armate palestinesi. Il bilancio complessivo delle vittime totali (12 nella giornata di ieri) è salito ad almeno 40. Finora gli israeliani uccisi dal fuoco palestinesi sono tre.
Da parte sua Hamas ha proseguito con intensità i lanci di razzi verso Israele. Per tutta la giornata un milione di persone in Israele sono state obbligate a restare nei rifugi. Nel pomeriggio, momenti di paura sono stati vissuti da altri due milioni di persone che abitano nelle aree comprese fra Ashdod e Tel Aviv.
Il premier Benjamin Netanyahu - che comincia a comprendere che forse sarà obbligato a rinviare le elezioni politiche del 22 gennaio, se i combattimenti proseguiranno nella prossima settimana - ha trascorso il sabato al telefono con statisti di diversi Paesi fra cui Mario Monti e Angela Merkel, nonché con il greco Antonis Samaras e con il ceco Petr Necas. Da parte loro i dirigenti di Hamas - ancora costretti alla clandestinità a Gaza - hanno inviato il loro leader politico Khaled Meshaal al Cairo per verificare quali successi politici potrebbero trarre da un cessate il fuoco.
Ma la situazione resta appesa a un filo ed una operazione di terra israeliana non può ancora essere esclusa. I riservisti hanno completato la organizzazione ai margini della Striscia e sono pronti ad entrare in azione. «Non vogliamo entrare a Gaza se non è necessario. Ma se continuano a lanciare razzi un’operazione di terra è possibile. Se vedremo nelle prossime 24-36 ore», ha detto il viceministro degli Esteri Danny Ayalon.
Nel tentativo di scoraggiarli, Hamas ha fatto sapere di aver dislocato di fronte a loro «unità di kamikaze» e la Jihad ha detto di aver mandato a cinquemila ufficiali riservisti messaggi sms in cui avvertiva in ebraico: «Gaza sarà il vostro cimitero. Tel Aviv sarà distrutta, avvolta dalle fiamme».
Per inviare la propria opinione alla Stampa, cliccare sull'e-mail sottostante