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Corriere della Sera - La Repubblica - L'Unità Rassegna Stampa
16.11.2012 Guerra: le interviste
di Francesco Battistini a Nahum Barnea, Fabio Scuto a David Grossman, Udg a Mohamed el Baradei

Testata:Corriere della Sera - La Repubblica - L'Unità
Autore: Francesco Battistini - Fabio Scuto - Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Ma questa volta l'America darà un tempo limitato - Due popoli prigionieri nella sfera della violenza»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 16/11/2012, a pag. 17, l'intervista di Francesco Battistini a Nahum Barnea dal titolo " Ma questa volta l'America darà un tempo limitato" . Da REPUBBLICA, a pag. 3, l'intervista di Fabio Scuto a David Grossman dal titolo " Due popoli prigionieri nella sfera della violenza ". Dall'UNITA', l'intervista di Umberto De Giovannangeli a Mohamed el Baradei dal titolo "La Striscia è una prigione. La soluzione non è nelle armi " .
Ecco i pezzi:

CORRIERE della SERA - Francesco Battistini : " Ma questa volta l'America darà un tempo limitato "


Francesco Battistini, Nahum Barnea

TEL AVIV — «La situazione nel Sud era impossibile da sostenere. Israele è una democrazia, non può accettare che ogni settimana un settimo dei suoi cittadini si rintani perché piovono razzi». L'altroieri, quand'è partita l'operazione «Colonna di fumo», Nahum Barnea stava in un kibbutz proprio al confine con Gaza. Ha visto abbastanza, sentito molto, capito tutto: mai tenero col premier, stavolta il principe degli editorialisti israeliani è con Netanyahu: «Doveva pur far qualcosa...». Quanto peseranno queste bombe sul voto di gennaio? «I politici non amano operazioni di questo tipo, sotto elezioni, perché si sa che è facile perderne il controllo. Il primo giorno, sembrava una gran vittoria. Il secondo, i tre morti e le sirene a Tel Aviv hanno già cambiato le carte in tavola. Netanyahu non è sicuramente di buon umore: uno come lui, che in tutti i sondaggi è accreditato della vittoria, non inizia una guerra se non è veramente obbligato». Obama detesta Netanyahu: come si spiega il suo appoggio incondizionato? «Gli Usa appoggiano Israele, più che altro: riconoscono che i cittadini hanno diritto a una vita normale. La differenza tra l'Obama di oggi e il Bush che appoggiò la guerra di Olmert, nel 2008, è che probabilmente Obama non concederà a Netanyahu lo stesso tempo che Bush concesse a Olmert». E' la fine d'ogni possibile dialogo con l'Egitto dei Fratelli musulmani? «Difficile dirlo. Morsi ha bisogno degli Stati Uniti e non diventerà il portavoce di Hamas: fa molta retorica, ma non penso che s'andrà oltre il rimpatrio dell'ambasciatore. Morsi è ancora instabile, non si sbilancerà più di tanto». Le piazze arabe non sembrano andar oltre la solidarietà di facciata: llamas paga l'aver appoggiato Assad? «La politica araba sta cambiando velocemente e i nuovi governi spesso anticipano le piazze. Il Qatar, che è nemico della Siria, ha appena donato a Hamas 400 milioni di dollari... L'ago della bilancia, però, resta l'Egitto». A Gaza, quanto durerà il sostegno a llamas? «Gaza ora è sotto choc, la botta è forte, il morale basso. Un'azione di questo tipo cementa il consenso palestinese. M'aspetto che torneranno alla strategia di qualche anno fa, a colpirci coi kamikaze». Quanto influirà quest'operazione sul voto di fine mese all'Onu, per il riconoscimento della Palestina come Stato membro? «Influirà di sicuro. Israele ora vuole molte cose: che il mondo convinca i palestinesi a non dichiarare l'indipendenza, che appoggi quest'operazione, che sostenga l'attacco all'Iran... Non può ottenere tutto, su qualcosa dovrà cedere».

La REPUBBLICA - Fabio Scuto : " Due popoli prigionieri nella sfera della violenza "


Per David Grossman, se vuole avere sensazioni di prima mano, c'è un alloggiomomentaneamente libero al quarto piano di una palazzina a Kyriat Malachi. Certo, dovrà essere ristrutturato perché è stato centrato da un razzo che ha sterminato un'intera famiglia.
Siamo certi che da quell'osservazione ne guadagnerò sensibilmente la sua prospettiva.
Ecco l'intervista:

GERUSALEMME —«È molto difficile dire ora in che direzione si svilupperà questa ondata di violenza. Può essere che tutto finisca in qualche giorno, come in passato sono terminate altre centinaia di esplosioni di violenza ciclica fra Israele e Ha-mas, ma potrebbe anche trasformarsi in un'ondata furiosa e prolungata, estendendosi da Gaza alla Cisgiordania. Se ci fosse stato un vero dialogo coni Palestinesi della Cisgiordania ora tutto sarebbe diverso». Non sembra ottimista David Grossman, lo scrittore israeliano — in Italia in questi giorni per presentare il suo ultimo libro Caduto fuori dal tempo—che incarna meglio la coscienza critica di quel che sta accadendo in Israele in questi anni. Come vede la situazione che si è creata in questi ultimi giorni nel sud di Israele? «La situazione dei rapporti fra Israele e Hamas è quella di una sfera ermeticamente chiusa, in cui domina la logica distorta della guerra e dell'odio. Nell'ambito di tale logica, Hamas fa tutto ciò che può per far cessare l'occupazione israeliana che dura già da 45 anni, mentre Israele fa tutto ciò che può per difenderei propri cittadini dai ripetuti attacchi di Hamas. Entrambi hanno le loro proprie giustificazioni per ciò che stanno facendo, entrambi sentono di avere ragione, ma, per l'osservatore esterno, tutto ciò appare una follia. La domanda che ci si deve porre è perché siamo tutti prigionieri all'interno di tale sfera già da 45 anni. Ritengo che la risposta sia che le due parti non sono in grado, in questo momento, di liberarsi dal rituale automatico di attacchi e di ritorsioni, e da soli non ci potranno riuscire. Si condannano ad un round dopo l'altro di violenza e di uccisioni, e ci saranno sempre più palestinesi ed israeliani che si lasceranno trascinare in tale circolo di brutalità e di vendetta». Che può portare a sviluppi imprevedibili.. «E molto difficile dire ora in che direzione si svilupperà la cosa. La situazione fra Israele ed i palestinesi è così esplosiva, che quasi ogni scenario è possibile. E di nuovo si ripresenta la domanda perché Israele ed i palestinesi non abbiano sfruttato questi ultimi mesi per tentare di iniziare un dialogo. Se ci fosse stato un dialogo, anche solo fra Israele ed i palestinesi della Cisgiordania, tutto oggi sarebbe diverso. Su questo punto preciso, mi aspetto che Israele, che ha molte più possibilità di manovra, che è il più forte dei due, faccia tutto ciò che è in suo potere per far ripartire il processo di pace. Se oggi ci fosse un processo di pace, il mondo sarebbe disposto ad accettare con maggiore comprensione la reazione israeliana». Ma ora, in questa situazione, lei vede una via d'uscita? «Penso che Israele debba proporre un cessate-il-fuoco unilaterale di 48 ore, non rispondere ad alcuna provocazione di Ha-mas, anche se Hamas continuasse a lanciare altre centinaia di missili. Penso che Israele debba contenersi al massimo durante queste 48 ore, per dare la possibilità a coloro che hanno un'influenza su Ha-mas, come il nuovo regime egiziano, di fare opera di mediazione e arrivare alla calma».

L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli : " La Striscia è una prigione. La soluzione non è nelle armi "


Mohamed el Baradei ai tempi della presidenza dell'AIEA, quando aiutò l'Iran a mantenere segreti i progressi del programma nucleare

Nel corso dell'intervista, el Baradei commenta con queste parole ciò che sta succedendo tra Gaza e Israele : " la Striscia di Gaza resti una enorme prigione a cielo aperto, isolata dal resto del mondo, dove cresce solo rabbia e disperazione. Non c’è pace senza giustizia, e giustizia vuole che al popolo palestinese sia riconosciuto finalmente il diritto ad uno Stato indipendente. È con la politica e non con le armi che Israele può difendere la sua sicurezza. Israele ha nel presidente Abbas (Abu Mazen, ndr) un interlocutore saggio, disposto a negoziare una pace giusta, duratura, tra pari. Delegittimarlo come Israele sta facendo è un altro errore esiziale". Se Gaza è una prigione a cielo aperto, la responsabilità è esclusivamente del carceriere-Hamas. Hamas è un'associazione terroristica riconosciuta tale da Onu, Ue e Usa. Il suo obiettivo è cancellare Israele, per questo sta lanciando razzi contro lo Stato ebraico. Non c'entra nulla la presunta questione palestinese, nè, tantomeno, lo stallo dei negoziati. Abu Mazen rifiuta di sedere al tavolo delle trattative perché Israele non cede ai suoi ricatti, le precondizioni richieste per il solo fatto di sedere al tavolo dovrebbero essere il risultato dei negoziati stessi.
L'unico dialogo che conosce Hamas è coi razzi. Israele che cosa dovrebbe fare? Lasciarsi bombardare ? Autodistruggersi ?
La soluzione non è nelle armi, secondo el Baradei. Ma che cosa dovrebbe fare uno Stato che viene bombardato quotidianamente dai razzi?
Ecco l'intervista:

La nostra conversazione spazia dal Medio Oriente in fiamme alla controversa transizione egiziana. Un giro d’orizzonte alquanto interessante se il «compagno di viaggio» è un uomo che ha accumulato nel corso della sua vita pubblica un bagaglio considerevole d’esperienza: Mohamed El Baradei, già direttore dell’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica delle Nazioni Unite, premio Nobel per la pace, tra i protagonisti della «primavera egiziana». A Gaza è guerra: «Non basta far tacere le armi - riflette El Baradei - se poi si lascia che la Striscia di Gaza resti una enorme prigione a cielo aperto, isolata dal resto del mondo, dove cresce solo rabbia e disperazione. Non c’è pace senza giustizia, e giustizia vuole che al popolo palestinese sia riconosciuto finalmente il diritto ad uno Stato indipendente. È con la politica e non con le armi che Israele può difendere la sua sicurezza. Israele ha nel presidente Abbas (Abu Mazen, ndr) un interlocutore saggio, disposto a negoziare una pace giusta, duratura, tra pari. Delegittimarlo come Israele sta facendo è un altro errore esiziale». El Baradei si sofferma anche sul dossier iraniano e sulle voci di contatti segreti tra Washington e Teheran: «Non so se questi contatti si sono svolti – osserva l’ex direttore dell’Aiea -ma sono convinto che il dialogo costruttivo è la linea giusta da seguire, perché le sanzioni da sole non risolveranno il problema, tanto meno l’opzione militare che, se praticata, avrebbe effetti devastanti per l’intero Medio Oriente e per la sicurezza nel mondo. Se l’Iran venisse aggredito, riceverebbe immediato appoggio non solo da tutti i cittadini iraniani, ma anche da quasi tutti gli abitanti del Medio Oriente, oltre che da un vasto numero di persone sparse in tutto il mondo». «Prego - aggiunge - affinché una cosa simile non possa mai accadere. Mi auguro che gli israeliani si rendano conto che una tale decisione ne minerebbe gravemente la posizione, invece che consolidarne la sicurezza. La questione potrà essere risolta solo quando Stati Uniti e Iran decideranno di sedersi al tavolo delle trattative intenzionati a giungere a una soluzione che accontenti entrambi». AGazaèdinuovoguerra.Èlaresadeiconti finale tra Israele eHamas? «Chi lo pensa è un irresponsabile e gioca con il fuoco. Già in passato, Israele ha provato a risolvere con la forza il “problema-Hamas” eliminando molti dei suoi dirigenti. Ma altri li hanno sostituiti e la storia si ripeterà. Non è con le armi che Israele potrà sentirsi più sicuro. La sua sicurezza è legata indissolubilmente alla realizzazione del diritto dei palestinesi ad uno Stato indipendente. Un diritto fin qui colpevolmente negato ». C’è il rischio che la guerra di Gaza possa estendersi? «Certo che sì. Ed anche per questo che l’incendio va domato al più presto. La causa palestinese è vissuta anche nelle “primavere arabe”, non in termini anti- israeliani ma come parte di quelle istanze di libertà e di giustizia che non valevano solo per l’interno. Sono il primo a ritenere che non esista alternativa al dialogo e che il diritto di resistenza non vada confuso con attacchi indiscriminati contro i civili. Ma, lo ripeto, alla pace va data una chance, vera, reale. Solo così potranno essere sconfitti gli estremisti ». MentreaGazasicombatte,l’Egittofaiconti con una transizione difficile e per molti aspetti contraddittoria. «Dagli avvenimenti dell’ultimo anno dobbiamo trarre la lezione che divisi si perde. La divisione delle forze laiche, democratiche e progressiste ha pesato in misura decisiva alla vittoria di Mohamed Morsi e dei Fratelli Musulmani nelle elezioni presidenziali. Occorre voltar pagina e l’unità raggiunta tra Al-Dostour (il partito della Costituzione di cui El Baradei è stato co-fondatore, ndr) e l’Al-Adl (Giustizia», partito laico centrista, ndr) va nella giusta direzione». ApropositodiCostituzione,unpuntocentrale nel programma dell’Al-Dostour, è proprio quello di battersi per una nuova cartacostituzionalecherecepiscalospirito e le istanze che furono alla base della rivolta anti-Mubarak. «La Costituzione è la legge fondamentale, quella che dà l’impronta ad un Paese, e i suoi dettami non possono compromettere la libertà umana, la dignità e l’uguaglianza. Diritti civili e giustizia sociale: sono i pilastri di una battaglia che hacome posta in gioco il futuro dell’Egitto ». Lei è stato molto critico con i Fratelli Musulmani. Perché? «Perché il modo in cui il Fratelli Musulmani gestiscono il bene pubblico si scontra con i tentativi del popolo di trasformare l’Egitto in uno Stato di diritto. A ciò si aggiunga che nulla è stato fatto per migliorare le condizioni di vita della popolazione e offrire una prospettiva alle nuove generazioni. La lotta ora non è a Piazza Tahrir (il centro della rivolta anti- Mubarak, ndr) ma nell’arena politica. L’impegno del mio partito è quello di radicarsi in ogni segmento della società egiziana».

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