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L'Unità - Il Manifesto - Libero - La Repubblica Rassegna Stampa
16.11.2012 Guerra: le critiche
Udg, Michele Giorgio + testate a confronto

Testata:L'Unità - Il Manifesto - Libero - La Repubblica
Autore: Umberto De Giovannangeli - Zvi Schuldiner - Michele Giorgio
Titolo: «Raid su Gaza, missile sfiora Tel Aviv - Escalation di guerra - Sotto le bombe, la tragedia di Gaza»

Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 16/11/2012, a pag. 12, l'articolo di Umberto De Giovannangeli dal titolo " Raid su Gaza, missile sfiora Tel Aviv ". Dal MANIFESTO, a pag. 1-3, l'articolo di Zvi Schuldiner dal titolo " Escalation di guerra ",  a pag. 3, l'articolo di Michele Giorgio dal titolo " Sotto le bombe, la tragedia di Gaza" .

Nella pagina riportiamo solo gli articoli di Unità e Manifesto, ma questo non significa che la disinformazione non sia arrivata anche agli altri quotidiani:


La REPUBBLICA
- la prima pagina ha una titolazione corretta, che recita : "Razzi di Hamas su Tel Aviv", peccato che poi, ad illustrazione, ci sia una foto dei bombardamenti a Gaza.


LIBERO
- La titolazione della cronaca di Mario Dergani è tremenda, inizia con queste parole : "Bombe ebraiche su Gaza". Bombe 'ebraiche'? I razzi di Hamas, per caso, vengono definiti 'islamici'? Non ci risulta.
Quale sarebbe il significato di 'ebraiche' riferito a bombe?


Su TWITTER la propaganda palestinese colpisce mostrando foto di vittime del regime siriano spacciandole per palestinesi


Il FATTO QUOTIDIANO
titola la cronaca di Roberta Zunini così: "Israele martella Gaza tra vittime e razzi. I pilastri della morte". Dei razzi di Hamas contro Tel Aviv, della famiglia israeliana sterminata a Kiryat Malachi, non c'è traccia. I lettori potrebbero pensare che Israele abbia diritto a difendersi, meglio nascondere le vittime dietro a titoli patetici e propagandistici.


Per INTERNAZIONALE, un trafiletto dal titolo 'Israele attacca'. I terroristi della Striscia sono le vittime immacolate. Tutti i razzi lanciati contro Israele non meritano lo spazio del titolo.


Sul PUBBLICO, un articolo di Giovanna Loccatelli ha titolazione che recita : "Un razzo raggiunge Tel Aviv. Raid e morti nella Striscia di Gaza". Un misero razzo colpisce Tel Aviv, nè morti nè feriti, stando al titolo. Invece a Gaza raid e morti. Tanto valeva aggiungere la parola tanto cara agli odiatori di Israele, sproporzione. Per un solo razzetto contro Tel Aviv, Israele può rispondere in maniera così sproporzionata ?

Ecco gli articoli di Unità e Manifesto, preceduti dai nostri commenti

L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli : " Raid su Gaza, missile sfiora Tel Aviv"


Kiryat Malachi

Il missile che ha 'sfiorato' Tel Aviv viene definito con queste parole da Udg : "È il salto di qualità della giornata". Magari Udg poteva anche complimentarsi coi terroristi della Striscia per la tecnologia il loro possesso ?
Interessante, comunque, l'utilizzo del verbo 'sfiorare'. E' stato forse meno pericoloso, così? Forse ha fatto il solletico  agli abitanti di Tel Aviv che, invece di preoccuparsi, potrebbero ridere un po' ?
Leggendo l'articolo si ha l'impressione che quella della Striscia sia stata una risposta e non un attacco. Risposta a che cosa ? All'omicidio mirato del terrorista Jabari, carceriere di Gilad Shalit ?
E tutti i razzi che Hamas ha lanciato contro Israele non contano nulla ? E' normale cercare di assassinare civili 'colpevoli' del fatto di essere israeliani ? E' giusto costringerli a vivere nel costante terrore di venire colpiti da un razzo ? E' accettabile che uno Stato sovrano permetta ad un'entità terroristica limitrofa di bersagliarlo di razzi?
Ecco il pezzo:

Bombe su Gaza. Razzi su Israele. Macerie e morte.Èguerra. Senza confini, senza distinzione tra combattenti e civili. La guerra tra Israele e Hamas.Una guerra che raggiunge Tel Aviv. È il salto di qualità della giornata.Uns alto devastante. Tel Aviv, ore 17:42: una esplosione accompagna il suono delle sirene d’allarme. Da Gaza la Jihad islamica annuncia di aver sparato verso Tel Aviv un razzo di tipo Fajir-5, di fabbricazione iraniana. Il gruppo ha affermato che è stata «allargato la portata della battaglia per potere raggiungere Tel Aviv, e ciò che sta per succedere sarà ancora più grande », ha riferito la Jihad islamica, in merito al lancio di un razzo oggi pomeriggio dalla Striscia di Gaza sulla città costiera israeliana. Il Fajr-5 è un razzo di ultima generazione, lanciato da postazioni mobili, e ha una gittata stimata tra i 75 e gli 80 km. Il razzo che ha colpito Tel Aviv è caduto «di fronte alla costa di Giaffa senza provocare vittime», riferiscono i servizi di emergenza dello Stato ebraico. È la prima volta dal 1991, dalla prima Guerra del Golfo, che un razzo colpisce Tel Aviv.
PAURA
Se «l’aggressione di Israele continua è chiaro che le brigate al Qassam e Hamas attaccheranno gli israeliani, i soldati e i politici. Una pioggia di razzi si riverserà su di loro», avverte un portavoce di Hamas, Fawzi Barhoum, citato dall’iraniana Press Tv. Nelle ultime 24 ore «il sistema Iron Dome ha intercettato 105 razzi, mentre 274 hanno colpito Israele»: lo afferma il portavoce dell’esercito israeliano, precisando che sono saliti a 250 gli «obiettivi terroristici» colpiti nella Striscia di Gaza. Alla guerra combattuta s’intreccia quella degli avvertimenti, sempre più minacciosi. Da Tel Aviv, qualche ora primadell’attacco missilistico, parla Benjamin Netanyahu. Il primo ministro dice che «Israele continuerà a fare tutto quello che è necessario per difendersi». «Hamas - aggiunge - è responsabile per il lancio di centinaia di razzi sulle nostre città e i nostri bambini, ma Israele continuerà a fare qualsiasi cosa per evitare di procurare vittime a Gaza». I militanti palestinesi «pagheranno il prezzo per il lancio dei razzi contro Tel Aviv, gli fa eco il ministro della Difesa dello Stato ebraico Ehud Barak, citato da Al Arabiya. L’esercito israeliano, autorizzato dal ministro della Difesa, ha approvato il richiamo di 30mila riservisti dopo l’escalation nel sud di Israele, annuncia il portavoce di Tsahal, Yoav Mordechai. Nel pomeriggio anche il Comitato affari esteri e difesa della Knesset ha approvato la richiesta. «Determineremo quando di loro dovranno rientrare in servizio» ha detto il portavoce spiegando che la «campagna sta per ampliarsi». «Tutte le opzioni - ha aggiunto - sono ora sul tavolo».
CRONACA DI GUERRA
Quindici palestinesi da una parte, tre israeliani dall’altra: è il numero delle vittime, accompagnati da un rilevante numero di feriti, provocati dalla massiccia operazione aerea israeliana «Pilastro di nuvola» e il lancio di razzi da parte di Hamas. Avviata l’altro ieri da Israele dopo i continui colpi sparati nelle ultime settimane dalla Striscia di Gaza, l’operazione ha avuto come primo obiettivo il comandante dell’ala militare di Hamas, Ahmed Jaabari. I suoi funerali svoltisi in mattinata a Gaza City hanno visto la partecipazione di migliaia di persone, nonostante la paura che regna nella Striscia. Assenti il capo dell’esecutivo di Hamas Ismail Haniyeh e Mahmud a-Zahar, entrambi ormai in totale clandestinità. Le esequie si sono protratte per diverse ore, durante le quali i miliziani palestinesi hanno sparato decine di razzi verso il territorio israeliano, mentre decine di obiettivi venivano a loro volta centrati dall’aviazione israeliana nella Striscia. Tra le vittime a Gaza si contano anche un bebè, una bambina e una ragazza incinta. Tre trentenni, due donne e un uomo, quelli da parte israeliana in un palazzo centrato a Kiryat Malachi da un razzo. «Gli israeliani devono capire che l’aggressione contro Gaza è inaccettabile e che non potrà che portare all’instabilità nella regione». Ad affermarlo è il presidente egiziano, Mohamerd Morsi, in una dichiarazione alla Nazione diffusa dalla tv di Stato. Nella stessa dichiarazione, Morsi ha sostenuto che l’Egitto dà «pieno sostegno al popolo palestinese contro l’aggressione israeliana» a Gaza. In serata, fonti ufficiali egiziane hanno confermato che su ordine del presidente Morsi, oggi il premier Hisham Kandil accompagnato dal ministro della Sanità, si recherà a Gaza per raccogliere informazioni sulle condizioni dei feriti e della popolazione della popolazione di Gaza dopo gli attacchi aerei israeliani. A fianco d’Israele si schiera Barack Obama. Il presidente americano ha ribadito al premier israeliano l’appoggio degli Stati Uniti al diritto di auto-difesa di Israele. Lo comunica la Casa Bianca. Obama e Netanyahu si sono detti «d’accordo sulla necessità che Hamas fermi i suoi attacchi », comunica sempre la Casa Bianca, sottolineando che Obama ha chiesto «ogni sforzo per evitare vittime civili».

Il MANIFESTO - Zvi Schuldiner : " Escalation di guerra "


Zvi Schuldiner

Anche in questo articolo, come in quello di Udg riportato sopra, Israele viene accusato di aver attaccato per primo.
Per quale motivo il diritto di Israele a difendersi dai razzi della Striscia non viene contemplato ? Quanti razzi ha lanciato Hamas dall'inizio dell'anno? Diverse centinaia. La popolazione del sud di Israele non può vivere una vita tranquilla e normale, in perenne angoscia di sentir suonare la sirena e dover scappare nel primo rifugio utile.
Schuldiner, poi, arriva a sostenere che Hamas sia il migliore alleato del governo netanyahu in vista delle elezioni, la stessa tesi assurda propalata ieri sulle pagine della Stampa da Vittorio Emanuele Parsi, il quale sosteneva che Netanyahu starebbe attaccando la Striscia per assicurarsi la vittoria elettorale a gennaio. Ovviamente la sicurezza dei cittadini israeliani non viene manco presa in considerazione.
Ecco il pezzo:

Informiamo gli smemorati, i troppo preoccupati per la situazione economica in Europa, gli apatici e altri: il conflitto israelo-palestinese, che sembrava dimenticato, non è risolto. E da ieri la routine si rinnova. L’aviazione israeliana si lancia in una nuova azione, Hamas risponde con una massiccia pioggia dimissili e tutto dice che una pericolosa escalation è possibile. Gli elementi di questa nuova mini-guerra sono sintomatici del terribile vicolo senza uscita in cui si trova il conflitto, sotto la guida di dirigenze criminali da entrambe le parti. Perché ora? Il governo israeliano è interessato a consolidare la sua politica espansionista e l’annessione strisciante della Cisgiordania. Si avvicinano le elezioni politiche di gennaio in Israele. E il governo, una coalizione di forze fondamentaliste, razziste e della destra moderata, è preoccupato da tre questioni in particolare. Primo: la minaccia del leader palestinese Abu Mazen di presentare all’assemblea delle Nazioni unite la richiesta di accettare la Palestina come stato «osservatore», creando problemi a Israele nell’arena internazionale. Secondo: la rielezione alla presidenza degli Stati uniti di Barack Obama, che forse sarà più deciso nelle sue posizioni verso Israele soprattutto dopo che il primo ministro Benyamin Netanyahu ha appoggiato in modo sfacciato il suo amico personale e ideologico Mitt Romney. Il terzo problema: il deteriorarsi della situazione economica, dopo il risveglio di proteste sociali dell’anno scorso, fa pensare che la politica ultraneoliberista di Netanyahu pagherà un prezzo elettorale. Sono tre questioni serie per un governo che non ha interesse alla pace, ha fatto di tutto per non riprendere i negoziati, ogni giorno costruisce nuove colonie nei territori occupati e confisca nuove terre palestinesi. E continua a perseguire il suo reale progetto - l’espansionismo e l’annessione dei Territori palestinesi - mentre l’opinione pubblica internazionale ha dimenticato gli effetti terribili dell’occupazione. Certo, «nei territori occupati non succede nulla»: i ristoranti e caffè di Ramallah fanno scordare ai visitatori che questa è solo un’isola artificiale. Ma il «presidente» Abu Mazen esercita un «governo» immaginario, decine di migliaia di agenti di polizia e paramilitari garantiscono agli israeliani la tranquillità nei territori, e nascondono la realtà di un’occupazione brutale. D’altra parte Abu Mazen, consapevole della sua impopolarità, della corruzione del governo palestinese in Cisgiordania e di una situazione esplosiva, si rivolge alle Nazioni unite. Questo suo gesto - definito «terrorismo politico» da alcuni ministri israeliani - è visto come una minaccia anche dal governo di Hamas a Gaza. Hamas, che contava sull’arrivo del Fratelli Musulmani al governo al Cairo, comincia a rendersi conto che l’Egitto è qualcosa di complesso e la sua élite comprende che l’uscita dalla crisi economica attuale passa per l’alleanza con gli Stati uniti. Il passo di Abu Mazen all’Onu inquieta le fazioni islamiche perché allude alla possibilità di progresso per i palestinese attraverso la diplomazia, invece che attraverso l’azione militare. Del resto anche Hamas sa bene che le armi non porteranno all’indipendenza per i palestinesi, e perciò ha fatto dei tentativi di aprire canali diplomatici. L’Occidente però non parla con i «terroristi », con l’eccezione di alcuni terroristi alla guida di vari stati democratici; per questo Hamas rimane isolata, e si inventa passi equivoci come l’alleanza con l’Iran, destinata a fallire a causa della rivalità tra Tehran e il Cairo o il Qatar. In questo contesto, Hamas ha considerato di poter giocare sul controllo - o mancanza di controllo - degli attacchi dimissili da Gaza su Israele meridionale. E’ ben vero che lamaggioranza degli attacchi sono opera di gruppi islamici che sfuggono a Hamas, ma la dinamica ha portato Hamas a seguire questa linea politica esplosiva. Quei missili avevano un duplice significato: siamo più efficenti di Abu Mazen di fronte al nemico sionista (Hamas si oppone all’iniziativa presso le nazioni unite) e non temiamo la forza dissuasiva di Israele. E’ necessario chiarire: che fossero missili isolati o attacchi più massicci, il fatto è che un milione di israeliani si trovava sotto il costante pericolo di missili che arrivano sempre più lontano. Milioni di israeliani ne hanno concluso che era imperativo usare la forza. Per un governo israeliano come quello attuale, non c’è alleato migliore di Hamas: gli permette di ripetere agli israeliani e all’opinione pubblica internazionale che tra i palestinesi non c’è un partner per la pace, e che la forza è l’unica risposta al conflitto. Non ci sono attenuanti per la criminale alleanza di dirigenze - israeliana e palestinese - che antepongono i loro interessi a quelli dei loro popoli. Hamas ha sbagliato calcolo, o non ha voluto considerare il fatto che sarà il popolo palestinese a pagare il prezzo della politica criminale del governo israeliano. E il governo di Israele, mosso dalla sua politica fondamentalista-bellicista, ora sfrutta la riuscita della sua forza aerea. Mentre coloro che perdono la vita sono cittadini delle zone più povere del paese. Netanyahu ha puntato su Romneymentre il suo amico, il re dei casinos Adelson, gli ha regalato decine di milioni di dollari. Oggi punta sulla pressione degli Stati Uniti sul presidente egiziano Morsi, e nel gran pasticcio del Medio oriente il risultato potrebbe essere tragico. Sì, nemmeno a me piace vivere sotto la pioggia di missili che cade sulla regione in cui si trova il mio istituto di studi. Ma la criminale miniguerra avviata da Israele dice ancora una volta che il conflitto non si risolverà sul campo di battaglia. Se Hamas e l’Olp restano impelagati nella loro guerra interna e non tornano all’unità, il sangue e le iniziative diplomatiche di appoggio o di condanna serviranno solo a dare copertura al progetto coloniale di Israele - una Israele sempre più fondamentalista e razzista.

Il MANIFESTO - Michele Giorgio : " Sotto le bombe, la tragedia di Gaza "


Michele Giorgio, nessuna compassione per gli israeliani

Michele Giorgio punta il suo articolo sul patetico, sulle lacrime dei parenti delle vittime a Gaza, sui feriti palestinesi.
Le vittime israeliane non ricevono la stessa compassione, vengono esposte le presunte ragioni di Hamas, intonata la solita litania di Gaza prigione a cielo aperto, dei negoziati falliti tutti per colpa di Israele.
Riportiamo il pezzo più che altro per dovere di cronaca, dal momento che non contiene niente di nuovo rispetto alle solite tirate propagandistiche con le quali Giorgio anestetizza i suoi lettori.

Piange Sami Ajrami, per la sua bimba. La scheggia di una bomba esplosa a pochi metri dalla sua casa ha reciso di netto due dita della piccola. Sami non si dà pace, lo sfogo del pianto non basta a tenere a freno quel misto di rabbia e disperazione che gli stringe lo stomaco da quando uno dei raid aerei israeliani ha rischiato di sterminare la sua famiglia. Un dramma umano ma anche professionale, perché lui con gli israeliani lavora da anni, come giornalista. Il suo ebraico perfetto lo ha portato qualche anno fa all’incarico di collaboratore fisso di un canale tv. Lavoro che però non lo ha reso immune dall’offensiva aerea cominciata giovedì con l’assassinio del comandantemilitare di Hamas, Ahmed Jaabari. Anche Sami è sotto le bombe, come tutti i palestinesi. E nemmeno il potente nome della Bbc ha potuto proteggere Jihad Misharawi, cameraman dell’emittente britannica. I medici e gli infermieri dell’ospedale Shifa raccontano di quando giovedì seraMishrawi è entrato di corsa nella sala del pronto soccorso con in braccio il figlio più piccolo, Omar, ormai senza vita. E non dimenticano neanche la giovane donna incinta arrivatamorta all’ospedale. Si piange anche dall’altra parte del confine. Un palazzo a Kiryat Malachi, nel sud di Israele, ieri è stato centrato in pieno da uno dei razzi sparati dai palestinesi dopo l’assassinio di Ahmed Jaabari. Forse un Grad, più potente degli artigianali Qassam. Gli uccisi sono stati tre, una coppia di trentenni e una giovane di 20 anni. Morti che potrebbero innescare quell’offensiva di terra, parallela a quella dell’aviazione, tante volte minacciata dal premierNetanyahu e dal ministro della difesa Barak. I razzi ieri hanno raggiunto anche Holon, Rishon Letzion ed uno di essi è caduto nelle acque davanti Giaffa, alle porte di Tel Aviv dove hanno suonato le sirene di allarme. La guerra, evidentemente, non serve a bloccare i lanci di razzi, come aveva già dimostrato "Piombo fuso" nel 2008. Il problema era e rimane l’assedio di Gaza, è un problema politico, nonmilitare. EppureNetanyahu e Barak vanno avanti. Ripetono di voler garantire la piena sicurezza della popolazione israeliana e di voler ristabilire il «potere di deterrenza» di Israele. I riservisti sono stati richiamati, i carri armati sono pronti in qualsiasimomento ad entrare a Gaza. L’aviazione attende l’ordine di intensificare le incursioni che hanno fatto 15 morti fino a ieri sera, tra i quali anche bambini, come Hanin e Walid, rispettivamente di nove mesi e due anni e mezzo. I feriti sono oltre 150. L’israeliana Michal Vasser però dice «no» alla guerra. Vive nel kibbutz Kfar Aza dove non poche volte cadono i razzi lanciati da Gaza. Marifiuta un conflitto, gli attacchi alla popolazione palestinese. «Per piacere non difendetemi, non in questo modo », ha scritto sul quotidiano Haaretz rivolgendosi a Netanyahu e Barak. Un altro israeliano, Gerhson Baskin, un pacifista che è stato mediatore nella difficile trattativa per lo scambio un anno fa tra il soldato Ghilad Shalit, rimasto prigioniero a Gaza per cinque anni, e un migliaio di detenuti palestinesi, ha rivelato che nei giorni scorsi aveva avviato i passi necessari per la tregua, resi vani dall’assassinio di Ahmad Jaabari, sepolto ieri al termine di un funerale seguito da migliaia di palestinesi. Una pioggia di critiche ed attacchi lo ha sommerso quando lo ha rivelato aimezzi d’informazione. Oggi arriva a Gaza il premier egiziano Hisham Qandil, assieme ad alcuni ministri. È una evidentemanifestazione di appoggio del governo dei Fratelli musulmani all’esecutivo di Hamas dopo il gelo sceso sulle già difficili relazioni con Israele, segnato dal richiamo reciproco degli ambasciatori. La popolazione spera che il primo ministro egiziano si dimostrerà in grado di avviare una mediazione permettere fine all’escalation. La notizia arriva anche allo Shifa ma nessuno ci fa caso. Medici e infermieri del principale ospedale di Gaza sono impegnati da due giorni a prestare soccorso ai feriti che arrivano in continuazione. «Presto presto, allontanatevi, fate passare», urla un poliziotto cercando di aprire tra la folla di parenti, curiosi e giornalisti un varco per far passare la barella spinta da due infermieri. Il ferito si copre il volto con il gomito. «Arriva da Sudaniyeh, è un uomo di 52 anni », spiega Maher, un giovane pescatore da tempo impegnato ad aiutare gli attivisti stranieri che vivono a Gaza. Passa qualche minuto e un’ambulanza entra velocemente nel cortile dello Shifa. Altra corsa di fotografi e giornalisti. Stavolta è un agente della forze di sicurezza colpito a Tual, a nord di Gaza. Accanto a Maher, prendono appunti Rosa Schiano di Napoli e Alessandro Romano di Matera. Sono qui a Gaza in solidarietà con la popolazione palestinese e riversano tutte le informazioni che raccolgono nei social network. «La scorsa notte ero a Jabaliya, ospite di una famiglia e non abbiamo chiuso occhio - racconta Romano - i bombardamenti aerei sono stati continui e la casa tremava quando i missili cadevano a breve distanza». Per il portavoce militare israeliano tutti gli obiettivi colpiti erano basi dell’ala militare di Hamas e dei servizi di sicurezza. A Gaza invece sottolineano gli effetti dei raid sulla popolazione civile. Un gruppo di una decina di cooperanti di Ong italiane con progetti nella Striscia di Gaza, ha diffuso un comunicato per rimarcare che i civili palestinesi stanno «suben

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