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Informazione Corretta Rassegna Stampa
15.11.2012 Sguardi al Passato
Fanta-Interviste di Luciano Tas

Testata: Informazione Corretta
Data: 15 novembre 2012
Pagina: 1
Autore: Luciano Tas
Titolo: «Sguardi al Passato»

Cari Lettori di Informazione Corretta,

ho scritto una specie di fanta-intervista parziale (perché solo le domande sono state inventate e le "risposte" sono integralmente vere) per alleggerire un po' le tensioni che viviamo (per l'Italia e per Israele) in questo periodo.
Buona lettura,

Luciano Tas

Sguardi al Passato
Fanta-Interviste di Luciano Tas


Luciano Tas

Del fascismo, della scuola e della stampa

PARTE PRIMA - 1928
E’ il 1928 e l’editore – “Libreria del Littorio” di Roma – pubblica un libro, autore Acuzio Sacconi, dal titolo “Fascismo e Scuola”.
Dalle pagine di questo libro abbiamo immaginato un’intervista all’autore, le cui parole sono fedelmente riportate, proprio come appaiono nel libro, ma “trasformate” in risposta alle nostre domande di novanta anni dopo


Fascismo e Scuola. Intanto, cosa s’intende per scuola fascista se, come immagino, a questo volete arrivare, vista la premessa  che “la scuola deve essere fascista”?
Cosa intendiamo per scuola fascista? Nello svolgimento del nostro pensiero e della nostra azione a noi sembra ritrovarsi la migliore definizione e la più chiara formulazione del nostro programma.

Chiarissimo. Ma in concreto?
Noi amiamo i fatti e non le parole; e non ci serviamo che di parole di suono molto breve e di significazione molto precisa.

Eccellente. Ma quali sono o saranno i fatti?
D’ora in poi non sarà permesso, in qualsivoglia insegnamento, dimenticare l’Italia o porla, entità geografica astratta, allo stesso livello e nella stessa considerazione delle altre Nazioni.

Se ho ben capito, mi sembra che sia come dire che l’Italia è sopra il livello di tutte le altre nazioni. E come deve regolarsi l’Italia?
L’Italia storica e tradizionale, l’Italia artistica, scientifica e filosofica, l’Italia religiosa deve essere l’interna anima di ogni educazione e non vano ritornello ma affermazione continua e insistente di un valore che trascende il presente e si eterna nei secoli.

Esemplare. Ma per quanto concerne l’insegnamento?
L’insegnamento ne guadagnerà in concretezza e immediatezza di espressione.

È una bella responsabilità…
La responsabilità tremenda e ineffabile di cui parlò il Duce all’Augusteo non deve essere tradita.

Magari tutti fossero concreti e chiari come voi! Così la scuola fascista…
Scuola fascista, dite voi. Scuola fascista dunque: l’associazione è l’esercito dei credenti di questa fede, dei confessori di questa religione.

È troppo chieder di quale associazione si tratta, o magari è solo un simbolo?
Associazione Fascista degli Insegnanti.

Ma gli insegnanti sono tutti fascisti?
Sembrerebbe di sì, volgendo gli occhi tutt’intorno e riguardando, con non celabile meraviglia, il nereggiare delle camicie.

Quindi secondo voi il fascismo è vincente.
Nella scuola oggi il fascismo vince non solo come particolare espressione politica, ma come visione nuova della vita e della storia, come missione e volontà nuova del popolo italiano.

E in questo le camicie nere cosa rappresentano, come si collocano?
Le camicie nere e i fasci littori della fase odierna del fascismo sono il segno distintivo di questo volontariato nuovo, non più di partito ma di regime, e non hanno più un valore interno e contingente, ma europeo e storico, che è quanto dire universale.

Ma come sarà possibile controllare coloro le cui intenzioni non sembrerebbero essere buone, almeno dal vostro punto di vista?
Appunto perché siamo antidemocratici, cioè non credenti nel numero e non adoratori della massa, noi non siamo preoccupati affatto.

E nella scuola?
Abbiamo sempre auspicata la formazione di una aristocrazia politica.

Tra chi?
Tra gli insegnanti. Questa aristocrazia – classe del comando nell’Associazione e classe dirigente nella scuola – è quella naturalmente forgiata nello squadrismo.

E tornando a quelli delle cattive intenzioni?
Un primo grande passo sarà compiuto quando non vi sarà più nessun ex-dirigente delle vecchie organizzazioni classiste fra di noi. I segretari provinciali seguano attraverso l’occhio di fiduciari il lavoro scolastico e traggano da queste osservazioni le norme sulla stima che di ciascuno deve farsi e soprattutto misurino esattamente il contributo che ciascuno dà al fascismo nella scuola.

Quindi cura vigilante?
E spirito alacre. Questi sono i criteri politici, morali, scolastici che, se opportunamente usati, varranno all’aspra bisogna. Ricordino tutti che la scuola fascista non è fatta, ma si fa giorno per giorno, ora per ora, e non tanto attraverso le prescrizioni ministeriali, quanto con la fiamma viva della fede e l’opera diuturna di ciascuno educatore.

“Ordine della perfetta obbedienza”. Che cosa vuol dire?
La definizione è del Duce e non vuole esprimere solo il momento formale ed esecutivo dell’attività del partito. Attratti e risucchiati entro l’orbita del genio, ogni moro dell’anima, ogni istante di vita, ogni atto comune della nostra operante umanità ne è sollevato e trasfigurato. Il risalto del Capo dà a tutto le dimensioni e il colore delle grandi cose. La perfetta Obbedienza domanda a ciascuno il sacrificio del piccolo individuo. Il fedele non si umilia e non si annienta nell’Ordine, il Capo è invero l’interprete e l’ispiratore del genio del popolo e ha su di sé l’immane responsabilità del comando.

Così il Capo sarebbe…
Il Capo è il primo apostolo e il primo confessore della sua fede, la figura più alta e più tragica di ogni epoca storica perché procede nella tenebra e non ha altro lume che la sua volontà. Ordine della perfetta Obbedienza. Mancava a noi la disciplina: disciplina degli individui e disciplina di popolo, disciplina di Nazione e disciplina di Stato.

E senza questa perfetta Obbedienza cosa sarebbe successo?
Il nostro essere mortale e spirituale si sfaceva senza un cento intorno a cui organizzare e unificare la vita.

Qual è il compito del partito in questa nuova situazione?
Il Duce lo ha limpidamente espresso: “Costruire l’aristocrazia educativa e formativa nel popolo italiano”.

In questo quadro, quando si pensa che il partito porti a termine il suo compito?
Il compito del partito non è concluso. Esso accoglie, elabora e traduce in sostanza di vita la volontà del Duce, ma offre anche materia sempre pronta, docile e plastica al genio dell’Artefice insonne. Esegue e insieme comprende, interpreta e accompagna il pensiero del Capo, prolungandone il vigor costruttivo.

Non è quindi difficile immaginare che cosa dovrà diventare la scuola.
La scuola deve essere oggi fascista. La scuola apolitica, cioè la scuola impotente a dare agli spiriti un direzione etica e politica, la scuola “serena”, che è quanto dire indifferente ai contrasti e alle passioni, non merita veramente il nome di scuola in un grande Paese che rinasce e volge i suoi occhi ardenti verso l’avvenire.

Verso quale tipo di pedagogia si orienta oggi la scuola?
Vi è oggi in Italia una sola pedagogia degna di essere insegnata e praticata, ed è la pedagogia fascista. L’unico pedagogista vivente oggi in Italia e il più grande degli ultimi tempi è Benito Mussolini.

Quindi gli insegnanti dovranno ricevere una particolare educazione politica.
Per l’educazione politica degli insegnanti italiani, come ci comanda il Segretario del Partito, noi non abbiamo che da illustrare i concetti che sono alla base della dottrina e dell’azione fascista. È questa la nostra opera, modesta se inquadrata nel vasto campo aperto alle fortune d’Italia dal genio sovrano del Duce.

Sembra di capire che a parte il grande Pedagogista cui facevate cenno, l’Associazione degli Insegnanti Fascisti abbia delle perplessità sulla funzione della pedagogia.
Tanto è vero che ha domandato che nei prossimi esami per l’abilitazione alla direzione didattica sia soppressa la prova scritta e orale di pedagogia, sostituendola con altre prove.

È quindi una sentenza di condanna della pedagogia?
Non vogliamo rifare il processo alla pedagogia. Lo stato mentale e direi morale della massa insegnante denuncia la gravità innegabile della stortura pedagogista operata nelle scuole. Anche oggi l’unica produzione intellettuale degli insegnanti riguarda i problemi della pedagogia, riecheggiati con stucchevole monotonia sugli stessi motivi, e conclusi, o meglio non conclusi, sempre allo stesso modo.

La pedagogia sarà sostituita con il binomio fascista “Libro e Moschetto”?
“Libro e Moschetto”. Siamo dunque finalmente usciti fuori dai cancelli della chiusa e umbratile cultura, nutrimento solitario e gravoso dello spirito. Il moschetto ristabilisce l’esatta equazione tra l’interesse individuale e l’interesse nazionale, tra la vita del singolo e la vita della collettività. Il tipo moderno italiano e fascista dell’uomo d’armi è il milite che serve l’ideale e dentro la stessa ferrea legge di vita e di morte dello Stato che lo piega inesorabilmente al suo dominio, ritrova la poesia del volontario e la fiamma sublime dell’olocausto.

Ma il moschetto non finirà per avere una parte maggiore del libro nell’educazione degli italiani?
Durante il più tormentato periodo del fascismo, Benito Mussolini riprendeva e proponeva a tutti gli italiani un motto significativo: “Vievere pericolosamente”. È bene non dimenticare mai questo motto che può ancora e sempre servire come antidoto potente alla vecchia natura degli italiani, che il fascismo vuole seppellire per sempre.

Naturalmente il riferimento è sempre al discorso di Mussolini, detto “dell’Ascensione”.
Il discorso non è semplicemente politico, o almeno non è politico nel vecchio e povero senso dell’Italia di ieri. La sua lettura è fortificante come l’ardua e pur gioiosa scalata di un monte che infonde nel cuore il tonico dello sforzo e della ammirazione.

Insomma, quasi una gioiosa macchina da scalata.
In questo significato Benito Mussolini è un uomo antico di nostra gente, un classico che, pur trattando una materia vivissima e attuale, par che si rivolga e parli con commossi accenti alla posterità.

Ci saranno presto altri discorsi del Duce?
Dopo questo formidabile discorso il Duce ha già annunciato che tacerà per molto tempo. Occorre forse che egli parli ancora? Sì, per il nostro desiderio e per la nostra ansia di adoratori. Ma le grandi opere d’arte, i capolavori dello spirito sono disgraziatamente rari nella storia dell’umanità  conviene che si lasci il genio alla sua libera, divina ispirazione.

Che cosa è esattamente per Mussolini il Partito Nazionale Fascista?
La definizione che il Duce ha dato testé del partito è “ordine religioso”.

Parliamo un po’ di stampa e fascismo.
C’è chi si ostina a riproporre tutta la propria fiducia nell’azione dei giornali. Io credo che comunque redatto, sia pure reso austeramente alieno da ogni immorale pubblicità – ed ognuno vede come nonostante il severo controllo dei poteri dello Stato siamo ben lungi dall’aver attinta questa meta – il giornale mal si presta a una propaganda, a un’azione e a una disciplina educativa.

Sarebbe come dire che i giornali non riflettono bene lo spirito del fascismo?
Lo spirito del Fascismo è unico:l’affermazione netta e inconfutabile non ha bisogno di commenti. Unico, perché unico e univoco è lo slancio che ha fatto sorgere in piedi questa nostra antica gente all’appello del suo Duce.

Passiamo alla politica estera del fascismo. Come si pone l’Italia di Mussolini nel quadro internazionale?
Vi è oggi nelle relazioni internazionali dell’Italia uno stile riconoscibile e, comunque giudicato all’estero, discriminante e risolutore di tutte le più imbrogliate situazioni. Là dove giunge l’occhio e la mano di Mussolini si mostra subito una improvvisa chiarità.

Come si orienta questa politica internazionale?
La politica estera italiana è oggi orientata secondo una previsa direttiv ed ha una linea che ne regge le fila, ne segue il corso e ne domina lo sviluppo.

Molto lavoro per la diplomazia dunque?
Il fascismo e Mussolini hanno collocato al primo posto della Nazione la politica estera, sottraendola al vuoto tecnicismo dei diplomatici, finora avulso dal contesto dell’opera governativa, e restituendole cuore, nerbo e sostanza viva di pensiero e di azione.

Restiamo ancora un momento al giornalismo. Che si può dire dell’ultimo “Foglio d’Ordini”?
Noi giudichiamo molto importante e istruttivo il Foglio d’Ordini del partito: già altra volta lo abbiamo definito il tipo di giornalismo fascista. Il Foglio d’Ordini ha fatto già molto bene all’opinione pubblica e all’opinione giornalistica. Ma il Foglio d’Ordini piace soprattutto nella polemica. Allora è veramente grande, allora spiega tutta la sua contenuta potenza, chiarificatrice di problemi, aggressiva e anzi sterminatrice dei falsi idoli che governano le folle e le idee di questa vecchia e incorreggibile Europa. Si vede bene che Mussolini ha fatto buona scuola.

Mi pare di capire che ci siano ancora problemi con la stampa, o no?
Nessun regime come il fascista ha visto, per esempio, con tanta chiarezza il problema della stampa. I giornali sono stati man mano permeati di fascismo, cioè arricchiti di un beninteso senso di disciplina e di responsabilità. L’opinione pubblica è saviamente guidata secondo le direttive e i propositi dello Stato, che sono poi quelli che hanno veramente il diritto di valere e di vigoreggiare nell’anima sensibile d emotiva delle moltitudini.

Ancora sulla scuola. È stato detto che i professori vivono una vita troppo appartata dalla realtà politica e sociale.
Ed è giusto. Ma noi non dobbiamo perciò volere che l’insegnante esca dalla sua modesta e raccolta vita di studioso?

E per quanto riguarda la scuola elementare?
La scuola elementare può dirsi ormai conquistata al fascismo. Il giorno in cui il partito riuscirà anche a ispirare e indirizzare la scuola medi il problema scolastico ed educativo italiano potrà dirsi interamente risolto.

La scuola italiana è dunque soltanto alla metà del guado?
Nel campo della scuola e sella cultura il fascismo no ha naturalmente fatto ancora quanto il destino rivoluzionario che porta nel grembo viene ogni dì maturando. La riforma è stata ed è ancora per noi un punto di partenza e non di arrivo. Una cosa sola il fascismo non potrà mai consentire: che si vada a ritroso, o meglio che ritornino a dominare idee, sistemi e anche uomini vecchi, che insomma si ceda, per manco di fede e per un improvviso oscurarsi della nostra coscienza rivoluzionaria a una qualunque lusinga di compromesso con l’irrvocabile passato.
Alla vecchia scuola mancava una direzione etica. I giovani oggi vestono la camicia nera perché sentono un prepotente bisogno di certezza, la necessità direi fisica di credere e di affidarsi ad una verità indiscutibile, a un Capo che li guidi con mano potente nel tumulto della vita verso le sperate mete dell’avvenire.

 PARTE SECONDA – 1939

 Mettiamoci una pezza (bianca)

“Se nel libro di testo appaiono citazioni di autori ebrei non basterà coprire la pagina che reca i loro nomi con un foglio di carta bianca…”-

Gli anniversari, come gli esami, non finiscono mai. E qui abbiamo insieme un anniversario e in qualche modo anche un esame, visto che si parla di scuola e dell’anno 1939. Precisamente il 15 febbraio di quell’anno, quando il Gran Consiglio del Fascismo approvava una “Carta della Scuola” nella quale si premetteva che “la scuola fascista per virtù dello studio, concepito come formazione di maturità, attua il principio di una cultura di popolo, ispirata agli eterni valori della razza italiana e della sua civiltà”.
Ne prendeva subito atto un “capo-manipolo” che rivolgeva un appello, tramite il direttore del “Regio corso di avviamento” di Camerano, provincia di Ancona. ai “balilla moschettieri” di quella scuola per esprimere loro “il mio vivo elogio per il vostro servizio prestato con Fede e disciplina Fascista il XXVIII Ottobre, specie durante la sfilata, al Teatro e in Chiesa. Solamente così si possono diventare (così nel testo) dei veri Moschettieri di Mussolini”. Magari analfabeti.
In una circolare del “Regio Provveditore degli Studi di Ancona” ai “Sigg. Presidi e Direttori delle RR Scuole Medie, Classiche, Scientifiche, Magistrali, Tecniche e professionali” ci si preoccupa in modo particolare del tempo dedicato dai giovani all’apprendimento delle discipline belliche” (forse von Clausevitz?), ovviamente indispensabili per una cultura davvero umanistica.
Ma che faranno le ragazze mentre i maschi si dedicano alle discipline belliche? “Esse, dice la circolare, “prepareranno in tali ore brevi lavori di cucito, semplici indumenti ad ago o a maglia, cose modeste (…) lavori che non mirino a crear particolari bravure di ricamatrici e di appuntatrici di trine, ma buone donne di casa (la sottolineatura è nel testo).
Del resto agli uni e alle altre ecco due temi assegnati ai “Ludi Juveniles”. Dice il primo: “Giovane fascista, perché il Duce vuole che tu sia un premilitare perfetto? Pensa ai legionari d’Africa e di Spagna”. In che modo pensarci non lo dice.
E il secondo, alle ragazze: “Il Duce vuole che tu cresca forte e preparata alle vicende della vita, ma vuole che tu sia soprattutto la dolce custode del tuo focolare domestico”. Ed ecco sistemato anche l’8 marzo.
Al fine di difendere strenuamente la purezza della razza ariana, i cui giovani rappresentanti si dedicheranno, se maschi, alle discipline belliche, e se femmine si prepareranno a essere le dolci custodi del focolare domestico, ecco il 12 giugno, sempre del 1939, un’altra circolare del Provveditorato agli Studi di Ancona. In essa si legge: “S.E. il Ministro dispone che nelle sessioni di esami sia osservata netta separazione degli studenti di razza ariana da quelli di razza ebraica e sia data precedenza al gruppo di studenti ariani negli esami orali”.
Altra circolare il 29 luglio: ”Nella revisione dei libri di testo che i compilatori stanno attualmente compiendo al fine di adeguarli alle vigenti direttive sulla difesa della razza nella scuola, dovrà curarsi l’eliminazione  non solo dei brani di scrittori e poeti di razza ebraica, ma anche tutte le citazioni ed in genere i riferimenti al pensiero di autori ebrei”.
Ma ecco che alcuni insegnanti si dimostrano meno zelanti del dovuto, tanto da rendere necessaria un’altra circolare del Provveditore (31 ottobre 1939): “Consta al Ministero che è in uso presso taluni Istituti d’istruzione media nel Corso di Geografia, in tre volumi, del Prof. Colamonico Carmelo (Casa Editr. Vallardi, Milano). Poiché, in seguito ad apposito esame, è risultato che tale testo  riferisce notizie e dati non aggiornati, che vi sono mantenute letture di autori ebraici; che le pagine, in cui brani di altri autori ebraici sono riprodotti, sono state ricoperte da un foglio di carta bianca – singolare rimedio che invoglia l’alunno a effettuare la lettura controluce – il Ministero dispone che il corso di cui trattasi, in deroga alle istruzioni impartite per la conferma dei libri di testo, venga sostituito nelle Scuole che lo avessero eventualmente adottato”.

Nella scuola pubblica gli studenti ebrei non possono andare, in quella privata, e solo per ebrei, sì. E per gli esami? Li possono sostenere, purché ben separati dagli ariani e paghino comunque le relative tasse. Tutti? Sì, proprio tutti: “gli orfani di guerra di razza ebraica non possono essere esonerati dall’obbligo del pagamento delle tasse per gli esami” avverte il 20 ottobre 1939 il Ministero. Sarebbero stati felici i padri ebrei caduti in guerra per la Patria.
E per i figli di stranieri come si fa?
Semplice. Lo delibera il ministero dell’Interno su sollecitazione di quello dell’Educazione. “Se risulta che per i figli di genitori entrambi di nazionalità straniera e ameno uno di razza ebraica, e che appartengono allo Stato che abbia una propria legislazione razziale, si deve applicare tale legge”.
E se per caso ci fosse uno Stato estero privo di qualsiasi legislazione razziale? Elementare. “Qualora lo Stato straniero manchi di una propria legge razziale, dovrà applicarsi quella italiana”. Sole che sorgi libero e giocondo.


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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