Menzogna omissiva: la disinformazione più subdola
analisi di Angelo Pezzana
Angelo Pezzana
La disinformazione su Israele attraverso i media ha molte facce. La più evidente è la censura ‘tout court’, la notizia, il fatto, semplicemente non si pubblicano. La scelta può farla il direttore, il capo servizio ,il redattore responsabile della pagina, o anche la linea del giornale/tv/radio. Non è difficile fare una graduatoria dei media in base al loro atteggiamento nei confronti di Israele. Se la notizia è positiva, chi è pregiudizialmente ostile la cestinerà immediatamente, un pezzo presenta interesse soltanto se è critico. Gli esempi non mancano, fra i giornali il primo posto va senza ombra di dubbio assegnato al Manifesto, seguito a ruota da Unità, Fatto, Europa, tutti fogli schierati a sinistra. L’equivalente c’è anche nella destra estrema, ma la diffusione di questi fogli è inesistente, e il loro peso sull’opinione pubblica è quasi uguale a zero. Fra le testate importanti per tiratura, la disinformazione non è divisa in parti eguali, spesso dipende dai collaboratori, se scrivono in Italia o da Israele. Per un giornale che ha corrispondente e inviati, saranno loro a informare, correttamente o no dipenderà in gran parte da loro, anche se non dovranno mai dimenticare o trasgredire l’indirizzo ideologico della proprietà/direzione. Se l’esperto è uno solo, come nel caso di Ugo Tramballi al Sole24Ore, sul quale influiscono gli interessi commerciali ai petro-dollari confindustriali, è critico-negativo, per Repubblica, che ha corrispondente e inviati, la linea è per principio critica, ma con spazi liberi per quanto riguarda altri settori, come scienza e cultura. Corriere della Sera e Stampa hanno posizioni variegate, ospitano servizi corretti da Israele, anche se gli esperti mediorientali in redazione sono spesso poco accurati, specialmente nelle titolazioni e nella scelta delle immagini. Ciò che accomuna tutte le testate, salvo poche eccezioni, è la scelta di campo, Israele è presente solo, o quasi, se la notizia riguarda il conflitto palestinese, tutti gli altri aspetti non hanno dignità di stampa. Ed è sull’Israele politico che la disinformazione eccelle. La divisione fra israeliani buoni e cattivi è netta, vengono citati solo i buoni, cioè solo quelli che criticano il governo. Un comportamento che non viene mai applicato alla parte palestinese, dove in genere sono tutti buoni. I giornalisti stranieri stanno tutti in Israele, un paese democratico, dove chiunque esprime liberamente la propria opinione, dove criticare il governo è spesso un segno di appartenenza alla cosiddetta intellighenzia. Chi non appartiene alla tribù giusta, si scordi interviste o citazioni, semplicemente non esiste. Una attenzione particolare meritano le testate televisive e i siti online dei grandi giornali. Rainews24, insieme al Rai3, merita la palma d’oro dell’informazione a senso unico, sia con i servizi di Filippo Landi la prima, e la direzione di Corradino Mineo della seconda. I siti online del Corriere e di Repubblica fanno a gara per superare il Manifesto, tanto sono faziosi. Si sprecano i ‘governi di Tel Aviv’, Netanyahu è per definizione un falco, e nei titoli la “reazione israeliana” precede la motivazione del perché c’è stata, spesso nel titolo rimane in evidenza solo la prima.
Abbiamo descritto, anche se in modo sommario, come si esprime la disinformazione, lo strumento più evidente per impedire al lettore di conoscere i fatti per poterli giudicare.
C’è però un’altra disinformazione, meno visibile, ma non per questo meno dannosa. Anzi, per il fatto stesso di non essere percepita se non da un lettore già informato e attento, è ancora più pericolosa.
Mi riferisco a quella che abbiamo chiamato “menzogna omissiva”. Invece di operare una qualche forma di censura e travisamento dei fatti, dà la notizia, ma ne omette una parte, impedendo così la comprensione vera di quanto è accaduto. Gli esempi sono, purtroppo, tantissimi.
Ne riporterò alcuni:
1. Quando si citano le alture del Golan, si scrive “occupato da Israele nella guerra dei sei giorni”, ma viene sottaciuto quale funzione aveva sotto il dominio siriano, una collina dove operavano solo postazioni militari, il cui compito era unicamente bombardare i villaggi israeliani sottostanti. Il Golan appare così ai lettori come un territorio ‘occupato’ e basta, anche perché non viene quasi mai detto che nel 1980 è diventato parte integrante di Israele.
La Knesset
2. Gerusalemme è la capitale di Israele, ma, tranne rare eccezioni, viene sostituita con Tel Aviv. La giustificazione addotta è che non viene riconosciuta tale dagli organismi internazionali né dai governi, che hanno tutti le ambasciate a Tel Aviv. Questa scelta delegittima la stessa esistenza di Israele, non esiste alcun altro stato al mondo che per scegliere la propria capitale debba chiedere il permesso all’Onu o agli altri stati. O meglio, ne esiste uno, Israele.Il fatto poi che Tel Aviv sia la sede dell'unico Ministero israeliano, quello della Difesa, non autorizza nessun giornalista a scrivere "il governo di Tel Aviv", perchè chi decide è il Governo, che a sede a Gerusalemme, la capitale, e dove hanno sede tutti gli altri ministeri.
3. I Check.Point, punti di controllo per chi entra in Israele dai territori palestinesi, invece di descriverne la funzione,unicamente difensiva,i militari israeliani vengono sempre fotografati con primi piani che mettono bene in vista le armi, riprendendoli preferibilmente accanto ad anziani palestinesi, in modo che i soldati appaiano biechi oppressori. Immagini che poi accompagneranno articoli nei quali la reale funzione del controllo documenti verrà omessa.
4. La ‘Barriera difensiva’, lunga circa 800 km, dei quali soltanto 10 in muratura, il rimanente in fili di ferro arrotolati che segnalano la presenza di chi volesse scavalcarli, viene sempre chiamata ‘Muro’, riprendendo quelle parti in cemento (10 km) e non gli altri 780, così i lettori, che non conoscono quei luoghi, immaginano che i territori siano circondati da un muro, praticamente una prigione. Si omette che la Barriera difensiva impedisce di entrare (in Israele), non di uscire (dai territori palestinesi).
5. Sono anni che i villaggi e le città al confine con Gaza sono bombardati con razzi, lanciati quotidianamente dalla Striscia. Israele è uscito da Gaza nel 2005, ma questo viene regolarmente omesso, la gente pensa cha Gaza sia un territorio ‘occupato’, quando invece è una entità nemica in guerra con Israele. Ecco come funzione la “menzogna omissiva” con Gaza. Quando Israele reagisce, dopo aver localizzato da quale punto sono partiti i razzi e ne elimina le postazioni, la notizia viene data in questi termini: ‘ Israele uccide 4 miliziani palestinesi a Gaza”, senza specificare che la reazione israeliana è avvenuta ‘dopo’ che i razzi erano piombati sul territorio israeliano. Questo viene scritto, quando va bene, all’interno dell’articolo. Ma la titolazione, che viene letta da tutti, è una accusa a Israele, e come tale influenza l’opinione del lettore.
Potremmo continuare ancora a lungo, tanto la tecnica goebbelsiana della ‘menzogna omissiva’è entrata a far parte del nostro giornalismo mediorientale. A chi si chiedesse perché tanto odio, tanta ostilità, nei confronti di Israele, e tanta condiscendenza omissiva verso il terrorismo che ne minaccia l’esistenza, sino al punto da confezionare servizi giornalistici compiacenti, sicuri che l’omissione in fondo può passare inosservata, ci permettiamo di ricordare che lo Stato di Israele è lo Stato degli ebrei, chi sperava che la mala pianta dell’antisemitismo fosse stata finalmente sradicata per sempre, ebbene, prenda atto che le cose non stanno così, l’odio contro gli ebrei è in aumento in quasi tutti i paesi, l’unico dove decresce sono gli Stati Uniti d’America. Una grande parte di responsabilità va attribuita all'informazione, che disinforma e omette.