Siria, Bashar al Assad è destinato a cadere sul serio ? I dubbi del governo israeliano. Commento di Daniele Raineri
Testata: Il Foglio Data: 14 novembre 2012 Pagina: 3 Autore: Daniele Raineri Titolo: «Israele sceglie il silenzio strategico su Assad. 'Potrebbe non cadere'»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 14/11/2012, a pag. 3, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo "Israele sceglie il silenzio strategico su Assad. 'Potrebbe non cadere' ".
Daniele Raineri Bashar al Assad
Roma. “Israele non considera la caduta del presidente siriano Bashar el Assad così inevitabile o vicina come sembra alle cancellerie occidentali, che invece continuano a ripetere che lui ha i giorni contati. In realtà, da tempo non ci sono più defezioni significative dentro il regime e se la Siria continua a ricevere rifornimenti dalla Russia – che sembra intenzionata a onorare i contratti di compravendita di armi – e l’appoggio al Consiglio di sicurezza, Assad può andare avanti a tempo indefinito”. Così dice una fonte di altissimo livello del ministero degli Esteri israeliano a colloquio con il Foglio. Cosa pensate dei gruppi ribelli che stanno combattendo contro il regime? Alcuni di quelli sono formati da islamisti dichiarati, che dicono: “Adesso prenderemo Damasco, poi prenderemo Gerusalemme”. “Israele per ora ha scelto di mantenere uno ‘strategic silence’, un silenzio strategico, anche se ha naturalmente condannato a voce alta le stragi fatte dal governo. Abbiamo offerto aiuti umanitari, ma ci è stato risposto che avremmo soltanto complicato la situazione. Il meglio che possiamo fare dal punto di vista diplomatico per ora è semplicemente osservare. Sul lungo termine, pensiamo che il pragmatismo prevarrà sull’ideologia, se questi ribelli vinceranno dovranno spendere tempo a trovare un accordo fra le loro varie anime, tra islamisti e nazionalisti, e noi siamo convinti che non muoveranno davvero all’assalto di Gerusalemme”. Avete un gruppo siriano su cui pensate di poter contare, nel dopo Assad? “Con i curdi, in Iraq e in Iran c’è un legame da tempo”. A proposito di pragmatismo che prevale sull’ideologia, come sono i rapporti con il presidente egiziano fatto eleggere dai Fratelli musulmani, Mohammed Morsi? Parla con Israele? “No, non ci parla. Ci sono soltanto due lettere diplomatiche al presidente Peres. Tutti i contatti con gli egiziani per ora sono avvenuti attraverso i militari e il ministero degli Esteri”. Temete che l’Egitto sia un pericolo? “Non adesso, perché la leadership instaurata dai Fratelli è troppo impegnata su problemi urgenti. Ma se riuscirà a modellare lo stato come vuole… in the long run, sul lungo termine, non c’è dubbio che l’Egitto è un pericolo”. Un altro pericolo è il Qatar. Eppure qui in occidente c’è un innamoramento collettivo, Doha è impegnata in tutta una serie di investimenti favolosi che ne aumentano di giorno in giorno il prestigio, squadre di calcio, moda, catene alberghiere, programmi di aiuto e assistenza per le periferie. “In realtà il Qatar ha una linea politica pericolosa, che confligge pure con quella dell’Arabia Saudita. In Siria sta aiutando i gruppi di ribelli più fanatici, e questo è molto pericoloso. Basta anche solo considerare il recente viaggio a Gaza, nella Striscia controllata da Hamas. Il viaggio ha delegittimato l’unica autorità palestinese, quella di Ramallah, che è stata tenuta fuori dall’incontro e ha visto l’emiro far cadere una pioggia di investimenti, una quantità enorme di denaro, su Hamas”. C’è speranza di un accordo con la leadership di Ramallah? “A questo punto, noi siamo disponibili a negoziare, ma certi risvolti psicologici sembrano contare di più. Il presidente, Abu Mazen, sente di essere alla fine del suo periodo di potere e ha deciso d’imbarcarsi in quest’avventura del riconoscimento unilaterale di uno stato palestinese alle Nazioni Unite. E’ come se avesse deciso che ormai la pace con Israele è fuori portata, e che per lasciare il segno deve portare fino in fondo questa campagna, per diventare un personaggio che resta nella storia. Ma così sta perdendo occasioni”.
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