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Il Foglio Rassegna Stampa
09.11.2012 Giulio Meotti intervista l'ambasciatore israeliano Naor Gilon
su rapporti Italia-Israele, nucleare iraniano, elezioni americane, antisemitismo

Testata: Il Foglio
Data: 09 novembre 2012
Pagina: 3
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «'Soltanto la minaccia militare fermerà l’Iran'. Parla Gilon»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 09/11/2012, a pag. 3, l'intervista di Giulio Meotti all'ambasciatore israeliano a Roma Naor Gilon dal titolo " 'Soltanto la minaccia militare fermerà l’Iran'. Parla Gilon".


Giulio Meotti                Naor Gilon

Roma. Stando alla ricostruzione del maggiore quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, per non alimentare ulteriori frizioni fra Gerusalemme e Washington due giorni fa il primo ministro, Benjamin Netanyahu, ha chiesto ai ministri e parlamentari di non commentare la rielezione di Barack Obama senza prima essersi coordinati con lui.
Per questo la prima intervista all’ambasciatore israeliano a Roma, Naor Gilon, dopo la conferma di Barack Obama ha un valore prezioso per leggere il 2013 attraverso gli occhi d’Israele. Tre settimane fa, il premier Mario Monti è andato a Gerusalemme a rinsaldare un’alleanza già divenuta pressoché unica in Europa sotto i governi di Silvio Berlusconi. “Le relazioni fra Italia e Israele sono eccellenti”, dice al Foglio l’ambasciatore Gilon. “Il fatto che ci sia un governo tecnico e non politico non ha cambiato la situazione. Il ministro degli Esteri, Giulio Terzi di Sant’Agata, è un amico. Il suo impegno nelle relazioni con Israele promette sviluppi positivi. Nell’incontro con Monti sono stati firmati molti accordi, dallo start-up all’industria tecnologica. Compreso, a luglio, un accordo militare per due miliardi di dollari”.
Fra gli altri, Alenia Aermacchi, controllata di Finmeccanica, fornirà trenta M-346, aerei militari destinati all’addestramento dei piloti israeliani (in lizza c’era anche la Corea del sud, ma alla fine Israele ha scelto l’offerta italiana). L’Europa è attraversata da un’ondata di antisemitismo. Netanyahu ha appena visitato la scuola ebraica di Tolosa, teatro lo scorso marzo del peggiore attacco antisemita in Francia dalla Secondo guerra mondiale (un rabbino e tre bambini uccisi da un islamista, Mohammed Merah). “Ci sono due spiegazioni per l’antisemitismo che imperversa in Europa”, dice Gilon, già direttore per gli Affari europei al ministero degli Esteri di Gerusalemme. “La crisi economica ha influenzato lo stato d’animo degli europei, che si sentono meno sicuri del proprio futuro. Ne è un esempio il successo del partito Alba dorata in Grecia. L’altra ragione è la crescita della presenza islamica in Europa, in cui una minoranza sfortunatamente porta con sé un’agenda antisemita e anti israeliana. Ne è un esempio Tolosa e la recente esplosione al centro ebraico di Malmö, in Svezia. Non c’è bisogno di dire quanto sia pericoloso, non solo per la popolazione ebraica, ma prima di tutto per gli europei e per l’intera civiltà occidentale”. A giorni la leadership palestinese torna all’Onu per cercare di ottenere l’agognato seggio di paese membro. Israele si aspetta che l’Italia faccia la sua parte nel convincere i palestinesi a desistere dall’iniziativa. “Il seggio non porterà a un ritorno ai colloqui con Israele, ma sarà un colpo fatale al processo di pace e potrebbe portare a una ripresa del ciclo di violenza. Una soluzione permanente può essere ottenuta soltanto con i negoziati bilaterali. I palestinesi cercano di internazionalizzare il conflitto e predeterminarne le conclusioni. Inoltre l’iniziativa all’Onu non porterà a un cambiamento sul campo. Esiste un divario enorme fra l’attuale situazione e le aspettative suscitate nella popolazione dalla leadership palestinese. L’iniziativa palestinese distrarrà la comunità internazionale dalla crisi in Siria, facendo il gioco di Teheran, Damasco e Hezbollah. Per questo i paesi arabi non mostrano alcun entusiasmo verso l’iniziativa. I palestinesi cercano di presentarla come un passo verso il loro stato. Ma le dichiarazioni dei loro leader sono molto chiare, intendono usarla per trascinare i leader israeliani di fronte alla Corte penale internazionale dell’Aia. Israele non resterà indifferente di fronte a questa escalation. I palestinesi hanno una maggioranza automatica all’Assemblea generale dell’Onu, ma è molto importante che alcuni paesi, come l’Italia, esprimano la propria opinione in modo chiaro e senza ambiguità. Israele apprezza la dichiarazione di Terzi per cui l’Italia non sostiene l’iniziativa palestinese. Speriamo che questa posizione sia fatta propria da altri stati europei”. Veniamo al capitolo decisivo: il nucleare iraniano. Il 2012 è stato l’anno dei piani di strike d’Israele, delle tensioni con l’America e dell’accumulazione di uranio da parte dell’Iran, che ha raggiunto lo stadio di “threshold state”, paese nucleare cui manca l’ordine di assemblare la bomba. Tre giorni fa Netanyahu ha dichiarato in tv: “Sono pronto, se necessario, a schiacciare il bottone”, e lanciare un attacco alle installazioni nucleari iraniane. Il 2013 per Israele è dunque l’anno della risoluzione di una partita che va avanti da vent’anni. “Secondo tutti i rapporti il 2013 sarà un anno cruciale sul programma atomico dell’Iran”, dice Gilon. “Teheran ha accumulato una quantità importante di uranio arricchito ed è a pochi mesi dal costruire la bomba. E’ la più grande sfida per Obama e per il governo israeliano. Le sanzioni hanno avuto un’influenza significativa sull’economia iraniana, ma l’esperienza dimostra che i regimi sopravvivono a lungo sotto sanzioni, come l’Iraq di Saddam Hussein e la Libia di Gheddafi. Senza l’opzione militare sarà dura, se non impossibile, far cambiare idea alla leadership iraniana. L’unica volta in cui gli iraniani hanno sospeso il programma nucleare è stato nel 2003, quando hanno avvertito che c’era una reale minaccia militare dopo l’invasione americana dell’Iraq”. Dalla Libia all’Egitto, il 2012 ha visto una forte crescita del fondamentalismo islamico in medio oriente. Oltre alla bomba iraniana, l’altro timore d’Israele è la leadership del mondo arabo sunnita assunta dai Fratelli musulmani. L’Europa dovrebbe vincolare gli aiuti economici a questi paesi al rispetto dei diritti umani e civili. “L’Europa deve difendere i diritti delle donne, i diritti religiosi delle minoranze e la libertà di parola. La comunità internazionale ha un ruolo importante nel favorire la nascita di democrazie nella regione. Ma è anche una sua responsabilità che la caduta di regimi autoritari non venga sostituita da regimi islamici”.

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