Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 08/11/2012, a pag. 35, l'articolo di Alessandra Levantesi Kezich dal titolo "Argo, una fuga da cinema".
La locandina di Argo
Leggendo il titolo del pezzo, pensavamo che si trattasse di una delle solite e insipide recensioni di Alessandra Levantesi Kezich. Dopo aver scorso le prime righe del pezzo, però, ci siamo accorti che si tratta di altro.
L'argomento dovrebbe essere il film 'Argo' di Ben Affleck. Che cosa c'entrano, allora, le due frasi : "«Si vis pacem, para bellum»: «Se vuoi la pace, preparati alla guerra», dicevano gli antichi romani, e con loro Mitt Romney a proposito del tema caldo dell’Iran. Un motivo in più per festeggiare la riconferma di Obama che, come si sa, sta tentando di bloccare la corsa al nucleare di Teheran per la via pacifica dei negoziati. "?
Obama ha vinto le elezioni, i quotidiani sono pieni di commenti al riguardo. Che attinenza ha la vittoria di Obama con il film 'Argo'? Sull'efficacia delle sanzioni, poi, non è ben chiaro da che cosa derivi l'ottimismo di Levantesi Kezich. Le risulta, forse, che il piano nucleare iraniano si sia arrestato in questi ultimi mesi di sanzioni? Il film non l'abbiamo visto, ma ci permettiamo una osservazione: non era più importante la segregazione degli ostaggi americani per 444 giorni ? almeno poteva essere parte del film, invece nulla, tutta la trama è incentrata sulla fuga di 6 persone, mentre il dramma politico-umano era l'altro.
Ecco il pezzo:
«Si vis pacem, para bellum»: «Se vuoi la pace, preparati alla guerra», dicevano gli antichi romani, e con loro Mitt Romney a proposito del tema caldo dell’Iran. Un motivo in più per festeggiare la riconferma di Obama che, come si sa, sta tentando di bloccare la corsa al nucleare di Teheran per la via pacifica dei negoziati. Intanto il film Argo di Ben Affleck ci riporta alla memoria un altro grave momento di tensione con l’Iran all’indomani della Rivoluzione islamica: ovvero la crisi degli ostaggi sulla quale il presidente democratico Jimmy Carter si giocò il secondo mandato. Per protesta contro la decisione di Washington di dare asilo allo Scià, il 4 novembre 1979 i seguaci di Khomeini diedero assalto all’ambasciata americana, prendendo in ostaggio 52 persone che rimasero prigioniere lungo 444 estenuanti giorni di trattative. Sei diplomatici, però, riuscirono a sfuggire alla cattura e trovarono rifugio presso il coraggioso ambasciatore canadese Ken Taylor, che procurò di farli rientrare in patria.
Questa la storia ufficiale fino al 1997 quando, con la declassificazione di certi documenti «top secret», emerse la versione vera di quella fuga impossibile. Ad architettarla fu un agente Cia, Antonio Mendez, che nel libro Argo (Mondadori) ispiratore del film, racconta la sua strabiliante trovata: far passare gli imboscati per i membri di una troupe di canadesi venuti a Teheran per i sopralluoghi di un fantasy.
Allo scopo di rendere il tutto realistico, Mendez coinvolge nell’impresa il premio Oscar per il trucco John Chambers e un suo amico produttore che, a mo’ di facciata, aprono un ufficio, fanno disegnare dei bozzetti e lanciano la notizia su Variety . Ritagliandosi come attore il ruolo di Mendez, Affleck ricostruisce con cura la cornice d’epoca e conduce con ritmo l’avventura; ma, pur aggiungendo qualche elemento di suspense in più rispetto alla pagina, la sceneggiatura non riesce a creare caratteri abbastanza interessanti, con l’eccezione degli hollywoodiani che hanno qualche felice battuta e sono incarnati da interpreti del calibro di John Goodman e Alan Arkin. Tuttavia l’idea di base resta forte; e che gli austeri seguaci dell’Ayatollah abbiano potuto credere in una tale fandonia (a quale produttore sarebbe mai saltato in mente di scegliere un set così a rischio?), dimostra una volta di più lo straordinario potere di un’arte capace di fabbricare di sogni.
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