La photo opportunity dei bambini e l'amore per la morte
Una scena simile a quella visibile nel video
Bisogna imparare a guardare. Per sopravvivere bisogna saper vedere i pericoli: le slavine in montagna, le onde in mare, gli animali feroci nella jungla, le macchine nel traffico. Nel nostro mondo virtuale, bisogna saper guardare soprattutto le immagini, fonte di persuasione inconsapevole. Guardare, decodificare i pericoli, vedere i trucchi, sconfiggere i mascheramenti.
Guardate dunque questo filmato: http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=ax-Jk2iJL0k (visibile anche sulla home page di Informazione Corretta). Ma fermatevi per favore dopo qualche secondo. Che cosa avete visto? Una bambina bionda che in mezzo a una strada fronteggia un soldato pesantemente equipaggiato ed armato. Sullo sfondo un'autoblinda. Paesaggio arido. Nessuno intorno. La bambina si mette a urlare, minaccia il soldato, che non reagisce, anche quando la bambina quasi lo colpisce. Sullo sfondo, lontano, si vede qualche casa. Ma che ci fa quella bambina su quella strada? Perché strilla? Non c'è un perché. La bambina sembra stufa e se ne torna indietro. Dove? Stacco. Ora i soldati sono due, ma si aggiunge un'altra ragazzina e un bambino più piccolo. La scena delle aggressioni/capricci infantili e della pazienza dei soldati si ripete.
Ma c'è un elemento nuovo. Si vede una donna velata che filma gli eventi. Poi appaiono due fotografi. Un terzo. E' evidente il tentativo di chi maneggia la macchina da presa di tenerli fuori campo, ma non sempre ci riesce. Di solito non ci si bada, ma le immagini che vediamo, tanto foto quanto video sono l'effetto di un'interazione fra chi manovra l'apparecchio e la realtà ripresa. La scena continua, sempre più affollata. Ci sono dei giovani che spingono i bambini addosso ai soldati, i fotografi sembrano dare loro istruzioni. C'è un forte senso di artificialità. A tratti sembra di assistere a un film.
In effetti è un film, o meglio una photo opportunity, costruita dagli attivisti per ottenere un'immagine della brutalità dei soldati. Siamo da qualche parte sulle colline della Giudea o della Samaria, questo è chiaro. I soldati sono israeliani, bambini e donne sono arabe (anche se è strana quella ragazzina troppo bionda e troppo disinvolta, fatta per piacere a un pubblico occidentale più che agli islamici; ma il casting, si sa, è fatto in funzione della possibilità di identificazione del pubblico). La donna che guida la "protesta", ben velata, ha in mano una di quelle cineprese che le ong finanziate dall'Europa come B'Tselem distribuiscono ai palestinesi per "documentare" le iniquità dell'"occupazione". Ma dove c'è un mezzo di ripresa, insegna la semiotica, subito si apre la virtualità di un mondo possibile; in parole semplici, inizia la recitazione, la posa, la costruzione artificiale degli eventi se non proprio la loro falsificazione.
E' quel che accade qui. Basterebbe che qualcuno perdesse la pazienza e mollasse uno scapaccione ai bambini pestiferi e avremmo subito la prova di quanto siano cattivi i militari israeliani e oppressi i bambini palestinesi (perché sì, la scena si svolge fra soldati dell'"occupazione" e bambini o meglio adulti di varia nazionalità con bambini al seguito, tutti della "resistenza"). Del resto si sa che gli israeliani adorano ammazzare i ragazzini palestinesi possibilmente per estrarre loro gli organi vitali per farne commercio e il sangue per impastarlo col pane azzimo.
I soldati tengono i nervi a posto e non succede niente, o quasi. I bambini strepitano, premono, urlano, ma non vengono né arrestati né picchiati. Parte un ordigno, forse lacrimogeno, contro gli adulti che si avvicinano con intenzioni poco chiare alle autoblindo e rifiutano di allontanarsi. Un breve inseguimento porta al fermo di uno di loro, anch'egli con l'aria assai poco araba. E' una storia banale, una situazione di ordine pubblico tutto sommato inoffensiva, un piccolo rituale come quelli che si svolgono durante tutte le manifestazioni del mondo.
Queste immagini però vanno guardate, perché per una volta ci mostrano il rovescio delle foto che vediamo così spesso sulla stampa, decostruiscono la loro messa in scena. L'occasione è costruita apposta, questo è abbastanza chiaro. Non c'è un oggetto preciso. I soldati non impediscono il movimento, non trattengono nessuno, stanno semplicemente lì. E la scena è stata altrettanto evidentemente costruita prima, preparata in anticipo. Se no, come mai ci sarebbero tanti fotografi col loro bell'elmetto su cui sta scritto "PRESS" o "TV"? Non sono certo del paese che si vede sullo sfondo, qualcuno ha l'aria piuttosto nordica. Dunque si tratta non del fatto che fotografi e televisioni riprendano un'incidente che accade, ma di far accadere un incidente per renderlo fotografabile. Lo scopo sarà raggiunto se vi saranno delle belle immagini che mettano in cattiva luce l'occupante. Il che questa volta non è accaduto e queste immagini non le avremmo viste se non ci fosse stato qualcuno che ha ritenuto comunque la ripresa interessante - magari non proprio nel senso che piace alla "resistenza".
Un'ultima considerazione, che forse dovrebbe venire per prima. Qualcuno ha mandato i bambini a farsi massacrare. Qualcuno contava che li picchiassero, li arrestassero, gli sparassero. Qualcuno è rimasto deluso. Chi è questo qualcuno: presto detto, le famiglie, la comunità del villaggio. Magari c'era qualche parente fra la donna velata con la cinepresa del video o la ragazza più grande che teneva in ordine i bambini. Non è una meraviglia, vi ho mostrato pochi giorni fa la foto di quella madre (o pretesa tale) che voleva tanto mandare suo figlio a farsi esplodere da qualche parte, pur di ammazzare qualche ebreo (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=280&id=46655). Non è una novità, ma a me continua a fare orrore e paura ogni volta che ne vedo tracce. E' quel che loro dicono con la presunzione di essere più forti perché noi amiamo la vita e loro la morte. Come i franchisti che urlavano con orrido ossimoro "Viva la muerte". Be', io scelgo la vita. E con la vita quei soldati di leva che quasi sorridono ai bimbi che li insultano, si vede che quasi viene loro da dargli una carezza e un giocattolo - e certamente pensano ai loro fratellini, ai loro figli, minacciati senza pietà da chi mette a rischio anche i propri figli per un esile vantaggio politico.
Ugo Volli