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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Il Giornale Rassegna Stampa
01.11.2012 Israele, l'attacco all'Iran dopo il voto americano
L'opinione di Dan Segre

Testata: Il Giornale
Data: 01 novembre 2012
Pagina: 14
Autore: Dan Segre
Titolo: «Israele non aspetta più, l'attacco all'Iran dopo il voto americano»

Sul GIORNALE di oggi, 01/11/2012, a pag.1/14, con il titolo "Israele non aspetta più, l'attacco all'Iran dopo il voto americano", Dan Segre spiega tutte le ragioni per le quali Israele sarà costretta ad agire contro l'Iran nucleare.

A distanza di pochi giorni dalle elezioni americane (anche se si può già votare in anticipo come ha fatto il presidente Obama a Chi­cago) riaffiora l’incubo per Washington e per Gerusalemme di una azione militare israeliana contro l’Iran.Molto faceva pensa­re che una intesa fosse stata rag­giunta fra Netanyahu e Obama per evitare un attacco israeliano contro l’Iran prima delle elezioni. Ora si ha l’impressione che co­munque esse vadano, l’operazio­ne contro Teheran è prossima, an­che se Washington si sforza ad as­sicurare a Gerusalemme che non permetterà all’Iran di fabbricare la bomba. (A riprova della deter­minazione americana oltre mille soldati statunitensi stanno parte­cipando a una grande manovra congiunta difensiva anti missilisti­ca).
Nonostante l’opposizione a un attacco israeliano autonomo al­l’Iran resti forte ( dal presidente Pe­res alle più alte gerarchie militari e di sicurezza) alla base di questa possibilità c’è la recentissima fu­sione del partito Likud di Natan­yahu con quello del ministro della difesa Lieberman (Israel Beite­nu). Secondo Haaretz si tratta del­la formazione di un «gabinetto di guerra». Il bombardamento «mi­sterioso », la settimana scorsa, del deposito di armi e munizioni di origine iraniana nei pressi di Khar­tum, la capitale del Sudan, desti­nato a rifornire Hezbollah e Ha­mas, sarebbe una prova generale per l’attacco (1.700 km da Israele cioè stessa distanza che con Qom, la base sotterranea nucleare ira­niana; uso apparente di un nuovo marchingegno capace paralizza­re l’elettricità, ecc). Per il primo ministro Natanyahu, anche se ri­conosce che le sanzioni contro l’Iran stanno facendo effetto, non si può più rimandare ulteriormen­te la decisione militare per alme­no cinque ragioni.
A Che vinca Obama o Romney

nessuno dei due potrebbe interve­nire nell’immediato contro l’Iran.
Il primo perché convinto di poter fermare la corsa iraniana alla bom­ba con le sanzioni e negoziati che prendono tempo; il secondo per­ché non sarebbe al potere che in gennaio.

B L’Iran con le
nuove centrifu­ghe per l’arricchimento dell’ura­nio installate negli scorsi giorni nella base sotterranea di Qom sa­rebbe ormai in grado entro un me­se se non meno di far esplodere una carica atomica sotterranea comprovante la capacità di Tehe­ran di­darsi in qualunque momen­to uno strumento nucleare monta­bile su un missile.
C L’America
si trova a migliaia di chilometri dall’Iran e può atten­dere, Israele a centinaia e non può aspettare che Teheran sia in gra­do di armare i suoi missili con una carica nucleare ridotta.
D Un Iran con la bomba­
anche se non la usasse mai - sarebbe un Iran dotato di una potenzialità ne­goz­iale centuplicata tanto nei con­fronti dell’Occidente che dei pae­si del Medio oriente.
E In
tal caso Israele perdereb­be la su­a autonomia politica e mili­tare nei confronto degli arabi, del­l’Onu e in particolare sulla que­stione palestinese soprattutto nel caso vincesse Obama.
Natanyahu si prepara anche a far fronte a questa eventualità raf­forzando alle prossime elezioni generali (22 gennaio, il giorno do­po l’entrata in carica del nuovo presidente americano) la propria posizione all’interno. Unendosi a Avigdor Lieberman potrebbe otte­nere 50 seggi ( su 120) al parlamen­to di Gerusalemme creando un go­verno di destra laico nazionalista, libero dai ricatti dei partiti religio­si ( contrari ad una azione autono­ma contro l’Iran) e meno sensibili alle pressioni di una presidenza Obama bis favorevole ai palestine­si e contraria alla estensione della colonizzazione ebraica in Cisgior­dania.

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