Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 30/10/2012, a pag. 19, l'articolo di Davide Frattini dal titolo " La guerra segreta dei miliziani di Allah ", a pag. 43, l'articolo di Dacia Maraini dal titolo " Quell'appello per salvare la Siria ", preceduto dal nostro commento.
Ecco i pezzi:
Davide Frattini - " La guerra segreta dei miliziani di Allah "


Hezbollah Davide Frattini
ARSAAL — Il tesoro di Ali sono duecento grammi di carne d'agnello e il video di una battaglia persa. Ha marciato fino a queste montagne tre giorni fa, assieme ad altri quattrocento in fuga dal villaggio siriano di Zahraa, dieci ore di cammino per evitare le imboscate nei campi senza riparo e aggirare le postazioni del regime.
Tira fuori il telefonino per mostrare il filmato, girato a metà ottobre: si vedono gli scontri attorno alle case che i profughi hanno dovuto lasciare, sull'asfalto restano i cadaveri mutilati, soldati in mimetica con le gambe mozzate da quelli che sembrano colpi di Rpg, le granate lanciate come razzi ad altezza d'uomo. Ali dice che quei morti sono guerriglieri di Hezbollah, ha potuto vedere i documenti che tenevano nelle tasche. «Non portavano la targhetta di riconoscimento in metallo, sono irregolari», interviene un uomo con i baffi ingrigiti che non vuole dare il nome. È stato ufficiale nell'esercito e spiega che ogni militare siriano deve averla con sé. «I miliziani di Hezbollah aiutano le truppe di Bashar Assad — commenta Mahmoud che proclama di essere con i ribelli e di aver partecipato ai combattimenti registrati nel video —. Abbiamo resistito due giorni, prima di essere costretti a scappare da questa parte del confine».
La gente di Arsaal li accoglie dall'inizio della rivolta diciannove mesi fa. Qui sono tutti sunniti come i diecimila siriani che ormai vivono in mezzo a loro. Wafiq Qhalaf, delegato del comune, coordina la distribuzione di carne per la festa di Id al Adha e l'assegnazione delle case: quelle offerte gratis (ristrutturate con donazioni dall'Arabia Saudita e dal Qatar) sono finite e contro di lui protesta chi deve pagare cento dollari al mese per una stanza.
Tra questi cubi male intonacati vengono a riposarsi o a curare le ferite anche gli uomini dell'Esercito siriano libero. Non scendono mai verso l'altopiano, seicento metri più sotto, tornanti a picco sulle rocce, dove le bandiere sventolate dai tetti cambiano colore come l'accoglienza riservata dagli abitanti. Verso ovest la valle della Bekaa è ben controllata da Hezbollah, il movimento sciita libanese che sostiene il clan degli Assad e fa da avanguardia dell'Iran.
Hassan Nasrallah ripete di non voler intervenire nel conflitto siriano («Bashar ce la fa da solo», proclama il leader). Ed è rimasto in silenzio anche quando ai primi di ottobre il convoglio di Ali Hussein Nassif, uno dei suoi comandanti più importanti, nome di battaglia Abu Abbas, è saltato su una carica esplosiva dalle parti di Homs. I comunicati ufficiali del gruppo hanno dichiarato solo che Abu Abbas è morto «compiendo i doveri della jihad». Per lui «funerali di Stato» ma nessun riferimento alle operazioni in Siria.
Le testimonianze dei profughi raccontano invece di una presenza sempre più massiccia, cresciuta negli ultimi due mesi. Farouk Amman, 52 anni, impiegato pubblico, scappato da Zahraa: «Ho visto gli uomini di Hezbollah muoversi sui loro pick-up, con le mitragliatrici pesanti Dochka montate sopra». Abu Anwar, 42 anni, contadino di Nazariyah: «A cinquecento metri dal nostro villaggio ci sono le case di Al Safsafah dove vivono gli sciiti. Gli Hezbollah li proteggono e stanno costruendo una barriera per separarli dai noi sunniti». Khaled ha lasciato quattro giorni fa Jusiyah, un chilometro dopo la frontiera: «Sulle moschee dipingono slogan per celebrare Nasrallah e Assad. Imbracciano gli M16, fucili mitragliatori prodotti dagli americani che le truppe regolari non possiedono».
Khaled è in contatto con l'Esercito siriano libero e ha saputo che il movimento filo iraniano avrebbe dispiegato almeno tremila uomini nell'area di Qusayr in Siria. Dal distretto di Hermel (Libano) bersaglierebbero con i katyusha i ribelli che restano schiacciati tra le bombe e i soldati del regime in avanzata da Homs. I comandanti di Hezbollah sembrano voler creare una zona di sicurezza per i villaggi sciiti dentro la Siria e realizzare una fascia cuscinetto lungo il confine fino alle città sulla costa, dove abitano in maggioranza gli alauiti, la setta a cui appartengono anche gli Assad.
I negozi di Al Ein affiancano i poster di Nasrallah alle foto trionfalistiche di Hugo Chávez, che sorride appeso vicino agli Assad (padre e figlio) tutti e due in posa militare con i Ray Ban da aviatore. È nel cimitero di questo paesino che — assicura Firas — sono stati seppelliti poco tempo fa almeno otto combattenti sciiti morti in Siria. Da sette mesi, da quando ha lasciato Nazariyah, vive con la famiglia in una capanna tappezzata dai sacchi di plastica nella terra di nessuno tra il posto di confine libanese e quello siriano. I militari di Assad hanno sprangato il cancello arrugginito, nessuno può passare. «Eppure — racconta Firas — noi vediamo andare avanti e indietro le Renault Rapid bianche che Hezbollah usa come ambulanze, vengono a prendere i guerriglieri feriti in Siria. Il traffico è aumentato».
Dacia Maraini - " Quell'appello per salvare la Siria "

Dacia Maraini
Dacia Maraini invita a firmare un appello per salvaguardare il patrimonio artistico e culturale della Siria. Niente da eccepire. Peccato che non abbia fatto altrettanto con altri patrimoni artistici a rischio. Silenzio per i Buddha di Bayman distrutti in Afghanistan dai talebani, per esempio.
In ogni caso è demagogico e scorretto associare le elezioni americane e il loro risultato alla situazione in Siria. Secondo Maraini è possibile fare l'equazione Romney=guerra sicura, Obama=pace.
Ecco il pezzo:
Mentre ci impelaghiamo in liti meschine per il governo di un Paese anarcoide e corrotto, perdiamo di vista il mondo. Per esempio siamo ciechi di fronte a quello che sta succedendo in Siria. «La città di Aleppo è in una situazione disastrosa», dice Elisabetta Valgiusti, attenta osservatrice e studiosa dei Paesi orientali in cui convivono popoli cristiani e musulmani, «la gente è senza lavoro da mesi e i prezzi si sono moltiplicati. È guerra ma senza alcun regolamento di guerra, ci si ammazza a sangue freddo, c'è gente che viene sgozzata e fucilata come se la persona umana non contasse più nulla. Bande criminali approfittano della situazione e ogni giorno si assiste impotenti a stupri e rapimenti. La gente ha paura e scappa dalla città. Altri hanno preferito lasciare le case e rifugiarsi nelle scuole».
Cosa fare? I pessimisti già vedono una vittoria di Romney in America e una conseguente immediata guerra alla Siria e probabilmente anche all'Iran. Una catastrofe che certamente non migliorerebbe le cose. Le democrazie non nascono dalle guerre ma da conquiste sociali e culturali. Altri ritengono che, nonostante l'enorme superiorità mediatica (economica) di Romney, Barack Obama avrà la meglio e la guerra in Medio Oriente sarà risparmiata. Chi ama la pace, lo spera. La cosa terribile è che popoli di diversa religione, che hanno sempre convissuto pacificamente, stanno confrontandosi arcigni, preparandosi a guerre fratricide che sono le più dolorose e terribili. Le religioni, che dovrebbero diffondere la pace, quando diventano fanatiche e intolleranti, perdono ogni rapporto col sentimento comune e tendono a sfasciare il mondo pur di affermarsi. L'associazione «Salviamo i monasteri» ha messo in rete www.savethemonasteries.org un appello per cercare di fermare questo obbrobrio. La guerra danneggia non solo le persone, le case, le città, ma anche e in modo definitivo le ricchezze artistiche di un Paese. «Il patrimonio culturale costituisce per molti dei Paesi mediorientali e nordafricani una importante risorsa economica», è scritto nell'appello che conta tra i primi firmatari Massimo Cacciari e il vescovo di Gerusalemme, William Shomali.
«Unendoci alla grande sofferenza del popolo siriano e confidando nell'urgente pacificazione della Siria, chiediamo che sia immediatamente ristabilita la tutela del patrimonio culturale del Paese che sta subendo danni ingentissimi. L'unicità storico-culturale di Aleppo è rappresentata dal suo inestimabile patrimonio culturale ed è magnificamente testimoniata da una consolidata tradizione di pacifica convivenza fra gruppi di diversa appartenenza religiosa. La perdita di tale unicità e di tale capacità di convivenza significherebbe una sconfitta della civiltà del XXI secolo a cui non vogliamo assistere e a cui ci opponiamo. Gli antichi centri storici di Aleppo e di Damasco, Bosra, Palmira, Hisn al Akrad e Qal'at Salah El-Din, e un gruppo di arcaici villaggi della Siria settentrionale, sono riconosciuti patrimonio dell'Umanità dall'Unesco. Difendere il patrimonio culturale della Siria significa difendere la civiltà del XXI secolo». Chi è d'accordo, firmi per favore.
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