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Il Primo MInistro ANP Salam Fayyad è in buona compagnia, a proposito di Gesù palestinese. Se si ha la pazienza di ascoltare le omelie dei nostri bravi sacerdoti (non necessariamente anziani e pre-Vaticano II), spesso si sentono espressioni come "Palestina", con riferimento alla Terra di Israele all'epoca di Cristo, strafalcione storico, visto che il nome le fu assegnato dai Romani dopo il 135 d.C. (o e.v., che dir si voglia); e via con Maria, "ragazza palestinese", o Gesù, "bambino palestinese", per stracciare la loro identità ebraica, evidentissima nel contesto dei Vangeli. Che dire poi di quelli che, quando si riferiscono a D-o Padre in ambito ebraico, gli attribuiscono il titolo di... Yaveh, nome misterioso -che fa molto Scientology (o Scemology) e magari richiama certi "testimoni" fanatici, ma spilla/soldi; figure, va da sé, negative-, comunque inventato di sana pianta, che nessun ebreo ha mai pronunciato! Il tutto è pour cause: serve a negare che la paternità di D-o è un concetto ebraico che Gesù ribadisce con forza, proprio in quanto ebreo. Purtroppo, infine, le maglie del Nostra Aetate sono molto larghe e la dottrina della "sostituzione", a rigore e in teoria, cacciata dalla porta, rientra spesso trionfante dalla finestra. Che ne pensa Giovanni Quer? Mara Marantonio |
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