Da qualche tempo leggiamo sui nostri quotidiani la surreale notizia che in Siria starebbe per nascere una tregua. Ovviamente la notizia è una bufala - o un wishful thinking - come commenta oggi sul CORRIERE della SERA Lorenzo Cremonesi a pag. 58, in un pezzo dal titolo "Nel grande caos della Siria la tregua è solo un'illusione". Chi invece ci crede è Udg, che sull'UNITA' di oggi, per darsi una riverniciata di pacifista, intervista Mairead Maguire, oggi scomparsa dalle cronache, dopo aver goduto qualche notorietà quando le venne attribuito il premio dalla reputazione peggiore, il Nobel per la Pace, assegnato spesso a chi non lo merita. Udg l'ha sentita diverse volte, è una sua beniamina, soprattutto quando era specializzata nel partecipare su qualche Flotilla e, in genere, manifestare contro Israele http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=13&sez=110&id=34649 Che gli confida la Maguire ? Che in Siria c'è bisogno di non violenza, ma guarda, , e brava la Maguire, veramente una bella pensata. Non infliggiamo gli altri suoi ragionamenti ai nostri lettori, non riprendendo il pezzo di Udg.
Ecco invece il commento di Cremonesi:


Lorenzo Cremonesi
La guerra civile siriana ha ormai da tempo superato il punto di non ritorno. Non c'è più spazio per il compromesso e il bagno di sangue è destinato a durare, se non a ingigantirsi. Lo riconferma il fallimento del primo giorno di tregua ieri dei quattro faticosamente negoziati dall'inviato delle Nazioni Unite, il 78enne Lakhdar Brahimi.
Doveva iniziare venerdì mattina alle sei, in concomitanza di Id Al Adha, la festa musulmana del «Sacrificio», e terminare lunedì. Con la speranza che il cessate il fuoco, se avesse funzionato, potesse consolidarsi. Ma nulla di tutto questo sta avvenendo. Al contrario. «Nessuno ci credeva davvero. La guerra terminerà solo con l'eliminazione dell'avversario. Troppi massacri, troppe sofferenze, siamo andati ormai troppo lontano. Gli attacchi dei soldati lealisti non si sono mai fermati e noi rispondiamo per le rime», ci dicevano ieri sera per telefono gli attivisti della rivolta tra gli sfollati dalle città di Eriha e Idlib. In realtà, nelle ultime 24 ore il tasso di violenza appare un poco diminuito. Se la media quotidiana dei morti si aggira dall'inizio dell'estate su quota 100, ieri il loro numero variava a seconda delle fonti da 20 a 47. I comandi militari dell'esercito lealista hanno inoltre quasi annullato le missioni dei caccia. Ma gli scontri non sono mancati. Un'auto bomba a Damasco ha causato almeno cinque morti e 32 feriti, tra loro diversi bambini.
Un'altra a Daraa ha ucciso tre soldati. I combattimenti proseguono ad Aleppo, Homs e in diversi villaggi a ridosso della frontiera turca. Tre i maggiori ostacoli al piano di Brahimi. In primo luogo le profonde divisioni interne al variegato fronte dei movimenti rivoluzionari, che mancano di un comando unificato. Qaedisti, estremisti islamici, alcuni anche volontari stranieri, combattono a fianco delle brigate locali spesso molto più laiche. Contro di loro il pugno di ferro del regime, che continua a delegittimare i nemici come «pericolosi terroristi stranieri». Infine, le interferenze dei Paesi limitrofi, coinvolti nel braccio di ferro montante nell'Islam tra sciiti e sunniti.
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