Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 25/10/2012, a pag. 45, l'articolo di Padre Pierbattista Pizzaballa dal titolo "Il rispetto di ogni culto. Per Oriente e Occidente lezione di convivenza più che mai attuale".

Padre Pizzaballa
Padre Pizzaballa scrive di tolleranza religiosa. Finché si parla del 313 d.C., anno dell'editto di Milano, nulla da eccepire.
Pizzaballa mostra il segno della sua azione di custode di Terrasanta quando scrive dei giorni nostri. Si tiene sul vago, non descrive la situazione dei cristiani nei Paesi islamici e nelle città amministrate dall'Anp. Perché? La tolleranza verso i cristiani non è importante?
Non una sillaba sull'emorragia di cristiani da Betlemme, dove anni fa erano la maggioranza e oggi sono ridotti a minoranza.
C'è spazio per i cristiani nei Paesi islamici ?
Pizzaballa, poi, non usa mai la parola Israele, come se non esistesse. Solo il termine vago e delegittimante 'Terrasanta'. Per altro, in Israele, i cristiani non sono perseguitati e godono di tutti i diritti, proprio come tutte le altre minoranze religiose. E invece di diminuire aumentano. Forse Pizzaballa, che sta a Gerusalemme senza correre rischi per la propria vita (contrariamente ai cristiani che vivono a pochi Km, a Betlemme), avrebbe potuto scrivere al riguardo. O almeno degnarsi di scrivere il nome dello Stato nel quale abita.
Ecco il pezzo:
L'Editto di Milano, emanato nel 313, concedeva a tutti, entro i confini dell'Impero, e in particolare ai cristiani, piena libertà di religione e di culto, senza preferenze statali per alcuna particolare religione. Abolì la croce come strumento di morte ed equiparò l'uccisione di uno schiavo a un assassinio e l'uccisione di un bambino, eseguita in nome dell'autorità paterna, al parricidio. Soppresse la facoltà, data al magistrato, di destinare i colpevoli di gravi delitti alle lotte dei gladiatori...
Quasi millesettecento anni sono trascorsi e l'Editto di Milano oggi è più che mai attuale. Ancora oggi, infatti, in molte parti del mondo, in particolare in Medio Oriente, si tende a identificare l'appartenenza religiosa con le identità nazionali o con gruppi sociali particolari. Non di rado, proprio per questa ragione, tensioni sociali e nazionali in Oriente sono spesso interpretate come tensioni religiose. È purtroppo la cronaca di questi nostri giorni, che ci riporta alla storia di difficile convivenza tra identità e religioni diverse, soprattutto in Medio Oriente.
In queste terre la storia delle comunità religiose, infatti, è segnata da battaglie, vinte e perse, da conciliazioni e trattati, rispettati e disattesi. A periodi apparentemente tranquilli durante i quali s'intravedevano improbabili spiragli di luce, si sono succeduti momenti di tensione e di persecuzione. Oggi non è più tempo per guerre o battaglie a difesa d'identità, religiose o sociali esse siano. È necessario, invece, imparare ed educare a confrontarsi serenamente, senza paura e allo stesso tempo senza negarsi. In Oriente come in Occidente.
Il confronto, se pur difficile, è assolutamente indispensabile per vivere soprattutto in Terra Santa, che non è terra solo di tensioni e conflitti, ma è anche culla della nostra cultura occidentale e in gran parte anche di quella orientale. Mentre gli odi e il rancore sembrano a volte prevalere, la Terra Santa rimane comunque luogo, difficile e affascinante, in cui le tre religioni monoteiste nonostante tutto si sforzano di coesistere. Qui non c'è solo tensione, ma anche coesistenza.
Le vicende in atto in questi ultimi due anni in Medio Oriente hanno fatto crescere la speranza di positivi cambiamenti nelle società mediorientali, ma hanno anche accentuato le paure che ogni novità porta con sé. Quasi tutti i principali Paesi arabi si trovano al centro di un profondo e a volte tragico cambiamento, imprevisto e dalle prospettive ancora non chiare. La tragedia alla quale assistiamo in Siria, infatti, non consente di farci illusioni. I cambiamenti non sono sempre facili e lineari. Inizialmente la Primavera araba ha suscitato tanto entusiasmo: finalmente il popolo, e i giovani in particolare, sono diventati protagonisti della vita dei loro Paesi e ne hanno fatto la storia. A tale breve momento di euforia, però, è seguito il periodo attuale, meno glorioso ed esaltante, ma non meno decisivo: la ricostruzione. Questi Paesi devono ridefinirsi, nelle loro dinamiche sociali e religiose interne. È un passaggio difficile, ma anche un'occasione importante da non perdere.
Anche per l'Italia e l'Europa è in atto un cambiamento epocale. La società è sempre più pluriculturale e plurireligiosa. L'arrivo di milioni di nuovi cittadini di culture e religioni diverse, pone alle nostre vecchie comunità nuove sfide. L'Editto di Milano, 1.700 anni fa, seppe interpretare i cambiamenti in atto, e fissò i criteri per un nuovo modello di convivenza sociale e religiosa. Oggi ci troviamo di fronte ad una sfida simile, in Oriente come in Occidente. Per l'Oriente, dove identità e religioni spesso ancora coincidono, la sfida è appunto la coesistenza serena e pacifica tra identità e religioni diverse. È necessario che le appartenenze religiose non prevalgano sul diritto alla piena cittadinanza di ciascuno. Per l'Occidente, forse, la sfida consiste maggiormente nel definire serenamente i criteri e i modelli d'integrazione con le nuove culture e religioni che da ormai più di una generazione si sono inserite nel tessuto del nostro territorio.
La città di Milano, in questi ultimi anni, ha avuto un ruolo importante per la comprensione di tali cambiamenti. Al di là di tante discussioni, anche per le iniziative dei pastori che si sono succeduti, Milano è una città che con concretezza e serenità può guidare ad accogliere e interpretare i mutamenti in atto. Le celebrazioni per l'anniversario di questo importante Editto, dunque, siano anche occasione per le nostre comunità di rinnovare l'impegno all'ascolto reciproco.
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