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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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La delusione avanza a Tunisi 23/10/2012

La delusione avanza a Tunisi
di Zvi Mazel

( Traduzione di Yehudit Weisz)


Zvi Mazel, Tunisia

A Tunisi, l’Assemblea Nazionale Costituente, per prima cosa dovrà comunicare, il 23 ottobre, la bozza della nuova Costituzione redatta dalle diverse commissioni, poi dovrà votarne l’adozione e quindi sottoporla a referendum popolare. Siamo tuttavia ben lontani dall’euforia che dovrebbe segnare questo momento. I tunisini che riponevano tutte le loro speranze in una costituzione liberale e democratica, hanno perso ogni illusione. Forze laiche e forze islamiche continuano a lacerarsi tra loro sul futuro della Tunisia dopo la rivoluzione. Al centro del dibattito gli articoli che riguardano i valori essenziali della democrazia, quali l’uguaglianza dei diritti della donna, la libertà d’espressione, la libertà di culto e la non discriminazione. Human Right Watch, cane da guardia per i diritti umani, si è rivolto ai membri dell’Assemblea, richiedendo loro di rivedere gli articoli che si riferiscono a questi diritti. La Tunisia, per lungo tempo avamposto della laicità nel mondo arabo, deve ora fare i conti con un potere islamico che tenta di riportarla ai tempi del Profeta.

Ai dibattiti in seno all’Assemblea Costituente, rispondono scontri sul campo. Forti della vittoria degli islamisti del Partito Ennahda alle elezioni dell’ottobre del 2011, i salafiti cercano di imporre la Shari'a con intimidazioni e violente manifestazioni: ne consegue che il film "Persepolis" non è stato distribuito,  il film della tunisina Nadia el Fani “Né Dio né padrone” ha scatenato sommosse,  esposizioni d’arte, giudicate offensive per l’Islam, sono state saccheggiate. Il regime di Ben Ali aveva vietato di portare il velo all’università; ma  questo divieto crolla sotto i violenti attacchi delle manifestazioni estremiste. Il movimento salafita organizza dimostrazioni di forza attraverso tutto il paese, affinchè la Shari'avenga incorporata nella Costituzione. Lo scorso marzo, due tunisini sono stati condannati a sette anni e mezzo di carcere, senza condizionale, “per aver pubblicato su Internet documenti dileggianti l’Islam”. Certo, ci sono delle contromanifestazioni di donne e di militanti per la laicità, ma i salafiti non allentano la pressione. Si ha la netta impressione che il partito al potere, che condivide la loro ideologia islamica, non cerchi minimamente di frenarli, anzi, tenda a chiudere un occhio: infatti vanno avanti con il loro programma.  Ennahda non esita a metter le mani in pasta, ma lo fa con discrezione. Così l’”Associazione popolare per la difesa della rivoluzione” ha organizzato una grande marcia a Tetouan versogli uffici dell’Associazione agricola della regione; il suo direttore Lofti Naked, che coordinava anche le attività del “Movimento per la Tunisia” è stato attaccato selvaggiamente, ed è morto in seguito alle ferite riportate. L’”Associazione popolare per la difesa della rivoluzione ” riunisce in realtà gruppi islamici che sostengono Ennahda, mentre il “Movimento per la Tunisia” è un partito liberale laico fondato l’anno scorso da Béji Caid Essebsisi, già Primo Ministro dopo la caduta di Ben Ali. Il movimento gode di una vasta popolarità e si prevede che avrà un vasto consenso alle prossime elezioni, che si terranno nel giugno del 2013. Un successo che preoccupa Ennahda. Gli islamisti accusano il “Movimento per la Tunisia” di voler ritornare al vecchio regime. Molto imbarazzato per la morte di Lofti Naked, il Ministro degli Interni, membro dell’Ennahda, aveva voluto far credere che la sua morte fosse dovuta a una crisi cardiaca, sollevando così una tale protesta che il Presidente Marzouki, che non è membro di Ennahda, ha dovuto pubblicamente riconoscere che l’uomo era stato ucciso durante la manifestazione.

Preoccupante è la posizione del Presidente di Ennahda, Rashed Ghannouchi. Allontanato da Ben Ali, aveva dichiarato al ritorno dal lungo esilio di non cercare il potere e che non si sarebbe candidato alle elezioni. Il partito da lui fondato ha comunque riportato il 41% dei seggi  formando una coalizione con due piccoli partiti di sinistra per poter governare. Il Primo Ministro e quasi tutti gli altri provengono dal suo partito, ed è lo stesso Ghannouchi  che impone la linea politica. Consapevole della pressione dei partiti liberali ee filo-occidentali, Ghannouchi ha proclamato che il partito non chiederà l’applicazione della Shari'a e che si “accontenterà” di lasciare intatto il primo articolo della vecchia Costituzione risalente al 1959. In effetti, il primo articolo del programma presentato lo scorso agosto, sancisce che la Tunisia è una nazione indipendente, sovrana, che l’Islam è la religione del paese, che l’arabo è la sua lingua e che il regime è repubblicano. Linguaggio scelto nel 1959 per ottenere consenso. Ma anche se non l'ha ricordato, il semplice fatto di affermare l’identità islamico-araba del paese apre la porta all’introduzione della Shari'a. Già alcuni degli articoli proposti sono discutibili: per esempio l’articolo 17, che stabilisce  le convenzioni internazionali di cui il paese  è firmatario, non verrà rispettato se non saranno adeguate alla nuova costituzione.  Ecco, ancora una volta, sono messi in discussione i diritti umani e gli impegni assunti dalla Tunisia. L’articolo 3 garantisce la libertà di religione e la libertà di culto, ma vede un crimine in qualsiasi oltraggio al “sacro”, senza precisare che cosa sia“sacro”. Ciò consentirà ai dirigenti islamici del paese di trascinare in giudizio le persone sospettate di aver insultato il Profeta o Allah con l’accusa di “blasfemia”, accusa che potrebbe essere anche rivolta contro gli avversari, ai musulmani che si volessero convertire a un’altra religione o a quelli che sostengono la laicità, o ai fedeli di altri culti, e giustificare così la loro incarcerazione. Questo stesso articolo criminalizza qualsiasi forma di normalizzazione nei rapporti con il sionismo e con lo Stato sionista, rendendo la Tunisia il primo paese al mondo che ha, nella sua costituzione, il divieto di avere contatti con Israele: è da sottolineare che non si tratta di una legge che potrebbe essere modificata, ma che è parte integrante della stessa costituzione.  Infine, nell’articolo 28, a proposito dei diritti delle donne, non si parla di uguaglianza, ma di “complementarietà” in seno alla famiglia.

Sono anche da segnalare le prese di posizione di Ghannouchi riguardo ai salafiti: “Se demonizziamo i salafiti, in 10-15 anni essi saranno al potere”, così ha dichiarato al giornale Le Monde, aggiungendo che sarebbe meglio incoraggiarli a conoscere meglio la democrazia!

Resta da sapere se la bozza della costituzione sarà resa pubblica effettivamente questa settimana. Sono in corso delle trattative; il riferimento alla blasfemia verrebbe cancellato per calmare l’opinione pubblica.  In ogni caso, se il voto all’Assemblea pare in teoria certo, non è così per il referendum. Mentre le forze laiche e islamiste si scontrano, il governo non ha ancora preso le misure necessarie per raddrizzare l’economia, duramente colpita dalla rivoluzione. I giovani ne sono le prime vittime, con un tasso di disoccupazione del 25 %, che li spinge a ingrossare le fila dei clandestini che vengono a bussare alle porte d’Europa.

E’ dalla Tunisia che partì la prima scintilla che infiammò il Medio Oriente, guidata da giovani innamorati della libertà, che sognavano  un destino migliore. Purtroppo, in Tunisia come in Egitto o in Libia, siamo lontani da tutto quello: è la delusione che avanza.

Zvi Mazel è stato ambasciatore in Egitto, Romania e Svezia. Fa parte del Jerusalem Center fo Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta


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